Non solo in Calabria e Sicilia il personale pubblico è in esubero rispetto al Nord, (tranne che sul posto effettivo di lavoro), e i forestali calabresi costituiscono da sempre un argomento di pubblico divertimento, ma è il costo complessivo di politici, funzionari, impiegati meridionali a superare di gran lunga la spesa occorrente per svolgere le medesime funzioni al Nord. Così, per esempio, è stato calcolato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che un eletto in Calabria e in Sicilia è 10 volte più caro di un trentino, 8 di un veneto e 6 di un toscano.
Così è da sempre e nessuno vi pone rimedio per ricondurre i due capi della penisola al medesimo criterio di equità. La doppia morale, di cui talvolta parlano i giornali settentrionali, riguarda soprattutto il modo di amministrare i comuni al Nord e al Sud. Così mentre il Veneto nei primi decenni dell’unità erogava per spese facoltative 5,3 milioni di lire, la Sicilia con la stessa popolazione ne spendeva 10,6,esattamente il doppio. Un secolo e mezzo dopo la logica delle spese e degli sprechi è rimasta la stessa.
Prevale al Nord una concezione liberale che si scontra con l’assistenzialismo e il paternalismo statale del Mezzogiorno. Di conseguenza da sempre il Sud produce di meno e consuma di più. Già un secolo fa c’era in Italia una sperequazione tariffaria tra il Nord e il Sud. Era il tempo in cui le ferrovie dello stato avevano anche la quarta classe per dare modo ai meno abbienti, agli operai, ai contadini di viaggiare. Ma al contadino meridionale si concedeva di fare 94 chilometri con sole 3,20 lire, mentre il lavoratore del Nord, non più ricco, era costretto a pagare 5,30 lire per la stessa distanza. La facezia meridionale, ripetuta fino ai giorni nostri, del Nord sfruttatore del Sud andrebbe in realtà rovesciata.
Ci sono al Sud aspetti di parassitismo continuato e di ingiustizia sociale e nessuna voglia di cambiare sistema. E’ risaputo che nel Meridione si evade di più ma i controlli si fanno più volentieri al Nord per un sospetto che gli organi di polizia tributaria e la stessa agenzia delle entrate hanno un evidente interesse “etnico” a rappresentare tutta l’Italia come eguale a se stessa: il Sud come il Nord. Le prime insofferenze contro il Sud parassita e malavitoso si ebbero non a caso proprio nella Milano socialista di Filippo Turati. Se non si correva ai ripari il corpo malato del Sud avrebbe contagiato anche la parte sana. Si pensava, senza tema di smentita, che il il Mezzogiorno pagasse meno imposte di quello che doveva e che vivesse quasi da pigro e misero accattone, abituato alle elemosine di stato, parassitariamente, alle spalle delle regioni settentrionali. Il dato che abbiamo citato all’inizio sul costo dei politici meridionali rispetto a quelli del Centro-Nord conferma che nulla è cambiato se non in peggio.
Divenne subito palese il desiderio di secessione e fu in quella circostanza che il Sud, che aveva sempre lamentato l’invadenza “piemontese”, divenne il più appassionato paladino dell’unità e del tricolore simbolo di amor di patria. Prima ancora che la Lega rivendicasse i diritti e gli interessi del Nord, negli anni di fine Ottocento si riscopriva il ruolo di Milano, capitale morale, in contrapposizione con l’immoralità e l’inadeguatezza di Roma. Milano era l’avvenire, prefigurato dallo “Stato di Milano”, immaginato da Filippo Turati si basi federaliste; Roma era il passato remoto, un deposito di detriti e di stanchezza. Le due città esprimevano due stili antitetici, rappresentativa l’una del Nord europeo e l’altra del Sud levantino,e nello stesso scontro dei caratteri c’erano le premesse del fallimento unitario.
A Roma si affollavano i vecchi servi del papato, i lecchini della dinastia sabauda, gli avventurieri e i parassiti d’ogni risma.
A Milano accorrevano gli elementi più vitali dalle province, ribelli ai vecchi dispotismi e ansiosi di trovare un centro di azione indipendente dal corrotto potere centrale e inaugurare una politica di distacco dal Sud.
Roma era la capitale che l’Italia si meritava. Ma non tutti furono d’accordo su quella scelta. Il poeta fiorentino Giovan Battista Nicolini scrisse questi versi che non hanno perduto di attualità e di significato:
“Alma città latina
fatta tu sei latrina
e nella tua cloaca
tutta l’Europa caca”.
Il nord produttivo dovrebbe uniformarsi all’andazzo del sud accattone.
Non il contrario.
In 6 mesi l’italia come la conosciamo oggi fallisce, e i politici in fuga da randelli e mazze chiodate.
IL nord deve smettere di esser onesto, lavoratore, corretto, pagatore.
Dovrebbe impegnarsi di più per raggiungere rapidamente gli standard e i dati del meridione.
Accelerare il processo di disintegrazione di uno stato malato potrebbe anche essere conveniente. E’ come il dente che duole , prima lo si toglie meglio è !
Purtroppo la mentalità di “onesto , lavoratore , e corretto pagatore” è talmente radicata nel settentrionale medio da impedire che succeda.
.. Dimenticate un aspetto importante che ostacola l’uniformazione del Nord ai mores assolati:
CHE LO STATO ITAGLIANO E’ BEN PIU’ FEROCE COL NORD CHE COL SUD
come del resto si accenna in un passaggio dell’articolo.
Sarebbe più conveniente invece agitarci per raggiungere l’indipendenza, per quanto difficile questo sia. Ma non credo lo sia più che sfidare lo stato aguzzino semplicemente per vivere a la vesuviana.
… Altro che copiare i mores terroni…