Quando la prossima crisi eromperà, quella precedente nel 2008 al confronto sarà ricordata come lo scoppio di un petardo. Negli ultimi vent’anni si sono verificate crisi a ondate. Quella asiatica (1997), quella russa (1998), quella argentina (1999-2002), quella tecnologica (2000-2002); quella dei mutui (2008) e, infine, quella europea (2010). Ora è in arrivo un’onda più forte delle precedenti e c’è solo da capire da quale parte e per quale causa. I principali focolai sismici sono tre.
1- Debito. L’economia globale è in caduta libera perché ha accumulato un debito che è quasi tre volte il prodotto lordo: $200 trilioni a fronte di $74 trilioni. Il debito è andato fuori controllo sia perché è stato destinato a consumo e speculazione e non ad attività produttrici di reddito, sia perché si è cercato di rimediare al debito creandone di più. Ma c’è un problema ancora più grave. Del debito globale, $100 trilioni rappresentano titoli obbligazionari dei governi (bond) contemporaneamente utilizzati come collaterale per le operazioni di prestito e per garantire oltre $550 trilioni di derivati. I derivati sono prestazioni assicurative offerte da banche e hedge fund che dietro pagamento di un prezzo/premio proteggono gli investitori dal rischio di ribasso del valore dei bond. Se lo standing creditizio dei bond si abbassa anche il valore dei derivati diminuisce e gli emittenti per mantenere intatto il valore dei titoli obbligazionari devono immediatamente aumentare il collaterale costituito da un numero maggiore di titoli, allo stesso modo di come lo speculatore di borsa che si finanzia a credito, deve provvedere alla ricopertura della sua posizione con altre azioni non appena il loro valore cala. Il mercato dei derivati è proliferato sia per la crisi dei debiti sovrani sia perché consente l’immediato incasso dei premi. Poiché le banche centrali con il loro colossali acquisti di bond ne hanno ridotto la disponibilità nel mercato, gli assicuratori sono costretti a utilizzare più volte lo stesso collaterale per un numero sempre crescente di contratti. Pertanto, se per un qualsiasi motivo, si verificasse un rialzo dei tassi di interesse e un corrispondente ribasso dei titoli, il valore di tutto il credito obbligazionario non avendo più copertura adeguata, collasserebbe in un batter d’occhio. Bond e derivati hanno elevato al massimo grado, il rischio, la volatilità e la tossicità nei mercati e creato la più grande bolla della storia finanziaria che, pronta a scoppiare in qualsiasi momento non colpirebbe un settore, come titoli tecnologici o mutui, ma tutti i settori e valori indistintamente allo stesso tempo, ossia l’intero sistema. E’, in assoluto, il più pericoloso focolaio di crisi.
2- Dollaro. Fino ad oggi ha rappresentato l’ossigeno dell’economia globale determinando il valore di qualsiasi strumento finanziario nel mondo: azioni, bond, materie prime, preziosi, immobili, oggetti di collezione ecc. Se si vogliono capire le evoluzioni dell’economia bisogna tenere sempre sott’occhio l’US dollar index (USDX), l’indice che misura il suo valore rispetto al paniere delle principali valute. Siccome il 70% del paniere è composto dall’euro (57.8%) e dallo yen (13.6%), sono le variazioni rispetto a queste valute a essere importanti. Il valore del dollaro è pilotato dalla Federal Reserve (Fed) che abbassando o rialzando i tassi di interesse disincentiva o incentiva rispettivamente gli investimenti in questa valuta. Se per sei anni i tassi di interesse sono rimasti tra lo 0% e il 0.25%, come mai dal 2014 il dollar index ha subito una forte impennata? Perché la Fed ha interrotto gli stimoli monetari promettendo di rialzare i tassi, mentre la banca centrale europea e quella giapponese, invece, si sono mosse in direzione opposta varando mostruosi stimoli monetari per svalutare le proprie valute. Pertanto il mercato, grazie alla svalutazione dell’euro e dello yen, ha percepito il dollaro che è intrinsecamente una valuta debole (gli USA sono il paese più indebitato del mondo), come valuta rifugio. Ma il dollaro forte ha provocato più deflazione: infatti i prezzo del petrolio è delle altre materie prime, dal 2014, sono scesi di oltre il 50%. Il valore del dollaro varia sempre inversamente a quello delle materie prime e finché resterà forte i loro prezzi non aumenteranno. Ora, tutti gli occhi sono puntati sulla Federal Reserve. Se aumentasse il tassi d’interesse, il dollaro si rivaluterebbe ancora di più mettendo a rischio l’export americano e, soprattutto, i paesi emergenti ormai sull’orlo del default perché super indebitati in questa valuta. Si verificherebbe per loro una crisi tipo 1997 (crisi asiatica), amplificata dal crollo del mercato dei bond e dei derivati come prefigurato al punto1). Se la Fed, invece, riprendesse le politiche espansive per reagire alla deflazione globale, il dollaro invertirebbe il trend, i prezzi del petrolio e altre materie prime aumenterebbero e l’inflazione ridestandosi, colpirebbe le economie importatrici. Allo stesso tempo, però, emergerebbe l’intrinseca debolezza della valuta americana e, tenuto conto che i paesi asiatici la stanno già sostituendo nelle loro transazioni commerciali, dio solo sa quale scompiglio nascerebbe da una fuga precipitosa di capitali dalla moneta di riserva. Comprensibili quindi le perplessità della Fed sull’aumento dei tassi
3- Borse e altri focolai. Dopo sei anni di crescita ininterrotta le principali borse mondiali sono tutte pericolosamente altalenanti. Il 24 agosto scorso, il Dow Jones perdeva all’apertura, 1,300 punti (da 16.700 a 15.400) ma ne recuperava, 1000 nei giorni successivi. Una perdita in sol giorno che non si verificava da decenni, un segno premonitore. Il primo di settembre perdeva altri 470 punti. In tutte le altre borse stanno verificandosi oscillazioni simili: repentini ribassi e rialzi possono essere il sintomo di un tonfo finale e catastrofico. Con denaro preso a prestito a interessi ridicoli, le principali società quotate, invece di impiegarlo in nuovi investimenti e creare posti di lavoro si sono ricomprate le proprie azioni (buyback) facendo aumentare il rapporto prezzo/utili e illudendo il mercato sulle aspettative della loro crescita. Dopo il mercato dei bond e il dollaro, le borse sono la terza grande bolla che non riflettendo i fondamentali reali sono sempre a rischio di esplosione. Tutte e tre sono la conseguenza delle politiche monetarie delle banche centrali i cui bilanci gonfiati si correlano perfettamente a mercati e a valori assurdamente sopravalutati in un mondo in costante rallentamento. Tutto questo si verifica in un momento in cui grandi gruppi industriali e bancari hanno iniziato a tagliare posti di lavoro. Hewlett packard licenzierà 55.000 persone, HSBC (Londra) 50.000, la Deutsche Bank 23.000 (1/4 del suo staff totale). Quest’ultima ha in bilancio 57 trilioni di derivati. Cha sia una nuova Lehman Brother? L’Europa intanto è un Titanic e anche la Germania sta entrando in crisi. C’è infine una guerra fredda in corso che coinvolge Medio Oriente, Europa dell’est e zone africane. L’atlante politico mondiale assomiglia sempre di più a un 1909 o 1939 mentre quello economico, al 1999 o 2007 ma in peggio. Eppure molti vedono segnali di ripresa dell’economia mondiale. Noi invece vediamo sempre più chiari e forti, segnali di una nuova grande e inevitabile crisi, che – ribadiamolo – quando eromperà, quella precedente nel 2008, al confronto, sarà ricordata come lo scoppio di un petardo.
La diagnosi è chiara, e d’altronde stiamo sperimentando sulla nostra esistenza i bei risultati di politiche monetarie ed economiche demenziali, prima ancora che fallimentari.
Stiamo vivendo una situazione mai vista in precedenza, sulla quale sperimentano senza scrupolo e temerariamente tutti i banchieri centrali , tutti i governi, tutti le organizzazioni finanziarie mondiali.
Da come la vedo io, nessuno sa più dove si è giunti, che cosa si deve e può fare, da dove iniziare a rimediare.
Non c’è possibilità di un’uscita onorevole da questo caos.
Mi associo all’apprezzamento di Pagiusco. Coco ha il dono di rendere (quasi) comprensibile una realtà che vorrei definire “fantascienza finanziaria”, se il termine non mi apparisse riduttivo. Nel 2008 un operatore finanziario svizzero mi disse che senza l’intervento della FED saremmo tornati – dopo Lehmann Brothers – allo scambio: tu mi dai un pollo e io di pago con un chilo di patate…
Immagino che questa sia nuovamente la prospettiva – con un problema: io non ho chili di patate, né polli. Quindi?
Alla festa del movimento libertario di Treviglio 2015 , quando Gerardo Coco ha preso la parola , ho visto la platea ammutolirsi in un silenzio gelido. Non mi sono meravigliato, Coco parla sempre di problemi molto complessi con una schiettezza e lucidità impressionante, e di questo la gente rimane impaurita.
Tuttavia mai come oggi abbiamo bisogno di autori di questo calibro. Gli articoli di Gerardo Coco sono come degli occhiali per un miope : potenti lenti per mettere a fuoco la realta’.
Grazie a Leonardo ed alla redazione del Miglioverde per ospitare i suoi articoli.
Grazie a Gerardo, grazie a voi lettori che state permettendo la pubblicazione del MiglioVerde