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Dietro alle quote latte, la “neolingua” orwelliana dell’ue

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ORWELLdi MATTEO CORSINI

“L’incapacità dell’Italia di assicurare il recupero effettivo di queste multe compromette gli sforzi europei per stabilizzare il mercato dei prodotti lattieri, provocando distorsioni di concorrenza con gli altri produttori, europei e italiani, che hanno rispettato le quote o che hanno pagato le loro multe”. Chi ha pronunciato questa frase? La Commissione europea.

Con queste parole la Commissione ha per l’ennesima volta bastonato l’Italia sulla mancata riscossione delle multe sulle quote latte. Non intendo entrare nel merito della vicenda, bensì fare alcune considerazioni sulla fallacia dell’idea sottostante le quote di produzione, siano esse relative al latte o a qualsivoglia altro prodotto.

Il paradosso che si raggiunge con l’interventismo è quello di considerare distorsioni della concorrenza le infrazioni alla pianificazione centralizzata. In sostanza, mediante l’introduzione di quote di produzione di distorce l’offerta di mercato, quindi la concorrenza, allo scopo di “stabilizzare il mercato”. E se qualcuno produce più di quanto il pianificatore ha stabilito debba produrre, ciò viene considerato distorsione della concorrenza.

Il tutto nasce dall’idea di proteggere il reddito dei produttori esistenti, evitando una discesa dei prezzi che andrebbe a beneficio dei consumatori. La cosa assurda è che un giorno sì e l’altro pure ci viene raccontato che le norme prodotte dall’Unione europea hanno lo scopo di favorire il mercato e la concorrenza a livello continentale.

Il che per alcuni è considerato un merito, mentre da altri partono anatemi contro l’Europa del “neoliberismo”. A mio parere né gli uni, né gli altri, hanno idea di cosa sia il libero mercato. Non è pianificando che si favorisce la concorrenza e il libero mercato, né può dirsi che vi sia libero mercato dove ogni cosa è normata con la scusa di “livellare il campo da gioco” (mantra tipico degli europeisti). Penso che neppure Orwell avrebbe potuto pensare a un uso della neolingua così sfacciato.

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3 COMMENTS

  1. “Le cose sarebbero semplici se oltre ad avere il libero mercato ci fossero dazi…” ????

    “Le cose sarebbero semplici se non ci fosse il libero mercato ma ci fossero i dazi”..

    “Le cose sarebbero semplici se ci fosse il libero mercato e quindi non ci fosse alcun dazio”..

    A uguale A; A diverso da B

    • Il libero mercato deve essere all’interno della Unione europea, cosa che non accade, visti i limiti alla produzione di latte. Non ha senso però aprire il nostro mercato, come avviene, a merci americane e cinesi quando loro hanno dazi su noi.
      Non ha senso permettere la libera circolazione di merci (spesso con made in italy ma prodotte in cina, vietnam, ecc) il cui prezzo minore è dato solo da non rispetto di norme ambientali o sfruttamento del lavoro minorile.
      Non ha senso regolamentare, limitare i prodotti interni, per esempio far distruggere le arance siciliane e poi permettere l’importazione di arance dalla Tunisia.
      Queste sono le assurdità ed ecco perché occorrono i dazi per le merci esterne. Quando saremo indipendenti la minore fiscalità, burocrazia, ecc permetteranno alla Padania di ripartire e tornare ai vertici economici mondiali. Il rischio è che i maggiori consumi finiscano su merci prodotte altrove (Cina, Vietnam, ecc) e non da noi andando ad arricchire il Pil di altri paesi.
      Il libero mercato vuol dire la competizione ad armi pari tra le aziende, le più efficienti (prodotto di migliore qualità a prezzo più basso). Ma l’efficienza non può essere raggiunta con mezzi “sleali”, perché si va contro le leggi di libero mercato. I mezzi sleali sono: l’evasione fiscale (in meridione arriva al 75%), i minori costi per inquinamento (come avviene in Cina), per sfruttamento del lavoro (Cina e cinesi da noi, bambini in Bangla Desh), per aiuti di Stato, ecc
      Quindi il libero mercato impone di adeguare il prezzo delle merci “non competitive” ma divenute tali solo per slealtà con la tassazione, per le merci estere si chiama dazio.
      Intendiamoci ho ben in mente la lezione di David Ricardo sul vino portoghese e la lana inglese e la condivido, non condivido che i prodotti agricoli e non della Pianura Padana, la più fertile in europa dopo quella Ucraina, siano danneggiati “artificialmente” (norme europee e concorrenza “sleale”).

  2. La faccenda delle quote latte è un altra “perla” della Unione europea, insieme alle dimensioni delle banane, l’immigrazione, ecc.
    La cosa sarebbe semplice: in mercato libero tutti gli Stati producono il latte che gli pare, quando scende troppo il prezzo (eccesso di produzione) i produttori marginali chiudono ed il mercato si aggiusta da se. Invece si è inventata una cosa macchiavellica che tra l’altro danneggia ingiustamente la Padania (produttrice di latte) a favore dell’italia (non produttrice ma che in cambio ha avuto libertà sulla produzione di acciaio, quando già i cinesi producevano acciaio, in poche parole si sono fatti fregare dai tedeschi….).
    Le cose sarebbero semplici se oltre ad avere il libero mercato ci fossero dazi su olio tunisino, tessile cinese, arance marocchine che invece possono invadere il mercato europeo.
    Fuori dall’italia e fuori dalla Ue subito

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