Ci risiamo, Cuba annuncia la svolta: “Il governo ha approvato una riforma che apre all’impresa privata la stragrande maggioranza dei settori produttivi”.
L’economia cuba, si sa, è quella classica di un regime feroce comunista, pianificazione pura, dove lo Stato ha un ruolo centrale e dove i cittadini guadagnano una manciata di dollari. Ad oggi, come conseguenza di un’altra piccola riforma voluta da Raul Castro quando ancora il fratello era in vita, secondo il ministro del lavoro Marta Elena Feitó Cabrera, “i lavoratori nel settore privato sono il 13 per cento della popolazione attiva, cioè 600 mila persone”. In realtà, per chi ha visitato l’isola sono fortunatamente molte di più, dato che qualche milione di cubani si guadagna qualche spicciolo grazie al mercato nero.
Comunque sia, qualche giorno fa, il governo di Cuba ha annunciato la più grande riforma economica negli ultimi anni, che consentirà all’impresa privata di entrare in migliaia di settori produttivi che finora erano stati esclusiva del sistema pubblico. Numericamente parlando, la riforma prevede che i settori dell’economia in cui sarà consentita l’attività privata, senza intervento statale, passeranno da 127 a oltre 2mila.
La proposta governativa dovrebbe, il condizionale è sempre d’obbligo, aprire all’impresa privata praticamente tutti i settori dell’economia: degli oltre 2mila settori di attività economica riconosciuti ufficialmente dallo Stato, “soltanto 124 rimarranno parzialmente o del tutto riservati all’economia pubblica”, ha detto la ministra Feitó Cabrera. Non è chiaro quali rimarranno i settori di esclusiva pertinenza dello stato, ma secondo AFP dovrebbero includere i media, la sanità e la difesa, tra le altre cose.
L’economia cubana è in grave crisi da tempo, da quando è crollata l’URSS, ed ora è aggravata dalla pandemia: nel 2020 il PIL è calato dell’11 per cento, ma anche negli anni precedenti era capitato che a causa di difficoltà economiche fosse necessario il razionamento di alimenti e beni di prima necessità. Ora, ai comunisti barbudos non resta che sperare nelle liberalizzazioni.
Come al solito i compañeros conquistano il palazzo accompagnati da frastuono e fanfare della “stampa indipendente”; salvo arrendersi in vergognoso silenzio tra imbarazzati commenti a denti stretti degli ex adulatori.
Niente di nuovo, sempre, in tutti i regimi comunisti diviente tutto di proprietà dello stato ed ai Cittadini rimane solo la miseria uguale per tutti. Quello che è dello stato è poi a disposizione di coloro che sono nello stato, nel senso che rivestono cariche. Capita, sempre, che l’economia privata ritorni affinché coloro che all’interno dello stato si siano arricchiti possano investire e godere alla luce del sole i quattrini accumulati.