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Dipendenti pubblici, coi nuovi contratti aumenterà il pil

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di MATTEO CORSINI

Come è noto, una delle ultime cose fatte dal Governo prima che finisse la legislatura è stato il rinnovo del contratto dei dipendenti della pubblica amministrazione.

E’ altrettanto noto che, ancorché i rappresentanti sindacali di categoria si lamentino della lunga attesa per il rinnovo, chi lavora nella PA gode mediamente di retribuzioni superiori a chi svolge lavori simili nel settore privato. Oltre ad avere mantenuto le tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ad avere oggettivamente molti meno rischi di perdere il posto rispetto a chi lavora nel privato e ad avere una settimana con meno ore lavorative (uno dei motivi per cui le retribuzioni nel pubblico, pur sembrando non superiori o addirittura inferiori a quelle del privato, in realtà non lo sono).

Fatto sta che, a pochi mesi dalle elezioni, non poteva mancare un provvedimento volto (anche) a migliorare il consenso di una parte non irrisoria di elettorato. Di certe affermazioni, però, se ne sarebbe fatto volentieri a meno. Per esempio quella di Angelo Rughetti, sottosegretario alla Funzione pubblica, il quale ha detto: “Nella pubblica amministrazione bisogna passare dalla narrazione sui fannulloni alla motivazione di chi merita e può fare carriera, e il rinnovo dei contratti va letto in questa chiave. Tra aumenti delle retribuzioni e riforma a regime, con i tagli ai costi per le imprese, la velocizzazione dei procedimenti e gli investimenti del Pon governance, le novità possono valere un punto di Pil”.

Nessun dubbio sul fatto che ci siano tanti dipendenti pubblici che fanno bene il loro lavoro. Ciò non toglie che i dati dimostrino quanto, mediamente, il fannullonismo sia più diffuso che nel settore privato (dove, peraltro, le conseguenze non sono a carico di chi paga le tasse), al pari dell’assenteismo e dei giorni annui di malattia. Potrebbe tutto essere casuale, ma è legittimo dubitare che lo sia. Quanto ai presunti effetti benefici sul Pil, il dato certo è l’aumento della spesa pubblica, impropriamente considerata, a prescindere da come i soldi sono spesi, come incremento del Pil. La velocizzazione dei provvedimenti è una eterna promessa. Finora rimasta tale.

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