Il tema è: come si stanno muovendo i mercati dopo le elezioni americane? Innanzi tutto è da rilevare che dopo la vittoria di Donald Trump i mercati hanno riprezzato valute e attività finanziare. Vediamo dunque in che direzione e con quali implicazioni.
Dollaro Forte
Ricordiamo che la valuta statunitense è ancora l’ossigeno dell’economia globale e il tasso di cambio fra il dollaro e le altre valute rappresentato dall’US Dollar Index è ancora il prezzo più importante: la valuta statunitense determina il valore di ogni altro strumento finanziario e le sue variazioni si ripercuotono su ogni altra valuta. Ebbene dopo la vittoria di Trump l’indice è salito come non mai dal 2003 collocando il dollaro ai livelli più alti dei ultimi 14 anni e i motivi sono i seguenti.
Primo, l’ottimismo per le politiche annunciate dal nuovo presidente, in particolare il taglio della corporate tax, l’imposta sui redditi di impresa, dal 35 al 15% che renderebbe gli USA concorrenti di Singapore e Hong Kong.
Secondo, la ripresa dei flussi di capitali verso la moneta di riserva provenienti: dai paesi in condizioni più disastrate come Europa, Giappone, Medio Oriente; dalla Cina a seguito della recente liberalizzazione del mercato valutario che permette ai cinesi di diversificare e investire sopratutto negli Stati Uniti. In India, poi, a causa del caos economico indotto dalla recente misura di demonetizzazione del contante ordinata dal primo ministro Modi, la popolazione sta adottato il dollaro.
Terzo: l’aumento dei tassi di interesse annunciato dalla Federal Reserve che il mercato ha già scontato. Che l’aumento ci sia o meno è irrilevante, i mercati scontano le aspettative che bastano a far muovere i capitali verso dove si pensa vengano rimunerati di più.
Ma, se sull’onda di questo ottimismo, dovesse iniziare il rimpatrio di circa 3 trilioni di dollari detenuti all’estero (che, siamo certi, prima poi avverrà) si avrebbero però gravi conseguenze inflazionistiche all’interno degli Stati Uniti. Sarà allora il declino definitivo della moneta di riserva, ma per questo si deve aspettare ancora un po’, al momento l’economia globale deve fronteggiare un dollaro forte.
E come avevamo anticipato nel 2015, un dollaro forte avrà pesanti conseguenze per i paesi emergenti indebitati in questa valuta e che si trovano a dover rifinanziare prestiti in dollari per 10 trilioni. Il costo del loro debito aumenterà ed è chiaro che anche le banche finanziatrici sono esposte a un rischio enorme. Conseguenza per i paesi emergenti: stretta creditizia e rallentamento della crescita con ramificazioni dappertutto.
Mercati azionari e obbligazionari
Il solo annuncio del nuovo presidente americano del piano di investimenti infrastrutturali, di riduzione della regolamentazione burocratica e di taglio delle tasse ha fatto schizzare in alto i più importanti indici azionari Dow Jones e S&P. Ma, allo stesso tempo, i piani di Trump, basati su aumenti di spesa, deficit e debito a lungo termine, aumentando le aspettative di inflazione, hanno già fatto pressione su rendimenti obbligazionari. Il rendimento sui buoni del Tesoro decennali statunitensi è aumentato dall’1.37 al 2.3% in appena quattro mesi. E per quel che riguarda l’Italia il rendimento dei titoli di pari durata dall’agosto scorso è raddoppiato (l’incertezza sull’esito del referendum costituzionale non c’entra niente, si tratta di un trend, confermato, infatti dall’andamento del Libor, il più importante tasso di riferimento che salendo dallo 0.61 allo 0.91% è ai più alti livelli dal 2009).
Dunque la prima settimana di novembre e a seguito delle aspettative inflazionistiche e dei rialzi dei tassi, nel mercato obbligazionario si è verificato un ribasso del prezzi obbligazionari del 2% che però corrisponde a una perdita di ben 1 trilione di dollari. Parallelamente si è avuto un rialzo delle quotazioni azionarie del 4%. Queste variazioni annunciano un movimento tettonico nel mercato azionario e obbligazionario? Oppure si tratta di un fenomeno passeggero? Cercare di rispondere a questa domanda è cruciale..
La prima cosa da capire dei mercati finanziari è che quando azioni e obbligazioni si muovono in direzione opposta, come nel momento attuale, si è in presenza di un cambiamento di trend. Schematizziamo la catena causale. I corsi azionari tendono ad aumentare quando c’è la percezione di un miglioramento dell’economia. Tuttavia con aspettative inflazionistiche gli investitori richiedono anche un interesse più alto per compensare la futura perdita di potere d’acquisto. La banca centrale anticipa il tutto aumentando i tassi per tenere sotto controllo l’inflazione (nel mandato delle banche centrali è compresa la stabilità monetaria…). Se i prezzi delle obbligazioni in circolazione sono ai massimi storici, in presenza di un trend di tassi al rialzo dovranno per forza scendere per essere competitivi sia con quelli delle nuove emissioni obbligazionarie emesse a prezzi più bassi per via degli interessi più alti sia con gli investimenti azionari. Quindi il prezzo delle obbligazioni dovrebbero essere destinato a diminuire e i tassi a aumentare in tutti i mercati.
Punto di svolta
Siamo dunque arrivati a un punto di svolta del trend del regime di tassi calanti che dura da trent’anni per entrare in quello di tassi al rialzo? Se così fosse sarebbe l’inizio dello scoppio della madre di tutte le bolle, la bolla dei bond e non solo…
Ricordiamo, infatti, che i bond sono l’architrave del sistema monetario e finanziario. Sono il collaterale di tutte le operazioni di prestito. Rappresentano gran parte dell’attivo dei bilanci bancari e… garantiscono il mercato dei derivati. Le banche riscuotono premi vendendo ai loro clienti assicurazioni (i derivati, appunto) a fronte del rischio di aumenti dei tassi di interesse. Fintanto che restano bassi le banche guadagnano. Ma se aumentassero facendo calare il prezzo dei bond, le banche non sarebbero più in grado di assolvere l’obbligo contrattuale di pagamento verso gli assicurati perché completamente insolventi e si scatenerebbe il panico. I bond emessi dalle tesorerie sono considerati risk free… ammontano a 100 trilioni di dollari che garantiscono contratti derivati per oltre 500 trilioni… multipli del Pil mondiale. Siamo in presenza di una crisi dei debiti sovrani e ormai i bond sono gli strumenti più tossici esistenti, la più grande bolla mai creata nella storia. Creata dalle banche centrali. Altro che privi di rischio!
Siamo entrati nell’occhio del ciclone nel 2008 e pian piano forze centrifughe ci stanno spostando verso l’esterno, nella zona di completa devastazione. Fra queste forze centrifughe che genereranno il collasso economico completo sono sicuramente incluse quelle che muovono dollaro e tassi di interesse.
Una buona e stimolante sintesi, prima di andare a riposare.