Nei piani degli indipendentisti, e del Parlament catalano che controllano, la festa nazionale della Diada di domenica prossima e l’enorme manifestazione in programma dovrebbero essere le ultime prima della ‘secessione’, in teoria prevista per l’estate 2017.
Centinaia di migliaia di persone sono attese alla grande dimostrazione di forza dell’indipendentismo, che quest’anno non si svolgerà solo a Barcellona ma simbolicamente anche in altre 4 città catalane. A maggioranza assoluta secessionista, il Parlament ha fissato all’estate prossima il momento della ‘disconnessione’ da Madrid. Disobbedendo alle ingiunzioni della Corte costituzionale spagnola ha messo in cantiere le leggi (fisco, sanità e transizione) che devono portare alla ‘Repubblica’. Questo nella teoria politica. Nella realtà della Spagna da mesi in caos istituzionale per l’incapacità dei suoi partiti di formare un nuovo governo, le cose si presentano molto più complicate. Il premier uscente, il popolare Mariano Rajoy, afferrato alla costituzione adottata durante la transizione fra dittatura franchista e democrazia che non prevede la secessione, ha perentoriamente escluso che una parte del paese possa staccarsi unilateralmente senza che tutti gli spagnoli siano d’accordo. Su questa linea si trovano a Madrid anche i socialisti di Pedro Sanchez e Ciudadanos di Albert Rivera. Solo Podemos di Pablo Iglesias accetta il principio di un referendum sulla autodeterminazione catalana. Madrid ha risposto duramente all’ultima sfida del Parlament, che in luglio ha deciso di mettere in cantiere le tre leggi dell’indipendenza, nonostante il veto della Corte costituzionale spagnola. Il governo Rajoy ha chiesto e ottenuto che la Consulta ‘sospenda’ il pronunciamento, apra la procedura verso la possibile destituzione della presidente del Parlament Carme Forcadell e ‘avverta’ il presidente catalano il secessionista Carles Puigdemont, che rischia la stessa sanzione.
Ma le istituzioni di Barcellona non si sono fermate, in nome della ‘sovranità’ del popolo catalano, e gli indipendentisti minacciano ora di deferire la Spagna davanti alla Corte europea dei diritti umani. Forti anche degli ultimi sondaggi che danno i sostenitori della secessione davanti agli ‘unionisti’ 48% a 43%, e dell’accordo raggiunto da Puigdemont con gli alternativi della Cup, che pone fine alla crisi del suo governo. Il 20 settembre la Consulta di Madrid potrebbe passare all’ azione e sospendere Forcadell per ‘disobbedienza’. Il procuratore generale dello stato Consuelo Madrigal ha avvertito di essere pronta alla “via penale” contro i secessionisti. Con conseguenze però del tutto imprevedibili, e il rischio di innescare un ciclo di altissima tensione e forse di violenza.
I prossimi 10 mesi si annunciano incandescenti fra Barcellona e Madrid. E la questione catalana complica ancora di più la infinita crisi politica della Spagna, l’ex-paese più stabile dell’Ue, senza governo eletto da 9 mesi e incamminato verso le terze elezioni in un anno a Natale. (AnsaMed)