di MATTEO CORSINI
Prima delle elezioni amministrative, Gaetano Manfredi ne aveva fatto una precondizione per accettare la candidatura condivisa da M5S e PD. Sarebbe diventato sindaco di Napoli solo se ci fosse stato un impegno da parte del governo (all’epoca il Conte2, sostenuto proprio da M5S e PD) a intervenire sui disastrati conti pubblici della città.
Adesso pare che siamo arrivati al dunque. Con circa 5 miliardi di squilibrio, il governo (ossia i pagatori di tasse di tutto il Paese) ne metterà 1,2. Più altri 206 milioni a valere su un fondo per i comuni in pre dissesto da 450 milioni stsanziato nell’ultima legge di bilancio (a Napoli va circa la metà…).
Classico l’elenco degli impegni assunti dal comune: lotta all’evasione, aumento delle addizionali Irpef comunali, valorizzazione del patrimonio e tagli nelle società partecipate. Con tanto di verifiche semestrali dei risultati raggiunti, come per il Pnrr.
Pier Paolo Baretta, già sindacalista e sottosegretario all’Economia nei governi Letta, Renzi, Gentiloni, è oggi assessore al bilancio di Napoli. A suo parere:
- “La firma del Patto per Napoli che sblocca i finanziamenti statali di oltre 1,2 miliardi a fondo perduto avvia una nuova fase della vita della città. Il risanamento dei conti del Comune che prevede una corresponsabilità diretta della città è la precondizione per rilanciare lo sviluppo. Ma è anche un nuovo modo di gestire i rapporti tra Stato ed enti locali.”
Napoli aveva già ricevuto un prestito dallo Stato nel 2013 per 1,4 miliardi. Un po’ di sano realismo dovrebbe sconsigliare ai pagatori di tasse di ipotizzare che questa volta le cose andranno meglio.
Parafrasando Dante, si potrebbe dire: “Lasciate ogni speranza, o voi che pagate.”