Riferendosi a uno studio presentato dall’ex presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, a una conferenza alla quale partecipavano entrambi, il presidente della Bce, Mario Draghi, ha affermato (in tono scherzoso, ma non troppo): “Questo studio andrebbe tradotto nelle lingue dei 19 Paesi membri dell’area euro”.
Il perché è facilmente intuibile: secondo quello studio le politiche monetarie non convenzionali non avrebbero avuto effetti collaterali. Una tesi evidentemente cara a ogni banchiere centrale, che negherebbe perfino l’evidenza pur di difendere il proprio operato. Non può che venire alla mente Marty Feldman nei panni di Igor in “Frankenstein Junior” quando, lasciando esterrefatto Gene Wilder, afferma riferendosi alla sua schiena deformata: “Gobba? Quale gobba?”
Spesso i banchieri centrali (e coloro che ne elogiano l’operato senza se e senza ma) accostano i provvedimenti di politica monetaria a medicine somministrate dalle banche centrali ai sistemi economici. Nel caso dei farmaci, però, sono sempre riportati gli effetti collaterali più o meno dannosi per la salute di certi pazienti che l’assunzione (a maggior ragione se in dosi elevate e per un periodo prolungato) dei farmaci stessi possono provocare.
Al contrario, secondo i banchieri centrali le politiche monetarie non produrrebbero alcun effetto collaterale. Non lo sarebbero, quindi, i tassi di interesse negativi e la compressione dei rendimenti e dei premi per il rischio che anni di tassi ufficiali a zero o sotto zero e quantitative easing hanno provocato, generando rigonfiamenti nel valore di parecchi asset finanziari e reali ben più visibili della gobba di Igor.
Parafrasando Igor, Draghi e Bernanke potrebbero dire: “Bolla? Quale bolla”? Il problema è che questo non è un film comico e il finale potrebbe essere tragico.
Bolla, quale bolla?
E’ eccezionale come similitudine.