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E Roberto Speranza è ancora ministro della Salute

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di PIERGIORGIO MOLINARI

Sul maggiore quotidiano italiano si discute con assoluta levità (e senza che tra giornalisti o lettori suoni alcun campanello di allarme) se sia accettabile ammettere nei dibattiti pubblici i “dissidenti”, ovvero se sia tollerabile l’esistenza di persone che professano tesi diverse da quelle imposte.

Nelle altre pagine dei giornali e in televisione, il conflitto ucraino viene discusso con la medesima profondità di analisi con cui si commenta un derby calcistico (per chi tifate voi?), mentre quelli che vogliono apparire più intellettualmente evoluti pongono la questione nei termini etici di una scuola dell’infanzia (chi ha ragione, chi ha torto? Eh, ma ha cominciato lui!), come se le guerre si potessero analizzare col mutevole metro della morale o, per meglio dire, col righello sbeccato di uno scolaretto elementare.

A un livello intermedio si pongono coloro che equiparano uno scontro armato tra entità statuali a una rissa di strada o a un tentativo di stupro – ma non stupisce, perché in genere sono le stesse persone che hanno rappresentato l’imposizione generalizzata di un trattamento medico sperimentale e un lasciapassare interno in termini di “dovere civico”, equiparandoli al rispetto dei semafori e al possesso della patente di guida.

Parallelamente, la Corte Costituzionale ora presieduta dallo stesso personaggio che trent’anni fa impose in una notte di luglio il prelievo forzoso sui conti bancari dei cittadini (lo stato prelevò senza preavviso lo 0,6% di tutte le somme depositate) e poi introdusse l’imposta comunale sugli immobili, l’ICI, non avendo tempo da perdere con questioni marginali quali i diritti costituzionali sospesi da due anni, affronta l’urgentissimo problema dei cognomi, decidendo per una soluzione che finalmente renderà l’Italia più simile a un disperato paese sudamericano anche sotto il profilo anagrafico.

Nel frattempo un governo tecnico – di quelli che una volta servivano a gestire l’ordinaria amministrazione in attesa delle ferie estive – guidato da un mediocre sicario in fusione perfetta tra potere esecutivo e legislativo decide autocraticamente il coinvolgimento nazionale in un conflitto tra soggetti che non appartengono né alla NATO né all’Unione Europea.

Dà manforte un signore canuto che, nella fissità dei suoi occhi glauchi e nella serena lontananza di chi intasca 240.000 euro all’anno (stipendio mensile di 18.300 euro su tredici mensilità), annuncia per tutti gli altri la necessità di fare “sacrifici”, tra i quali vi sono la rinuncia a lussi borghesi quali l’energia elettrica e il cibo.

La già citata Unione Europea, degnamente rappresentata da cotonatissime nobili debosciate e attempate virago con criticabili abitudini igieniche, da un lato chiede agli stati membri di fare a meno del gas russo, dall’altro si scandalizza se i russi minacciano di negare il gas a quegli stessi stati membri ai quali la UE chiede di rinunciare al gas russo.

Intanto, su Twitter, i cosiddetti “liberal” (che stanno alla libertà così come i vari partiti “democratici” stanno alla democrazia), dopo aver sostenuto per anni che la proprietà dei social era privata e quindi il proprietario aveva il diritto di fare quel che voleva, si indignano perché il nuovo proprietario annuncia di voler garantire la libertà di parola a tutti senza censure, sostenendo disinvolti che la libertà di parola rappresenta una minaccia per la democrazia.

Nelle stesse ore, passando davanti ai pannelli di affissioni mortuarie sempre più affollate dai volti sorridenti di ventenni, trentenni e quarantenni in salute stroncati da malori improvvisi, un passeggiatore solitario diretto all’hub vaccinale per la quarta dose si aggiusta la mascretina sul muso e guarda con ostilità un automobilista che, da solo nel proprio veicolo, circola a viso scoperto in aperto dispregio del bene collettivo.

A coronare il tutto, prima di stringere la mano ad Harvey, il coniglio invisibile, e poi allontanarsi spaesato, il presidente della maggiore potenza occidentale definisce lucidamente la propria missione in questi termini: “Gfrinpftnkìmh, oh, no, sorry, I mean ioddiohddbift puf sgrfth… [scoreggia] Well, you know.”

E Roberto Speranza è ancora ministro della Salute.

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