Ci vuole tanta fantasia per sostenere che l’Italia è in ripresa. Solo chi non ha mai avuto un’impresa vera, in qualsiasi settore, può affermarlo con tanta leggerezza, non avendo cognizione di causa su cosa significhi vivere del proprio, sudato lavoro. Eppure, di segnali – aldilà di quelli che il nostro Luigi Cortinovis lancia in continuazione – ce sono. Vediamo:
1- Fare impresa in Italia non è un’operazione conveniente, lo dice uno studio dell’Ocse, che ha comparato per il 2014 i diversi modelli di tassazione delle piccole e medie imprese nei Paesi che ne fanno parte. L’Italia sta peggio solo di Belgio e Francia per quel che concerne il costo del lavoro, ma in quanto a burocrazia e incertezza del diritto non ha rivali. Inoltre, il Grande Fratello fiscale è un’altra minaccia burocratica che indispone gli investitori.
2- Il commercio non se la passa bene. Prendiamo un esempio: Padova, nel ricco Veneto. Più di otto commercianti su dieci hanno dovuto posticipare il pagamento di Irpef, Ires e Irap mentre, secondo le stime di Confesercenti, sono più di 5 mila le piccole imprese del settore commercio, turismo e servizi che non sono in grado di pagare tutte le imposte. Aggiunge Confcommercio: “Il cappio fiscale che si sta stringendo al collo dei commercianti è sempre più teso. Molti fanno fatica a pagare i propri contributi: rispetto a otto anni fa, il numero di chi non ha pagato l’Inps per sé e per i propri familiari è più che quadruplicato e negli ultimi 2 anni è cresciuto del 30 per cento. Una situazione drammatica”.
3- Fare impresa stressa, distrugge la vita in Italia. Circa 4 mila vittime l’anno, con un andamento che negli anni della crisi ha visto un +12% fra le persone in età lavorativa. Spiega Maurizio Pompili, direttore del Centro di prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma: “Gli effetti della crisi in Italia sono stati simili a quella degli anni ’30 in Usa: progressivamente le persone hanno ridotto gli acquisti, faticato a trovare un lavoro a tempo pieno, smettendo di guardare al futuro con ottimismo. In questi anni abbiamo visto anche le morti di imprenditori che non erano più in grado di garantire un futuro alle persone di cui si sentivano responsabili”.
4- Gli aguzzini di Stato, sempre alla ricerca di soldi, rendono la vita impossibile alle piccole medie imprese: Nel corso del 2014 l’Agenzia delle Entrate ha effettuato 177.300 accertamenti nei confronti di soggetti produttivi. Di questi, 160.007 (ovvero il 90,23% del totale) hanno riguardato micro-piccole imprese e partite Iva.
5- Più della metà del reddito prodotto da ciascuno di noi viene prelevato dallo Stato e dagli enti locali per finanziare le proprie attività. Il numero di gabelle è impressionante. Apindustria Vicenza ha effettuato un’indagine sulla pressione fiscale delle piccole e medie imprese, con un numero dipendenti minori di 50, e sono emersi dei dati a dir poco allarmanti. Le tasse cambiano a secondo del settore di appartenenza il valore di tassazione media ponderata dell’utile prima delle imposte non è uniforme qui si riporta il valore percentuale prima delle imposte di macrosettori:
Edile 77%
Chimica 64%
Plastica e gomma 55%
Metalmeccanico 54%
Plastica e Gomma 55%
Tessile 55%
6- Se aprite un Partita Iva, se la vostra ditta ha fatto utili per 12000, (appena 1000 euro al mese) dovrà pagare per il primo anno quanto:
Irpef 2014 il 5% pari a 600 euro
contributi INPS 2014 27,72 spari a 3326,40
Acconto irpef 2015 pari al 100% dell’irpef pagata quindi 600,00
Acconto contributi pari all’80% dei contributi pagati 2661.12
Per un totale di euro 7187,52
Ebbene si, per chi guadagna 1000 euro al mese si ritrova a pagare in un colpo solo nel periodo che va da luglio a novembre ben 7187,52 euro. Demenziale! (VEDI QUI)
7- Pessime infrastrutture. L’Italia investe nelle infrastrutture senza seguire alcuna logica di sistema, senza porsi domande sulle priorità, senza affrontare il nodo del rapporto costi-benefici. Prevale sempre la logica della grande opera, sia essa la linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione, l’aeroporto Milano-Malpensa, il ponte sullo stretto di Messina o l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano (BreBeMi). In questo modo si buttano miliardi e miliardi di euro (Paolo Sellari, docente alla Sapienza ha calcolato che il costo finale della Torino-Lione potrebbe superare i 30 miliardi) senza benefici comparabili. Lasciamo perdere lo stato delle strade e i viadotti che crollano, che all’estero fanno ridere quanto una buona barzelletta.
8- E la certezza del diritto? La classifica internazionale sui tempi processuali contenuta nel rapporto Doing Business che la Banca Mondiale redige per fornire indicazioni alle imprese sui Paesi in cui è più vantaggioso investire, rivela una posizione dell’Italia davvero penalizzante. Si trova al 156° posto su 181 Paesi nel Mondo quanto a efficienza della giustizia. Addirittura viene dopo Angola, Gabon, Guinea, São Tome e prima di Gibuti, Liberia, Sri Lanka, Trinidad.
9- E se lavorate per la Pubblica Amministrazione dovete mettervi la mano nei capelli. Il ritardo nei pagamenti dalla Pubblica Amministrazione è uno dei problemi più grandi per le imprese italiane, che a causa dei debiti della PA si trovano spesso in deficit di liquidità. A stilare la classifica dei peggiori pagatori in Italia è stata la CGIA Mestre: i Comuni sono i primi della lista in questa particolare classifica (a pagare i ritardo più degli altri è Catanzaro con 144 giorni di ritardo), a seguire ci sono le ASL (soprattutto quella del Molise con 126 giorni di ritardo) e il Ministero dell’Economia (82 giorni). Quando va bene!
10- E se si hanno bisogno di cure? Il Servizio Sanitario Nazionale italiano è un disastro, per ottenere una prenotazione per una visita o un intervento delicato bisogna aspettare un anno, il pronto soccorso è un inferno, l’igiene in molti ospedali è un miraggio, la professionalità di certi medici è minima, e così via. Naturalmente queste affermazioni nella maggior parte dei casi corrispondono a luoghi comuni, ma un sondaggio Ue dice che gli italiani soddisfatti per la qualità dei servizi sanitari sono appena il 54%, rispetto all’87% degli inglesi e al 91% dei francesi. Secondo la stessa indagine Ue, solo il 34% degli italiani giudica di buona qualità l’ospedale e il pronto soccorso, il 43% il medico di famiglia, il 32% gli ambulatori e il pronto soccorso.
Ci siamo limitati a stilare un piccolo elenco di ragioni per cui gli investitori con le borse piene di soldi alle frontiere li ha visti solo Renzi, durante una notte in cui ha mangiato pesante. Non a caso, il World economic forum ha bocciato l’Italia: etica, infrastrutture e fisco sono una zavorra, ha affermato. Solo la Grecia, nel lotto delle 30 economie avanzate, fa peggio della Penisola. Del resto, scusate, ma non pensiamo sia un caso che persino il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, abbia dichiarato: “Chi investe in Italia è un eroe”!
Chi vive in Italia e cerca di farlo lavorando seriamente non può non sottoscrivere i punti espressi. C’è un però, che mi permetto di sollevare. Non solo l’Italia è il paese con il più alto numero di opere d’arte e beni ad alto valore turistico, ma abbiamo anche uno dei climi migliori al mondo, cosi come mari e spiagge. Insomma, almeno nel settore turistico, l’Italia rimane uno dei posti migliori al mondo dove investire; detto questo, sottoscrivo ogni punto analizzato e discusso dall’autore.
Eccellente analisi dell’attuale situazione: praticamente l’opposto di quello che dicono giornali e telegiornali.
Ottima – ma ennesima – panoramica. Bene, la situazione è – da almeno 60 anni – uno sconcio: e va costantemente peggiorando. Adesso al disastro economico, fiscale, morale, culturale etc. si aggiunge il suicidio etnico-ambientale finanziato con miliardi (a debito) per mantenere un’orda di parassiti analfabeti che “dobbiamo” salvare: e guai a dire di no! In altri tempi la popolazione avrebbe già preso i forconi e sarebbe andata a Roma a fare giustizia. Evidentemente abbiamo – tutti – perso i necessari “attributi”: e allora non lamentiamoci. Evidentemente ci meritiamo il destino che i “nostri” politici – da Salvini a Vendola – ci riservano.
Si sono, anzi hanno perso gli attributi.
Ma le ragioni base di questa forzata accondiscendenza popolare nei confronti dei misfatti della politica e del potere sono altre.
Opportunismo italico.
Miseria ancora non sufficiente..