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Ecco il 194° segnale della ripresa: fallimenti imprese a +66,3%!

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italia-fallimentodi LUIGI CORTINOVIS

Riuscire ad inventarsi una “ripresa”, aggregando numeri che comprendono sussidiati e, statali e parastatali è una cosa che solo il “post-comunismo renziano” riesce a fare. Perchè chi vive la vita reale, dove l’economia è fatta da chi produce servizi e prodotti veri, è difficile notare il grasso che cola dalla bocca, salvo quello che sta sulle bocche di certi ciarlatani.

Così è che non solo si scopre che il primo semestre del 2015 ha fatto registrare il più alto numero di suicidi dall’inizio della crisi, ma che in Italia continua ad essere altissimo il numero dei fallimenti delle imprese. Scrive l’Agenzia Adnkronos: “Il nostro Paese è infatti uno dei pochi tra quelli monitorati dall’Ocse che continua ad avere un numero di aziende fallite nettamente superiore ai livelli pre-crisi”. E la fonte della notizia è quella del solito, controcorrente, Centro studi ImpresaLavoro che, rielaborando dati forniti dall’Ocse evidenzia come rispetto al 2009 i fallimenti nella nostra penisola siano cresciuti del 66,3%, passando dai 9.383 del 2009 ai 15.605 del 2014.

Numeri sbalorditivi, che solo certa stampa di regime riesce a nascondere, sfruttando qualche editorialista a libro paga di Pantalone. Il costante aumento del numero di aziende italiane fallite, ribadisce ImpresaLavoro, “non ha eguali se confrontato con gli altri paesi monitorati: nel 2014 il numero di fallimenti negli Stati Uniti è stato inferiore a quello del 2009 del 55,1%, nel Regno Unito del 23,4%, in Germania del 20,5%”. E anche laddove l’uscita dalla crisi è sembrata più lenta, come in Francia (altro paese statalista zeppo di debiti), si segnala un calo del fenomeno dell’1,1%”. Solo l’Italia è ancora ampiamente al di sopra dei livelli pre-crisi, con un escalation che solo quest’anno accenna a fermarsi.

Spiega Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro Studi ImpresaLavoro: “Potrebbe esserci un rallentamento nel numero di fallimenti. La nostra stima è un calo di 1.300 fallimenti rispetto al 2014, con un livello complessivo che dovrebbe attestarsi sui valori del 2013”. In sintesi, c’è poco da sorridere, al massimo resta qualche barlume di speranza: l’Italia è il paese che ha reagito peggio alla crisi, nonostante anni di luci in fondo al tunnel viste solo da qualche parassita.

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