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Ecco il 228° segnale della ripresa: in italia, 1 su 4 è un “deprivato”

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povertadi LUIGI CORTINOVIS

Oggi, vi riporto quel che l’ADNKronos ha rilanciato in merito all’ultimo rapporto Istat sulla “povertà”.

Nel 2014 si attesta al 28,3% la stima delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale residenti in Italia, secondo la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020. Lo rileva l’Istat, nel Report sul reddito e le condizioni di vita degli italiani nel 2014. L’indicatore corrisponde alla quota di popolazione che sperimenta almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà (calcolato sui redditi 2013), grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro (calcolata sul numero totale di mesi lavorati dai componenti della famiglia durante il 2013), spiega l’Istat.

Nel 2014 le persone a rischio di povertà sono stimate pari al 19,4%, quelle che vivono in famiglie gravemente deprivate l’11,6%, mentre le persone appartenenti a famiglie dove l’intensità lavorativa è bassa rappresentano il 12,1%, prosegue l’Istat. L’indicatore del rischio povertà o esclusione sociale rimane stabile rispetto al 2013: la diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (la stima passa dal 12,3% all’11,6%) viene infatti compensata dall’aumento della quota di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dall’11,3% al 12,1%); la stima del rischio di povertà è invece invariata. Per il secondo anno consecutivo, il calo della grave deprivazione è determinato dal fatto che scendono le quote di individui in famiglie che, se lo volessero, non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 13,9% al 12,6%), una settimana di ferie all’anno lontano da casa (dal 51,0% al 49,5%) o una spesa imprevista pari a 800 euro (dal 40,2% al 38,8%), continua l’Istat.

La stima della grave deprivazione diminuisce soprattutto nel Mezzogiorno, tra i single e le coppie (soprattutto se anziani) e tra le coppie con un solo figlio, anche minore. Ancora grave la condizione dei genitori soli, delle famiglie con almeno tre minori o di altra tipologia, famiglie, queste ultime, che tra il 2013 e il 2014 hanno mostrato un ulteriore deterioramento della loro condizione (dal 15,9% al 20,2%), continua l’Istat. L’aumento della bassa intensità lavorativa ha riguardato, in particolare, gli individui in famiglie che vivono nel Mezzogiorno (la stima va dal 18,9% al 20,9%) o in famiglie numerose: coppie con figli (dall’8,3% al 9,7%), soprattutto minori (dal 7,5% all’8,9%), e famiglie con membri aggregati (dal 17,8% al 20,5%). L’indicatore sintetico di rischio di povertà o esclusione sociale è stabile anche a livello europeo da 24,5% a 24,4%. Il valore italiano è inferiore a quelli di Romania (40,2%), Bulgaria (40,1%), Grecia (36,0%), Lettonia (32,7%), Ungheria (31,1%); ad eccezione di Romania e Grecia, tutti questi Paesi mostrano evidenti segnali di miglioramento rispetto all’anno precedente. La Spagna (29,2%), che insieme a Croazia e Portogallo si attesta su valori molto simili a quello italiano, registra invece un ulteriore peggioramento, mentre il livello rimane stabile negli altri due Paesi.

Tutto questo, nonostante la miriade di assunzioni pubbliche e i sussidi a debito. C’è un futuro roseo davanti a noi…

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