Segnali sempre più rassicuranti arrivano dall’economia reale. Da lunedì scorso tutti i 58 dipendenti dello storico calzaturificio Alexandria sono in mobilità. I sindacati e il curatore fallimentare, l’avvocato Marco Ferrari, si sono trovati in Confindustria – una specie di becchino impresariale – per firmare la procedura, e dopo l’assemblea in fabbrica il curatore ha consegnato le lettere di licenziamento.
Riporta la stampa locale: “Finale amaro per l’azienda della famiglia Camagna, che fu per decenni fiore all’occhiello del settore calzaturiero alessandrino. «La crisi del ceto medio, che era il nostro principale mercato di riferimento – aveva detto Paolo Camagna -, ci aveva messo in difficoltà, la mazzata finale è arrivata con le sanzioni alla Russia che ci hanno tolto anche le ultime commesse»”.
Ovviamente, problemi anche per l’indotto, visto che “l’assemblea dei creditori è prevista a metà aprile, ma la procedura è destinata a protrarsi almeno fino ad agosto/settembre”.
Tranquilli, l’Istat (quella che ha smesso di calcolare fra i disoccupati quelli che manco più cercano lavoro) dice che la disoccupazione diminuisce. Senza dimenticarsi che il Jobs Act non è ancora pienamente entrato in vigore, si aspettano i decreti attuativi.
Ho letto quei miserabili dati di dicembre scorso in base ai quali ladri e delinquenti politici cantano vittoria , perché secondo loro sono i segni della ripresa economica.
Mancando le premesse e le fondamenta liberali che sono l’unica soluzione sana a questo stato di crisi, ogni numero che riporti un qualche accenno di miglioramento apparente è semplicemente un segno di assestamento verso il peggio.
Fintanto che non esploderà in tutta la sua potenza il vero riaggiustamento che il mercato imporrà al caos e alle miserie attuali.