di PIETRO AGRIESTI
Da un po’ sono tornati di moda i dazi e i sussidi. Uno dei modi in cui vengono rilanciati è con la “supercazzola” della “reciprocità”. Per quanto mi riguarda però, continuano ad essere una fesseria.
Un dazio è una tassa che il governo X mette sui suoi cittadini. Per esempio i dazi americani sui prodotti cinesi sono tasse sui cittadini americani. Tassare di più i cittadini americani non può migliorare la loro situazione. Le tasse sono un furto e più furti non sono una buona ricetta economica. Dire che si devono mettere i dazi sui prodotti cinesi, perché i cinesi li mettono sui nostri, è come dire che siccome il governo cinese deruba i suoi cittadini, è indispensabile che anche i nostri governi facciano altrettanto. Una notevole assurdità.
Le persone lasciate a sé stesse valuterebbero da sole che prodotti comprare in base ai criteri che ritengono pertinenti: come il prezzo, la qualità, la disponibilità, etc.. ed anche in base a considerazioni morali, se credono.
L’imposizione politica di un unico criterio nazionale da parte del Trump, del Biden, della Meloni o della Schlein, di turno, è non solo una oggettiva aggressione alla libertà individuale, ma anche la sostituzione di una scelta centralizzata politico-burocratica alla moltitudine delle scelte individuali fatte da ciascuno nel proprio angolino di mondo, in base a conoscenze che solo lui può avere e a preferenze, scelte, responsabilità e considerazioni sue intime, che nessun altro potrà mai fare, se non le fa lui.
Non solo è violento e ingiusto imporre a tutti il piano X e l’obbiettivo Y, indentificato dal governo o dallo Stato, calpestando tutti gli altri piani e scopi delle persone, ma è anche economicamente deleterio; costringendo le persone a spendere di più per l’acquisto di certi prodotti si lasciano loro meno risorse per altri consumi, risparmi o investimenti. È insomma solo l’ennesimo caso in cui la politica sceglie vincitori e vinti al posto del mercato.
È così che diventa sempre più importante impegnarsi con la politica piuttosto che impegnarsi sul mercato. È così che l’attitudine generale viene spostata dalla onesta competizione sul mercato, alla lotta per il potere politico di derubare ed elargire, tassare e sussidiare. È così che al posto di una cultura imprenditoriale si sviluppa una cultura del parassitismo.
I sussidi sono poi l’atra faccia dei dazi: con i dazi si aiutano le aziende nazionali in determinati settori, forzando le persone a diventare loro clienti e se ne danneggiano altre. Con i sussidi, idem con patate: si usano le risorse rubate ai cittadini per aiutare alcune particolari imprese “elette” dalla politica come “più belle” di tutte le altre, spesso quelle che più evidentemente sono state danneggiate dai dazi. Ma come sempre vale quanto dicevano Bastiat e Hazlitt su ciò che si vede e ciò che non si vede: è facile vedere quali settori beneficiano dei dazi, molto meno vedere tutti i consumi, i risparmi, gli investimenti mancati e gli effetti positivi che avrebbero avuto, ma non si sono verificati.
Quando i cinesi mettono i sussidi – esattamente come quando mettono i dazi – danneggiano i loro cittadini e la loro economia. Proprio come quando li mettiamo noi danneggiamo la nostra. I sussidi sono un modo in cui lo Stato sottrare delle risorse all’allocazione di mercato per distribuirle invece secondo criteri politico burocratici. L’allocazione di queste risorse in questo modo, cioè la sostituzione del dirigismo e della pianificazione centrale all’ordine spontaneo del mercato, distorce il sistema dei prezzi, la concorrenza, gli investimenti, etc..
Inoltre, va contato il costo della stessa struttura politico burocratica che si occupa di dirigere, pianificare, riscuotere, monitorare, controllare, etc.. l’intero demenziale processo. Come tutto il resto della spesa pubblica anche i sussidi sono risorse allocate a minchia che sarebbe infinitamente più vantaggioso lasciare al mercato. Anche in questo caso l’idea che se la Cina adotta dei sussidi, noi non si possa che fare altrettanto, è una scempiaggine. Significa dire esattamente quello che dicevano gli ammiratori dell’Unione Sovietica quando affermavano che data la superiorità della pianificazione centrale e dell’economia sovietica, l’Occidente per non perdere contro il rivale avrebbe dovuto abbandonare il capitalismo e copiarne i sistemi.
La superiorità della pianificazione centrale e dell’economia sovietica non sono mai esistite. Erano frutto della propaganda sovietica e occidentale. Molte persone all’epoca fidandosi più di quello che leggevano sui giornali o che sentivano dire agli “esperti”, si erano convinte che l’Unione Sovietica stesse vincendo sul piano dello sviluppo economico e del benessere.
La cosa su cui riflettere è che anche in Occidente esisteva un interesse a coltivare questo mito, per mantenere i cittadini in uno stato di forte allarme e far passare le peggio riforme. E infatti è dopo la Seconda guerra mondiale che l’America ha chiaramente preso la via della schiavitù e del socialismo e smarrito la propria anima libertaria, anarcoide e individualista. Nella realtà, chi sapeva ragionare – Mises, uno per tutti – aveva spiegato e continuava a spiegare l’impossibilità logica di quanto la propaganda affermava: non poteva essere corretto, era logicamente impossibile che il sistema sovietico funzionasse meglio di quello capitalista, e infatti era falso.
Il mondo non funziona in modo magico e casuale, ma in modo logico e comprensibile. Dimostrata l’impossibilità del calcolo economico in regime socialista, non c’è altro da dire. L’allocazione a minchia delle risorse, l’invenzione di prezzi a caso, la sostituzione della molteplicità dei piani individuali con un piano centrale partorito dall’autocrate di turno e dallo stuolo di burocrati al suo servizio, la collettivizzazione della proprietà privata, non danno vita a un sistema economico superiore e più ordinato, ma a un sistema distopico, che distrugge l’economia, il benessere e le vite delle persone.
Infatti, l’Unione Sovietica, come la Cina di Mao, gestendo le cose in questo modo ha portato alla morte decine e decine di milioni di propri cittadini, senza nemmeno contare quelli morti in guerra.
Oggi siamo tornati in un’epoca dove si afferma che l’allocazione a minchia è un sistema superiore e ad una propaganda irrazionale che sostiene che questo sarebbe dimostrato dalla crescita cinese. Oggi, come all’epoca della guerra fredda, bisogna resistere alla pressione della propaganda e continuare a ricordare la lezione di Mises.
Lo Stato con dazi e sussidi redistribuisce risorse non sue, le alloca in modo economicamente insensato e danneggia il benessere di tutti. Se la Cina lo fa, peggio per i cinesi. Non dobbiamo adottare i loro sistemi!
Oggi come allora, la cosa su cui riflettere è che esiste una propaganda formalmente anticinese che ci suggerisce di adottare il modello cinese per battere la Cina, esattamente come durante la guerra fredda esisteva una propaganda formalmente anticomunista che suggeriva di adottare la pianificazione centrale per battere l’Unione Sovietica. Se la Cina o altri paesi del mondo si trovano sotto regimi fascisti o comunisti, mi spiace e gli auguro di uscirne, ma peggio per loro. A noi non conviene certo adottare lo stesso tipo di regime.
Ci continuano a convenire, come sempre, il libero mercato, il capitalismo, il libero commercio e la riduzione dei dazi e dei sussidi. Anche unilateralmente.
Di recente qualcuno mi ha suggerito che opporsi ai dazi contro la Cina in risposta ai dazi e ai sussidi cinesi sarebbe una forma di “tradimento” dell’Occidente. Ma dal mio punto di vista chi ama l’Occidente lo vuole libero. E quindi, se mai, il traditore dell’Occidente è chi li appoggia, perché nel farlo sostiene una forma di socialismo e di economia pianificata simili a quelle cinesi contro cui dice di battersi.
Traditori, o almeno utili idioti e fessi ammiratori di un modello cinese che funziona solo nella propaganda politica, sono coloro che vorrebbero adottare il modello cinese per contrastare la Cina, o il cambiamento climatico, o il covid, o la Russia, o la disinformazione, o qualsiasi altra cosa.
In più non è certo per queste politiche cretine che la Cina è tanto cresciuta. E a questo proposito mi permetto di dare tre consigli di lettura:
- 1 – Un’analisi austriaca del boom imprenditoriale cinese: https://www.miglioverde.eu/unanalisi-austriaca-del-boom-imprenditoriale-della-cina/
- 2 – La competitività della Cina è guidata da una bassa tassazione non dalla politica industriale: https://www.francescosimoncelli.com/2024/08/la-competitivita-della-cina-e-guidata.html
- 3 – Time: More Chinese Communism can Save Us from Climate Change: https://wattsupwiththat.com/2024/03/23/time-more-chinese-communism-can-save-us-from-climate-change/ (in inglese, illustra come la pianificazione economica cinese funziona realmente: facendo disastri, come quella sovietica).
Più uno, per chi è disposto a fare ben altra fatica e a un tuffo nel passato: “As We Go Marching” di John T. Flynn (1944): https://mises.org/library/book/we-go-marching