Sul mondo dei media grava l’accusa di un’informazione che non fa il proprio lavoro. E generalmente chi ha quest’idea pensa a un’informazione che dovrebbe avere un ruolo ancillare, essere una proiezione della comunicazione politico-partitica. Il trasformismo è una malattia che mina alla base la democrazia. In sostituzione dell’etica dell’informazione al pubblico viene diffusa la propaganda. È un tema che meriterebbe una più riflessione ampia.
Non è etico pensare che la stampa debba applaudire costantemente. Dove non c’è opposizione, dove non c’è il controllo democratico da parte di giornalisti che sono i cani da guardia del potere, è palese che il potere non si comporta bene. Il potere tende a prendere pessime abitudini che fanno male alla democrazia. Se si fa questo mestiere non si devono avere né amici né sentimenti. È necessario dire crudamente quello che succede e ci si deve porre delle domande, essere inopportuni e temuti. Solo così il giornalismo ha un ruolo. E, naturalmente, quando si sbaglia è indispensabile riconoscerlo.
Una campagna elettorale non è un gioco per educande. Ma non può nemmeno essere un’esposizione di maniche a vento. La manica a vento è un particolare tipo di anemoscopio, cioè un rudimentale misuratore del vento. Il vento, soffiando all’interno della manica, ne muta la posizione fornendo indicazioni circa la sua direzione e intensità.
La campagna elettorale per le Regionali in Veneto ha indicato a tutti i principali competitori, che qui ci rifiutiamo di definire leader, perché il leader è un capo carismatico capace di ‘guidare’ un gruppo sociale, ricoprendo un ruolo di comando e direzione. Il leader ha una personalità, una cultura ed una determinazione che non abbisognano di indicazioni sulla direzione e sull’intensità del vento. Ed il vento della campagna elettorale che porterà al voto del 31 maggio, è un intrico di motivazioni: sconcerto, scontento, precarietà del vivere civile, insicurezza per il futuro, certezza sull’inadeguatezza dell’offerta politica in generale. Rabbia e soprattutto impotenza.
Ecco allora i vari competitori fare le loro promesse elettorali. Queste sono fatte al pubblico da politici che stanno cercando di vincere le elezioni, e si distinguono per essere spesso disattese una volta che il politico viene eletto. Che è esattamente ciò che si materializzerà già dal 2 giugno prossimo venturo.
Infatti, come potremo credere alle promesse elettorali della candidata del PD Alessandra Moretti il cui curriculum politico è cosparso di “cambiamenti di direzione”. Nasce politicamente nel 2003 come candidata alle elezioni comunali di Vicenza nei Democratici di Sinistra. Nel 2007 si candida alle elezioni provinciali di Vicenza in una lista avversaria rispetto alla coalizione di centro-sinistra, a sostegno della candidatura di Giorgio Carollo, ex DC, ex Forza Italia, fondatore di “Veneto per il PPE” formazione oggi scomparsa. Nel 2008 si candida come capolista nella lista civica di centro-sinistra “Variati Sindaco” ed entra in consiglio comunale di Vicenza con 192 preferenze. Sarà un vice-Sindaco scialbo.
Come potremo credere alle promesse elettorali di Bobo Sartore, Gianluca Panto e Santino Bozza? Sino a poche settimane fa erano fondatori o affossatori o attivisti di movimenti e partiti indipendentisti, il cui elenco risulterebbe assai esteso. Ora sono esponenti di spicco della lista autonomista Progetto Veneto autonomo, che sostiene Alessandra Moretti nella corsa alla presidenza della Regione. Può bastare la loro scelta del leone di San Marco nel proprio simbolo elettorale per non constatare che sono diventati collaborazionisti di quel regime che sino a poco tempo fa aborrivano tanto da volere l’autodeterminazione del popolo Veneto?
Come potremo credere alle promesse elettorali del Presidente uscente Luca Zaia? Tanto occupato a tagliar nastri inaugurali e chiacchierare in TV che è stato presente in aula il 3,7% delle sedute del Consiglio, ovvero è stato assente per il 96,3% del tempo. Che parla di autonomia prima e di indipendenza poi (chissa quando?), ma che non ha fatto nulla di concreto per l’indizione di quel referendum consultivo per l’indipendenza di cui alla legge 16/2014? E naturalmente ci fermiamo qui per non farla troppo lunga, convinti che i nostri lettori a tal proposito sono informati.
Come potremo credere alle promesse elettorali indipendentiste di Luca Azzano Cantarutti ex deputato della LN, ex Veneto Stato, ex Indipendenza Veneta e ci fermiamo qui per non dilungarci. O Fabrizio Comencini ex Consigliere regionale per il MSI (ala rautiana, la più estrema) prima e poi per la LN, tra i fondatori della Liga Fronte Veneto, poi fondatore della Liga Veneta Repubblica? Oppure Antonio Guadagnini che come ex DC è stato vice-Sindaco del comune di Crespano del Grappa, ora in Veneto Stato? Non sono costoro “alleati” e collaborazionisti di quello “Zio Tom” di Luca Zaia che parla di autonomia e nulla ha fatto concretamente per l’indipendenza? Che a sua volta ha per alleati, tra gli altri, Fratelli d’Italia una formazione tutt’altro che indipendentista?
Come potremo credere alle promesse elettorali di Alessio Morosin, ex Consigliere regionale veneto della LN (quindi autonomista e federalista), il cui unico fine è quello dell’indizione del referendum consultivo di cui alla Legge 16/2014, che non è nemmeno un referendum ma solo una consultazione priva di qualsiasi impegno deliberativo? Cosa hanno ottenuto le decine di Comuni che hanno utilizzato lo stesso strumento per cambiare regione? Nulla! Possiamo, infine, non domandarci se la preventiva necessità della raccolta di 14 milioni di €uro quale condizione ineludibile, non sia un mezzo per rimandarne sine die l’esecuzione?
Oggi costoro sono tutti “ferventi” indipendentisti, ma quando erano autonomisti e federalisti, sedendo nelle istituzioni cosa hanno concretamente materializzato di autonomia e federalismo per il Veneto? Niente! Ben sapendo in che cosa consiste un referendum consultivo, hanno forse depositato, presso gli Enti da cui prendevano un compenso, una banale Proposta di delibera consigliare per sostituirlo con dei referendum deliberativi? No! Dunque, se i politici vanno giudicati per ciò che fanno e non per ciò che dicono, per quali ragioni dovrebbero essere premiati con il voto?
Qualcuno sostiene che questi ed altri indipendentisti dovrebbero essere comunque votati, perché nell’agenda politica si continuerà a parlare di autodeterminazione. Perché così si potrà verificare la reale consistenza numerica del voto dato per l’indipendenza del Veneto. Ma si tratta di argomentazioni fiacche, anemiche, bolse. Infatti, a parte una serie di dati abbastanza confutabili e più inerenti la propaganda che l’informazione, nessuno di questi soggetti politici ha mai presentato un credibile ed innovativo progetto istituzionale per quel Veneto autodeterminato per il quale dichiarano di battersi. Quasi tutti rimandano a dopo ottenuta l’indipendenza. Tsz!
Mancano, in altri termini, una serie di documenti importanti in campo internazionale, che sono necessari per l’ingresso della Repubblica indipendente del Veneto in organismi di primaria importanza quali: la CSCE, il Consiglio d’Europa e l’ONU. Senza tali “Charte” la neo Repubblica di San Marco potrebbe essere ritenuta uno Stato dalla sovranità ancora incerta o con una vita politica non ben regolata in quanto a democrazia. Dunque difficile da riconoscersi internazionalmente.
Insomma, parafrasando un testo del repubblicanesimo, si può dire che in Italia sono entrate a dirigere lo Stato persone senza ideali, senza una meta, circondate da complici con la loro stessa mentalità. Si è persa nel paese la capacità di giudicare con saggezza e degli uomini e delle cose, sino a confondere la virtù e il vizio; che si è annientata la forza morale di resistere e di lottare contro il degrado; che, fiaccata la coscienza civile dei cittadini, li si è ridotti a servire e ad adulare. Ben altre garanzie, quindi, meritano il voto di quei cittadini che vogliono migliorare la nostra convivenza civile. E molto difficilmente la via dell’indipendenza passerà per la Regione Veneto, poiché la soluzione risiede nella secessione.
Continua—ammetto che mi fa un pò male. Penso che il vostro giornale possa essere uno de grimaldelli per diffondere lideale indipendentista, e capisco che non vogliate appoggiare nessuno per non “buttarvi via”in caso di rradimenti, ma mettere Morosin alla pari di chi é stato nominato dallitalia, mi sembra ingiusto non solo nei suoi, ma nei confronti dell’ndipendentismo stesso. Onestamente, li sento un pò come delle critiche di uno che Morosin lo vede solo in tv…
Caro Fabrizio, credo che Trentin (come ha fatto sopra) le dirà la sua. Ciò che mi preme sottolineare, come vice-direttore, è che questo giornale l’unica posizione che prende è a favore dell’indipendentismo, sul quale proponiamo idee, ne ospitiamo altre, pensiamo serva un certo rigore teorico nel propugnarle, ecc. Inoltre, ciò che abbiamo sempre fatto è stato ospitare punti di vista di tutti coloro che (partiti o movimento) ci hanno scritto. Abbiamo sostenuto anche il plebiscito digitale, benché avessimo qualche perplessità, fino a quando abbiamo svelato l’imbroglio dei numeri. Ciò che non faremo mai è censurare il parere di un nostro collaboratore, cosiccome non censureremo mail il suo. GRAZIE MILLE!
Grazie a Lei,
di certo non pensavo a censure di nessun tipo. Non seguirei il vostro giornale altrimenti.
Grazie per il vostro lavoro e per quello che fate per la libertà.
Gentile Trentin,
nel mio piccolo, penso che la pensiamo esattamente allo stesso modo. Fermo restando gli altri due punti da me menzionati, il referendum in un paese civile é sempre consultivo di chi detiene il poter (il popolo) e di conseguenza deliberativo ( visto che chi detiene il potere delibera) laggettivo consultivo é un abberrazione presente in italia, che si sa non é un paese civile. Proprio per questo continuo a non trovare in fallo Morosin, che richiede un referendum secondo e non contro anche la costituzione italiana, e che conscio dellabberazione presente, ha anche la volontà politica di inchiodare litalia al vero significato di referendum, anche a livello internazionale, e di quindi far si che sia anche un referendum deliberativo. Ora, io non avrò la vostra oratoria, ma penso che se Morosin fosse li solo per la carega, non lavrebbe mollata 20 anni fa, rinunciando anche al vitalizio Già allora, e dannandosi come un cane per tutto il Veneto a fareincontri colla gente anche 2 volte per settimana. Ebbene si, per queste cose il mio appoggio va a Morosin, e ogni volta che questo giornale scrive inesattezze”
Caro Trentin, hai scritto delle inesattezze riguardo Morosi, non so se volute o meno. Mi permetto umilmente di riportarle
1)quando Morosin era LN, la lega parlava di indipendenza, siamo negli anni novanta. Lega da lui lasciata per l’evidenza di cosa stesse diventan;
2) i 14 milioni di autofinanziamento sono si un mezzo per non farlo, ma é stato introdotto da zaia, non da Morosin,che infatti si propone di cambiare questa parte;
3)parlare di referendum “consultivo” sa molto di italiano. All’estero i referendum consultano sempre il popolo, sta poi alla volontà politica di farli divenire attuativi, o essere antidemocratici con tutte le conseguenze che ne possono seguire;
4) questo punto é una mia opinione, l’Indipendenza si ottiene a piccoli passi. Celebrare un referendum istituzionale pone litalia di fronte le sue responsabilità anche internazionali, vedasi Catalunya. Pensare di programmare quello che verrà dopo, sa di stanlinismo. Fermo restando un periodo di trapasso a leggi italiane, il cambiamento strutturale sarebbe una democrazia, detta anche diretta, alla svizzera, dive quello che verrà sarà deciso direttamente dalla gente.
Nel mio piccolo, spero di essere stato utile.
Egregio FABRIZIOC, ho notato da tempo che lei è un sostenitore di IV; quindi i suoi sono commenti di parte, ovviamente.
S’intende che ognuno ha diritto alle proprie opinioni; ma la prego d’informarsi prima di scrivere LEI delle inesattezze.
Il referendum, nei paesi civili, è uno strumento per l’esercizio della sovranità popolare, e questa non si esercita attraverso “consultazioni”, ma DELIBERAZIONI.
In nessun paese civile i politici s’arrogano il diritto di deliberare contrariamente ad un esito referendario, salvo appunto nel caso tutto italico del referendum CONSULTIVO, per il quale rimane la responsabilità di tutti gli ex rappresentanti (Alessio Morosin compreso) di NON aver fatto nulla per eliminarlo.
Pensare ad un progetto istituzionale innovativo, NON significa programmare qualche cosa di staliniano. Significa bensì PROPORRE al popolo sovrano una soluzione per la quale scegliere, o meno, i candidati idonei.
Allo stato attuale, invece, i vari candidati chiedono d’essere scelti per le promesse elettorali che puntualmente disattendono il giorno dopo la loro elezione.
non ne hai salvato neppure uno… bravo!