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Elezioni in veneto: l’indipendentismo e’ ridotto a testimonianza. meditiamo, gente…

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di GIANLUCA MARCHI

veneto elezioniEro stato facile profeta nei giorni precedenti il voto di ieri che in Veneto l’indipendentismo non sarebbe andato oltre qualche punto percentuale. Nessuna dote divinatoria da parte mia, ma la semplice osservazione delle dinamiche politiche e un minimo di conoscenza delle abitudini elettorali delle regioni padano-alpine, che da tempo non divergono molto da quelle più genericamente italiche.

I sondaggi degli ultimi anni e degli ultimi mesi dicevano che in Veneto il “sentimento” indipendentista è molto forte, addirittura superiore al 50% della popolazione. Ma osservavo che questo fattore non si traduce automaticamente in voti per i movimenti indipendentisti (quelli, per intenderci, che hanno nel proprio programma l’avvio di un percorso per raggiungere l’indipendenza dallo stato italico), perché appunto è un semplice sentimento, una sorta di aspirazione del cuore e dell’anima, più che della testa, una rivendicazione della propria voglia di “autonomia” da lacci e lacciuoli e dalle pratiche levantine dello stato romanocentrico. Un’aspirazione recondita che non si traduce, in maniera proporzionale, in voti per i movimenti indipendentisti per tanti motivi: il timore di affrontare l’incerto abbandonando un certo seppure spesso insopportabile, le divisioni e i litigi che hanno sempre percorso il mondo indipendentista tali da offrirne un’immagine alquanto screditata e poco credibile, l’assenza di un vero leader capace di essere riconosciuto a più latitudini come interprete e vessillifero di tale messaggio, l’assenza di una vera cultura indipendentista come ci stanno efficacemente spiegando da queste colonne i nostri Gilberto Oneto e Gianfrancesco Ruggeri. L’assenza di un leader generalmente riconosciuto non è cosa da poco: basti pensare a quanti appelli siano stati lanciati a Luca Zaia soprattutto lo scorso anno, perché impugnasse la bandiera dell’indipendentismo, in particolare quando la Lega era data in via di scomparsa. Non era un appello insensato, visto che la Lista Zaia ha sfiorato il 25% e con lui sarebbe stata tutt’altra cosa, ma gli eventi politici sono andati diversamente e poi è arrivato il travolgente Matteo Salvini, dal quale era improbabile pensare che il governatore uscente ed entrante si potesse smarcare.

Venendo al lato pratico del Veneto, possiamo dire che, nonostante gli ultimi anni di fervore con tutta la campagna e poi l’approvazione della legge regionale istitutiva del referendum per l’indipendenza, il plebiscito digitale e via discorrendo, l’indipendentismo ieri s’è ancora una volta fermato a numeri di pura testimonianza. All’incirca il 2,5% per Indipendenza Veneta dell’indomito Alessio Morosin e il 2,7% per Indipendenza Noi Veneto di Luca Azzano Cantarutti, un tempo alleato di Morosin e in queste elezioni sostenitore invece di Luca Zaia, fanno il 5% o poco più che appunto in una regione come il Veneto può essere derubricato a semplice testimonianza. Siamo ad anni luce di distanza, nonostante i paragoni si siano sprecati, rispetto alle situazioni di Scozia e Catalogna, dove per altro il progetto indipendentista ancora non si è affermato e fatica a prevalere, nonostante i voti per le forze politiche indipendentiste si avvicinino al 50%. I dati ci fotografano plasticamente come qui siamo all’anno zero, se non addirittura sottozero.

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10 COMMENTS

  1. Anche a me dispiace.

    Speravo che il guazzabuglio degli “indipendentisti” veneti potesse arrivare almeno al 10%. Ma magari tanti veneti non li hanno votati per paura di minare Zaja senza costrutto, nel senso che avrebbero rischiato di aprire un varco per la Moretti – Dio ce ne scampi e liberi.

    Non sono Veneto ma devo dire che mi passa persino la voglia di leggere articoli che spaccano il capello in 4 per differenziare un Busato da , che so io, un Cantarutti o un Morosini, per non dire di un Chiavegato. Credo, a pelle, che con tali araldi l’indipendenza veneta arriverà … dopo le calende greche. In breve, c’è solo bisogno di un leader capace e carismatico. Purtroppo non lo si trova al centro commerciale…

    PS: D’accordo anch’io nel negare la logica che i veneti non cercano l’indipendenza solo perchè stano ancora tropo bene. Pensando alla Lombardia, mi pare ovvio che la carta migliore per (pura ipotesi) convincere la “marmaglia” lombarda a perseguire l’indipendenza “en masse” sia quella economica. L’idea che da soli avremmo 50 e passa mld annui da spendere in enormi tagli delle tasse e/o migliori servizi pubblici. Se aspettiamo di essere poveri, il residuo fiscale sarà azzerato e che me ne faccio dell’indipendenza?… Certo, come direbbe Oneto, c’è anche l’elemento identitario, certo che c’è – per me… Ma vallo a spiegare al 50% di “lombardi” dalle origini assolate o peggio….

  2. Purtroppo abbiamo quello che ci meritiamo. Tante chiacchere: via da Roma, vogliamo l’indipendenza ecc. ma alla fine siamo i soliti paurosi “aseme star che go da lavorar” E l’itaglia gode. Un grazie di cuore al grande Morosin. Sono dispiaciuto sopratutto per lui e lo staff che l’ha sostenuto. Hanno lavorato in maniera egregia.
    Adriano di Treviso

  3. Se non arriveremo al punto che chi comanda ci mandi a dire , ” che mangino brioches ” , non andremo da nessuna parte.
    Quà da noi in Veneto rispondere ad una semplice interrogazione con un , “comandi” , la dice lunga sulla ormai incistata subordinazione che portiamo nei confronti del potere .
    Spero di sbagliare , ma mi sà che non ce la faremo mai !
    Cordiali saluti da Aldo

    • @Albert Nextein
      Se la miseria fosse un fattore per la secessione, allora la Corea del Nord si sarebbe già dissolta in tanti mini-Stati.

      • In nord corea non hanno la cognizione di libertà. Da noi qualcosa, seppur mitigato e compresso progressivamente da atti democratici del potere, c’è.
        Là c’è paura per la propria vita.
        Qui non si è ancora materializzata la paura per i propri risparmi, capitali, soldi, imprese.
        La paura vera, la paura della miseria.

        • @Nextein
          Anche qua la gente ha paura di opporsi e sfidare il Leviatano e non è solo per via della “ricchezza” che sarebbe ancora presente, ma in primo luogo perché non vogliono rinunciare a quanto percepiscono in termini di welfare, assistenzialismo e clientelismo politico.
          La secessione la si fa prima di impoverirsi come atto di legittima difesa e non dopo quando è ancor meno percepita come in sé significativa per difendere la propria ricchezza.
          Quando saremo tutti ugualmente poveri e nella miseria la secessione delle regioni non avrà alcuna importanza e di certo non sarà un tema al centro dell’interesse della popolazione, dato che dovrà pensare in primo luogo a sopravvivere.
          Qua da noi di indipendentista c’è solo la testimonianza di questo sito e ben poco altro, per aver paura dei propri risparmi, capitali, soldi e imprese bisogna avere una cultura economica e una consapevolezza della loro importanza, dubito che questo alberghi nella maggioranza delle menti dei lombardo-veneti.

    • Albert,

      se la libertà degli individui produce ricchezza, allora la miseria non può produrre libertà.
      La miseria può produrre invidia sociale, legittimazione a nuove schiavitù, criminalità organizzata, dittatori e uomini forti, mentalità mafiosa e prostrazione al potente per ottenere misericordia o piccoli e grandi privilegi, ma non può mai produrre libertà.

      Non è mai successo nella Storia dell’uomo che un popolo miserabile si sia liberato dal giogo dello Stato oppressivo o del despota tirannico. Tutto ciò che è successo è stato un cambio di protagonisti al vertice.
      Perciò non aspettiamoci che una volta che le persone avranno fame sul serio rovesceranno il tiranno e inaugureranno un ‘era di libertà.

      Altrimenti l’Africa sarebbe il luogo più ricco e libero del pianeta.

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