di GIANLUCA MARCHI
Dice Alessio Morosin in una intervista di questi giorni che, secondo un sondaggio recente, il 58% dei veneti è favorevole all’indipendenza della loro regione. Ergo, alle elezioni regionali di domenica Indipendenza Veneta, il movimento per il quale lo stesso Morosin è candidato presidente e che ha come punto fondamentale del programma lo svolgimento di un vero referendum per l’indipendenza, dovrebbe risultare il primo partito in Veneto, se non addirittura ottenere la maggioranza assoluta dei consensi. Epperò sappiamo bene fin d’ora che non sarà così, perché la politica non è mai matematica e sono troppe le variabili che condizionano una tornata elettorale come quella alle porte. Il rischio è che gli indipendentisti duri e puri, come spesso è successo in passato, si debbano accontentare di qualche punto percentuale. Sarebbe grasso che cola se dovessero agguantare un risultato a due cifre.
A questo punto più di qualcuno è legittimato a chiedersi se i veneti che si dichiarano pro-indipendenza nei sondaggi lo siano in maniera sincera o più semplicemente esprimano un’aspirazione ideale ma poco convinta, che in gran parte si dissolve al momento di deporre la scheda nell’urna. In altri termini quando si vota prevalgono logiche, abitudini e interessi personali allergici a buttare per aria lo status quo in cui si è immersi, anche se si tratta di uno scenario andato via via deteriorandosi e che viene criticato a ogni piè sospinto. A parole, tuttavia…
Personalmente vorrei essere smentito in queste considerazione da un clamoroso successo indipendentista, epperò temo che i fatti mi daranno ragione. Colpa in parte degli stessi indipendentisti, che nel corso degli anni hanno riproposto fino alla noia comportamenti litigiosi, a volte anche cialtroneschi, tali da depotenziarne il messaggio politico. E poi diciamolo senza infingimenti: lo schieramento indipendentista manca di un vero leader capace di infiammare i cuori e le folle anche fuori dai confini del Veneto. Sia chiaro, l’avvocato Morosin si sta dannando come pochi per diffondere il messaggio di Indipendenza Veneta. Diamogliene atto, così come gli va riconosciuta la decisione di essere l’unico ex consigliere regionale veneto ad aver rinunciato al vitalizio a cui aveva diritto secondo le norme vigenti. Tuttavia la sua figura non “buca” in maniera travolgente, complice anche un sistema di informazione sempre pronto a cloroformizzare tutto quanto mina lo status quo. Anche in questo caso mi auguro davvero di essere smentito, sarei il primo a gioirne, Ma i segnali che vedo mi fanno essere pessimista…
Infine mettiamo in chiaro un cosa: nel corso degli ultimi tre decenni il messaggio indipendentista è stato “messo in crisi” in primis dai comportamenti, dai giri di walzer e dai tradimenti proprio del movimento politico che paradossalmente si definiva indipendentista e che, formalmente, ancora lo è, nonostante le attuali parole d’ordine siano di tutt’altra natura.
Come ha sempre ripetuto l’amico Gilberto Oneto, per mirare all’indipendenza bisogna creare il consenso intorno al progetto. E sia la Scozia che la Catalogna ci insegnano come il percorso è lungo, difficile, tormentato e fatto di molti sacrifici anche individuali. In Veneto e soprattutto in Padania ho l’impressione che siamo invece ancora all’anno zero.
D’accordo con Koko, anche se non sono Veneto, ma a pelle mi sembra la diagnosi giusta. Sulla questione del (mancanza di) leader carismatico, mi pare Koko e Marchi la pensino uguale. Anche Nextein ha ragione quando rimarca c’è ancora mancanza di… miseria. Certo, non è piacevole sperare in immiserimento aggiuntivo per alimentare l’indipendentismo. Basterebbe avere contezza di quale furto fiscale viene da anni perpetrato nei confronti delle 4 regioni contribuenti, al Nord.
Ricordo al direttore Marchi che, perlomeno mi pare, il percorso indipendentista scozzese non è stato poi così lungo. MI sembra che quando lo stesso Salmond (non un matusalemme) iniziò, lo Scottish National Party aveva pochissimi suffragi.
Secondo me un leader carismatico indipendentista farebbe velocemente la differenza, in Veneto ma anche in Lombardia. Basterebbe la separazione del Veneto per creare un processo a valanga sulla Lombardia.
Dov’è questo leader?…
Quel 58% e’ soprattutto una dichiarazione di protesta contro l’Italia. Probabilmente include anche tantissimi che sono assolutamente unitaristi ma ne hanno le scatole piene di “questa” Italia. Personalmente non ci ho mai creduto. Credo il dato reale di secessionisti autentici si avvicini al 25%, max 30%. Che comunque sarebbe gia’ molto se al posto dei cialtroni venetisti che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, l’indipendentismo potesse essere guidato effettivamente da persone serie, competenti e preparate, specie con esperienza di imprenditoria maggiore o nella pubblica amministrazione o nelle forze militari. Quindi non le icone consuete che i venetisti propongono e ripropongono come totem sacri (spesso buoni a nulla quando occorre muovere le masse) ma leaders di piu’ alto profilo. Non dimentichiamo tuttavia che se per 30 anni l’indipendentismo veneto ha dato pessima figura di se’ e’ anche perche’ lo stesso indipendentismo, come fenomeno sociale, attira parecchi sfigati, paranoici, psicopatici e naturalmente personalita narcisistiche e truffaldine (Busato non e’ solo, e’ in buona compagnia) che hanno fallito nella vita e devono sempre dare la colpa a qualcun altro (Roma in questo caso). Nella mia espereinza quotidiana posso dire che solo un 15-20% di indipendentisti venete sono gente affidabile con cui si puo’ portare avanti progetti in modo serio. Quindi c’e’ anche un problema di ortodossia ed educazione che va affrontato. Siamo decisamente all’anno zero. Comunque siamo almeno partiti.
C’è ancora poca miseria, evidentemente.
Giustissimo. Purtroppo…
Ad ogni tornata elettorale ripetiamo sempre le stesse cose. Anche questa volta abbiamo sprecato l’occasione di creare un cartello indipendentista con chi davvero crede a certi valori senza mischiarli ad altre paorle d’ordine populiste che servono a raggranellare voti nell’immediato senza seminare nulla per il futuro, con una piattaforma elettorale semplice e concreta. Ennesima occasione sprecata.