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Europa, il regno prossimo del socialismo monetario

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moneta localedi MATTEO CORSINI

“A giugno la Bce, seguendo l’esempio della Banca d’Inghilterra nel 2012, ha individuato come nuovo obiettivo delle sue politiche «il credito bancario per l’economia reale»… Prima dello scoppio della crisi, nel 2008, queste misure sarebbero state tacciate di interventismo ingiustificato”.

Karl-Theodor zu Guttenberg è un politico tedesco del partito CSU, già ministro della difesa costretto alle dimissioni quando venne a galla che aveva copiato buona parte della tesi di dottorato; Richard Andreas Werner è un economista tedesco che insegna all’università di Southampton, ed è un fautore dell’espansione monetaria quantitativa fin dagli anni Novanta. Nel prosieguo li chiamerò G&W. Sono loro gli autori dell’affermazione di cui sopra.

A onor del vero, c’è chi considera quelle misure “interventismo ingiustificato” (anche se sarebbe meglio dire “ingiustificabile”) anche adesso. Anzi, c’è chi considera che fu un altro interventismo ingiustificabile a generare la crisi ancora in corso. Secondo G&W la colpa è delle banche, e in effetti ne delineano abbastanza correttamente la principale funzione effettivamente svolta nei sistemi monetari attuali, salvo poi annunciare un “nuovo” paradigma che a me genera diverse perplessità: “Se si considera che un dollaro di nuovi prestiti bancari incrementa la massa monetaria di un dollaro, le banche non vanno considerate intermediari finanziari, bensì creatori di moneta. Il riconoscimento della reale funzione delle banche cambierà le regole del gioco in ambiti come la politica monetaria e la regolamentazione finanziaria, consentendo alle autorità di affrontare le crisi bancarie ricorrenti, la disoccupazione e il sottosviluppo. Ma ci vorrà del tempo perché tutto questo venga accettato, anche e soprattutto perché mette in discussione un precetto dell’economia tradizionale. Secondo questo nuovo paradigma i risparmi sono utili ma non rappresentano un prerequisito essenziale per gli investimenti e quindi per la crescita economica. Gli Usa, che hanno sperimentato un periodo prolungato di crescita senza risparmio, lo dimostrano.”

Dunque, la “novità” sarebbe che i risparmi “non rappresentano un prerequisito essenziale per gli investimenti”. Occorre dire che neppure Keynes si era spinto fino a questo punto: lui si limitò a sostenere che il denaro creato dal nulla era da considerarsi come “risparmio genuino”. In altri termini, seguendo il ragionamento di G&W si dovrebbe concludere che l’umanità ha passato millenni a fare sforzi inutili, quando sarebbe stato sufficiente creare denaro. Se qualcuno inizia ad avere perplessità, credo sia comprensibile. Ma ecco la spiegazione che ci viene fornita: “In generale, la crescita economica dipende da un numero crescente di transazioni e da una quantità crescente di denaro per finanziarle. Le banche forniscono questo finanziamento erogando più credito e l’impatto di questo credito dipende da chi lo riceve.”

Finché parliamo di quantità nominali, la cosa può anche avere senso. Ma nominale e reale non sono concetti coincidenti. Secondo G&W, però, il problema non è questo.
“Il problema sta nelle transazioni bancarie del genere “credito per attività”, che spesso generano cicli di espansione e contrazione. Erogando quantità eccessive di questo credito, le banche gonfiano i prezzi delle attività fino a livelli insostenibili. Quando il credito inevitabilmente rallenta, i prezzi crollano. Gli speculatori arrivati tardi vanno in bancarotta e la quota dei prestiti in sofferenza nei bilanci delle banche aumenta, costringendo gli istituti a ridurre il credito. Basta un calo del 10 per cento degli attivi bancari per mandare all’aria l’intero sistema.”

debitoDunque, il problema non consisterebbe nella moltiplicazione del denaro creata dai sistemi bancari a riserva frazionaria, bensì in come il denaro derivante dall’espansione creditizia viene utilizzato. Se viene usato per comprare attività finanziarie o reali, genera bolle. Se, viceversa, viene utilizzato per la produzione di beni, il problema non si pone.

A ben vedere si tratta di una visione limitata e distorta degli effetti di un’espansione del credito. Che il denaro sia utilizzato per comprare attività finanziarie o per comprare fattori di produzione, la spinta al rialzo sui prezzi si genera comunque. Potrà avere dinamiche diverse su strumenti più liquidi come le attività finanziarie rispetto ad altri beni, ma non c’è motivo di credere che i meccanismi sottostanti non siano gli stessi. Va anche ricordato che se gli emittenti delle attività finanziarie sono società che producono beni o servizi, di fatto chi compra quei titoli è come se finanziasse quelle società con credito o capitale azionario, fornendo loro i mezzi per espandere la produzione.

Ciò nonostante, G&W ritengono che le autorità possano prendere provvedimenti per “evitare future crisi bancarie”: “Se hanno chiaro questo processo, le autorità possono prendere misure per evitare future crisi bancarie e risolvere in modo più efficace le recessioni. Per cominciare, dovrebbero limitare il credito bancario per transazioni che non contribuiscono al Pil. Inoltre, nel caso di crisi, le Banche centrali dovrebbero acquistare le attività in sofferenza dalle banche al loro valore nominale, risanando i bilanci degli istituti, in cambio dell’obbligo di sottoporsi a un monitoraggio del credito. Dato che non ci sarebbe nessuna iniezione di nuova moneta nel resto dell’economia, il processo, intrapreso dalla Fed nel 2008, non genererebbe inflazione.”

In sostanza, si dovrebbe aumentare la pianificazione centralizzata da parte della banche centrali, che evidentemente a parere degli autori sarebbero in grado di sapere chi finanziare, per quali importi, il tutto senza alterare i prezzi. Un obiettivo decisamente al di fuori della portata anche di un gruppo di persone onniscienti, che peraltro non esistono.

In definitiva, secondo G&W La creazione incontrollata di moneta da parte delle grandi banche private ha generato una colossale instabilità, minando alla base il principio fondamentale che vuole la creazione di moneta funzionale al bene pubblico. Non dev’essere per forza così. Introducendo misure di salvaguardia che facciano in modo che il credito assolva a finalità produttive, le autorità possono ottenere una crescita economica senza debito, stabile e sostenibile.”

Che la creazione di moneta debba essere “funzionale al bene pubblico” è un principio fondamentale a seconda dei punti di vista. La moneta è un mezzo di scambio, e come ogni altro bene dovrebbe essere scelto da chi lo utilizza e prodotto in concorrenza sul mercato. Non creato dal nulla in monopolio stabilito da uno Stato. E’ la creazione di moneta dal nulla in generale, non solo quella effettuata dalle banche private, a causare instabilità.

Ed effettivamente “non deve essere per forza così”. Ma il socialismo monetario proposto da G&W, ancorché animato (forse) da buone intenzioni, non migliorerebbe le cose. Anzi, renderebbe totalmente socialista un sistema che lo è già in gran parte. E il socialismo integrale non ha funzionato meglio di quello parziale.

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1 COMMENT

  1. Complimenti a Corsini, come sempre.
    Tra l’altro, il fatto che il copione teutonico sia ancora in giro a far danni dimostra – come se ce ne fosse bisogno! – che un altro statalismo NON è possibile.
    La latitudine c’entra poco.
    Questo fa il paio con certe robe che mi capitava di leggere anni fa, quando ancora sprecavo l’euro quotidiano per certi giornali liBBerali.
    Ebbene, dette “presstitute” volevano far credere ai lettori che i vizietti di alcuni maGGistrati nostrani all’estero non verrebbero tollerati. Insomma: in altri stati, i rivoluZZionari in toga finirebbero a spasso.
    Ora, anche questa mi sa tanto – chissà perchè?! – di cazzata!
    E proprio vero: ogni stato è paese…

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