“Il tema del fisco è molto serio e non si può affrontare con le caricature come in queste ore fa purtroppo il segretario del Pd nei confronti della sua minoranza interna. Meglio essere chiari. Per me se togli la tassa sulla prima casa anche ad un miliardario, come purtroppo abbiamo fatto, commetti un errore grave. Una scelta inutile perché non produce sviluppo ed iniqua perché finisce col dare di più a chi già ha di più. La stessa politica dei bonus non mi pare abbia prodotto grandissimi risultati. Più in generale ridurre le tasse ha un moltiplicatore di crescita 0,8 fare investimenti 2,5/3”. Negli ormai quotidiani bisticci tra Renzi e la minoranza del PD è entrato il tema delle tasse. Il presidente del Consiglio, indossando i panni del segretario del PD, ha cercato di ridicolizzare i suoi avversari interni sostenendo che sono contrari alla riduzione delle tasse.
Per inciso, Renzi non ha ridotto le tasse né in valore assoluto, né evitando di aumentare alcune aliquote. Quello che va sostenendo in materia di abbassamento delle tasse è pertanto in contrasto con la realtà dei fatti. Ma di questo mi sono occupato pochi giorni fa. Quanto affermato da colui che è considerato il leader della minoranza PD, Roberto Speranza, fa però emergere alcuni tipici argomenti socialisti, ancorché divulgati come se contenessero verità economiche.
In primo luogo, stabilire cosa è utile o inutile spetta a ogni singolo individuo. Né Speranza né altri possono oggettivamente stabilire per tutti quanti ciò che è soggettivo e inquantificabile. Quindi nel sostenere che l’abolizione per tutti della Tasi sulla prima casa sia inutile, Speranza non fa altro che esprimere un parere che non ha alcun valore scientifico.
In secondo luogo, quando si abolisce (o riduce) una tassa non si dà nulla a nessuno: semplicemente si evita di estorcere denaro (o se ne estorce di meno) a chi paga quella tassa. In merito alla supposta iniquità dell’abolizione della Tasi “anche ad un miliardario”, si tratta di un parere politico, in quanto tale soggettivo. Se per equità si intende trattare tutti allo stesso modo, credo che sia equo ridurre le tasse a tutti, non solo ad alcuni. Viceversa, non vedo equità, per esempio, nella tassazione progressiva, ancorché prevista dalla Costituzione (a dire il vero, non vedo equità nella tassazione in generale).
Ma il pezzo più allucinante è quello in cui Speranza si improvvisa economista keynesiano, contrapponendo la riduzione delle tasse agli investimenti pubblici e dando (in senso lato) i numeri in termini di moltiplicatore di crescita del Pil. Se quei numeri fossero veri o almeno verosimili, dovremmo tutti quanti vivere nella bambagia da decenni, dato che la tassazione è andata aumentando e lo Stato ha fatto l’imprenditore/investitore in modo diffuso. Ma le cose non stanno così, né in Italia, né altrove. Questi famosi “investimenti” hanno moltiplicato le fila dei consumatori di tasse e ridotto quelle dei pagatori di tasse, ai quali è toccato un conto via via più elevato. E ciò non è neppure bastato, dato che ovunque è stato accumulato debito pubblico.
Peraltro, se fosse tutto così conveniente, non crede Speranza che quegli “investimenti” li avrebbero fatti volontariamente i privati? Moltiplicatori a parte, resta il fatto che ridurre le tasse significa ridurre l’aggressione alla proprietà di chi le paga, e per questo dovrebbe sempre essere preferito a un aumento degli investimenti pubblici. Il problema è che le tasse calano solo nei battibecchi tra Renzi e i suoi compagni.