di FABRIZIO DAL COL
L’euro e le politiche di austerità, secondo quanto prevedevano i membri della commissione europea, avrebbero dovuto favorire quella crescita equilibrata in tutta Europa atta a costituire la Ue politica. Alla luce dei fatti così non è stato: le politiche della Ue si sono rivelate tutte sbagliate. La crisi finanziaria, e non economica come invece vogliono farci credere, ha allargato ancora di più le differenze tra gli stati membri dell’unione, e gli stessi sono stati costretti a rivedere completamente i loro modelli economici sociali e di welfare, causando così l’esplosione dei paesi periferici. Avanti così, come del resto aveva previsto il “monito degli economisti” pubblicato dal Financial Times il 23 settembre 2013, la fine della moneta unica porterà al fallimento del progetto di unificazione europea. E nonostante ciò, la Germania e i suoi Paesi satellite non sembrano avere alcuna intenzione di fermare il conto alla rovescia dell’euro (http://www.economiaepolitica.
L’Europa ha ormai accelerato la sua corsa verso una totale deflagrazione e, continuando con le attuali politiche, l’esplosione dell’euro diventa solo una questione di tempo ( persino Mario Draghi ha dichiarato che l’euro rischia ) e nessuno, nemmeno la Commissione Europea oggi potrà negare che il disastro non fosse stato ampiamente previsto. E’ sufficiente rileggersi Il monito degli economisti e la lettera dei trecento inviata ancora il 15 giugno 2010, per capire come seppero prevedere in anticipo di cinque anni quello che tutti noi stiamo vivendo oggi. I documenti linkati qui sopra, spiegano che senza una svolta coordinata ed espansiva sulle strategie fiscali e monetarie, di cui continuiamo invece a non vedere il minimo segno, l’eurozona non avrebbe mai potuto farcela, anzi, avrebbe acuito le differenze tra Paesi centrali e periferici e compromesso la tenuta dell’euro.
L’Europa invece, condizionata forse dall’ingombrante Germania, prese la strada dell’“austerità espansiva”, secondo cui l’austerity dei bilanci pubblici avrebbe garantito i mercati sulla solvibilità degli stati europei, favorito la riduzione dei tassi d’interesse e la ripresa economica. Tuttavia, il Fondo Monetario Internazionale poco tempo ha condannato l’ austerity ritendendola il motore della crisi e responsabile del tracollo sui redditi. Chi professava la “austerità espansiva” adesso comprende il disastro in atto, ma il danno ormai è già compiuto. Ma non è finita qui, la Ue continua a sbagliare ancora oggi e crede che i paesi in difficoltà risolveranno tutti i loro problemi con le riforme strutturali (cosa ci sia in realtà di strutturale nelle riforme non è dato sapere, tra l’altro, non sarebbero nemmeno applicabili ad ogni singolo Stato). Riforme, che io personalmente vedrei oggi inutili nel qual caso decidessero di costituire la Ue politica, mentre la Ue le ritiene fondamentali e necessarie a ridurre i costi, i prezzi, e a rilanciare l’economia. Questa tesi, a mio modo di vedere, non riuscirà nell’intento, anzi, sarà destinata a distruggere l’unità europea e Il monito degli economisti, qui sopra linkato, lo sostiene: “ le politiche deflattive praticate in Germania e altrove per accrescere l’avanzo commerciale hanno contribuito per anni, assieme ad altri fattori, all’accumulo di enormi squilibri nei rapporti di debito e credito tra i paesi della zona euro. Il riassorbimento di tali squilibri richiederebbe un’azione coordinata da parte di tutti i membri dell’Unione. Pensare che i soli paesi periferici debbano farsi carico del problema significa pretendere da questi una caduta dei salari e dei prezzi di tale portata da determinare un crollo ancora più accentuato dei redditi e una violenta deflazione da debiti, con il rischio concreto di nuove crisi bancarie e di una desertificazione produttiva di intere regioni europee”.
Continuando, il monito degli economisti accentua le sue deduzioni : “nel 1919 John Maynard Keynes contestò il Trattato di Versailles con parole lungimiranti: «Se diamo per scontata la convinzione che la Germania debba esser tenuta in miseria, i suoi figli rimanere nella fame e nell’indigenza […], se miriamo deliberatamente alla umiliazione dell’Europa centrale, oso farmi profeta, la vendetta non tarderà”. Sia pure a parti invertite, con i paesi periferici al tracollo e la Germania in posizione di relativo vantaggio, la crisi attuale presenta più di una analogia con quella tremenda fase storica, che creò i presupposti per l’ascesa del nazismo e la seconda guerra mondiale. Ma la memoria di quegli anni sembra persa: le autorità tedesche e gli altri governi europei stanno ripetendo errori speculari a quelli commessi allora. Questa miopia, in ultima istanza, è la causa principale delle ondate di irrazionalismo che stanno investendo l’Europa, dalle ingenue apologie del cambio flessibile quale panacea di ogni male fino ai più inquietanti sussulti di propagandismo ultranazionalista e xenofobo. Occorre esser consapevoli che proseguendo con le politiche di “austerità” e affidando il riequilibrio alle sole “riforme strutturali”, il destino dell’euro sarà segnato: l’esperienza della moneta unica si esaurirà, con ripercussioni sulla tenuta del mercato unico europeo. In assenza di condizioni per una riforma del sistema finanziario e della politica monetaria e fiscale che dia vita a un piano di rilancio degli investimenti pubblici e privati, contrasti le sperequazioni tra i redditi e tra i territori e risollevi l’occupazione nelle periferie dell’Unione, ai decisori politici non resterà altro che una scelta cruciale tra modalità alternative di uscita dall’euro.
Quante falsità! Continuare a parlare di “politiche espansive” contra “austerità” – come se fosse questo il problema – è, mi perdoni, la solita italianata. Il vero problema – chiamiamolo con il suo nome – è l’incapacità strutturale del Sud-Europa. Dopo aver massacrato le aree produttive del Paese-Italia per mantenere il sud (le xx-mila guardie forestali, i milioni di falsi invalidi e falsi pensionati, i mega-carrozzoni statali rimpinzati di meridionali amici di amici di amici e venditori di voti etc.) si spera di trovare qualche gonzo nord-europeo disposto a subentrare e rilevare l’onere di mantenere la marea di assistiti sud-europei. Altro che “politica espansiva” “investimenti” etc.: si tratta solo di trovare il modo di far pagare l’assistenza sociale a qualcun altro. E’ vero, l’Italia non ce la fa piú: la vecchia “mucca padana” non ha piú latte. Ma perché dovrebbero pagare tedeschi, olandesi, finlandesi etc. per i nostri “fratelli meridionali”? Vorrei ricordare che gli accordi sull’euro lo ESCLUDEVANO espressamente…
Un’ultima considerazione: se l’Italia è messa veramente cosí male, come fa a permettersi il lusso di andare a prendere centinaia di migliaia di disperati – con servizio di traghetto deluxe – direttamente sulle coste della Libia e portrarseli a casa, con tutti i costi che ne derivano: evidentemente i soldi ci sono. O no?
Vergognati