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Francia, rivolte, pensioni e democrazia

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di MATTEO CORSINI

In Francia si sta trascinando da mesi, ormai, la protesta contro la riforma che prevede l’innalzamento graduale dell’età pensionabile da 62 a 64 anni. Il tutto mentre in altri Paesi europei lo standard è già di 3-5 anni superiore. Ho già avuto modo di commentare l’assurdità della protesta da parte anche di chi si troverebbe a pagare il conto più salato del mantenimento dello status quo, ossia gli studenti universitari.

Più scontata, ma non meno opinabile, la reazione del sindacalista Laurent Berger, segretario di Cfdt, il primo sindacato di Francia. Una sorta di Landini transalpino, in pratica. Secondo Berger, la Francia vive “una grave crisi democratica”, dato che “la responsabilità, la saggezza, sarebbe stato di ascoltare la mobilitazione sociale ritirando la misura. Non è così.” Il tutto dopo un inconcludente confronto con la capa del governo Elisabeth Borne, che non intende fare marcia indietro.

Ora, io non sono un sostenitore della sacralità della democrazia, in quanto dittatura di una maggioranza relativa (spesso minoranza assoluta). Ma non credo proprio che ci sia nulla di antidemocratico nella riforma prospettata. E trovo puerile invocare la crisi della democrazia semplicemente perché non si ottiene ciò che si vuole.

Resta poi il fatto, più generale, che ogni sistema pensionistico a ripartizione è uno schema Ponzi ad adesione obbligatoria. Anche quando basato su un sistema interamente contributivo, purtroppo non è possibile non tenere conto della dinamica demografica nella fissazione dell’età minima di pensionamento, perché il conto a carico di chi versa contributi e, spesso, anche dei pagatori di tasse in generale, rischierebbe di esplodere.

Solo un sistema integralmente a capitalizzazione potrebbe consentire la massima flessibilità nell’età del pensionamento. A patto, però, di mettere in chiaro che nessuno avrebbe poi diritto a integrazioni a carico dei pagatori di tasse nel caso di assegni pensionistici da fame. Il che, per quanto condivisibile e conforme al principio di non aggressione, temo non sarebbe accettato tanto in Francia quanto da questa parte della Alpi, dove predominano l’intossicazione da stato sociale e l’illusione di poter campare in eterno alle spalle degli altri.

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