Gianfranco Miglio (1918-2001), preside dell’Università Cattolica di Milano dal 1959 al 1988 e senatore dal 1992 al 2001, è stato uno dei massimi scienziati della politica del nostro paese. Il grande giurista tedesco Carl Schmitt l’aveva definito “il maggior tecnico delle istituzioni e l’uomo più colto d’Europa”. Gli studi di Miglio, infatti, sono fondamentali per comprendere l’essenza e le origini delle idee di stato e di federalismo.
Egli stesso aveva favorito lo studio in Italia delle opere di Schmitt, proponendo negli anni Ottanta insieme ai suoi collaboratori del Gruppo di Milano una proposta di riforma costituzionale capace di rendere più efficiente il corrotto sistema partitocratico italiano, all’insegna del decisionismo schmittiano. Successivamente tuttavia il pensiero di Miglio, pur conservando la sua visione fortemente realistica della politica, subisce una profonda evoluzione grazie a una riflessione più approfondita sulla natura dello stato moderno.
I suoi studi lo portano a comprendere che lo stato è una creatura politica legata a una particolare fase storica, oggi in via di esaurimento. Lo stato moderno, sorto dalle ceneri delle isitituzioni medievali a seguito di un processo di forte concentrazione del potere, ha raggiunto il suo acme e la sua più completa realizzazione con i totalitarismi novecenteschi. Oggi però siamo entrati in una fase discendente della storia dello stato moderno. Gli aspetti negativi della concezione unitaria, sovrana e accentrata del potere appaiono sempre più evidenti in ogni parte del mondo, dove gli stati unitari e burocratici sono diventati macchine fiscali insaziabili, indebitate e fuori controllo, che consumano in maniera inesorabile le ricchezze prodotte dalla società. Per una sorta di legge gravitazionale del potere, nota Miglio, lo stato accentrato tende ad accrescere sempre di più le sue prerogative, occupando tutti gli spazi della società. Ciò che rende vano ogni tentativo di limitazione del potere statale è proprio la sua natura accentrata e gerarchica, basata su un rapporto verticale di comando e obbedienza nei confronti dei cittadini.
Miglio perde quindi ogni illusione riguardo la possibilità di migliorare la macchina statale lasciando intatta la sua struttura di fondo. Si rivolge quindi allo studio di quei sistemi politici alternativi, basati su logiche pattizie, contrattuali e decentralizzate, storicamente sconfitti dall’avanzata dello stato moderno. Il professore lombardo chiama queste esperienze, trascurate dalla quasi totalità degli studiosi obnubilati dallo stato moderno, “l’altra metà del cielo”. Il riferimento è alle città libere medievali, alla Lega Anseatica, alle Province Unite olandesi, ai cantoni svizzeri. L’Europa era ancora abbastanza ricca di queste realtà prima dell’era napoleonica, ma è stato solo con le unificazioni avvenute negli anni sessanta e settanta del diciannovesimo secolo in Italia, negli Stati Uniti, in Giappone e in Germania che lo stato nazionale moderno prende definitivamente il sopravvento nel mondo. I retaggi degli ordini istituzionali premoderni oggi sopravvivono solo nei microstati come il Liechtenstein o il Principato di Monaco e nella confederazione elvetica.
Miglio ricorda che in realtà lo stato moderno nasce dalla guerra e in vista della guerra. Lo stato si rivela infatti una micidiale macchina da combattimento, grazie alla sua accresciuta capacità di ammassare armi, eserciti e risorse finanziare con le imposte e la coscrizione obbligatoria. Il fine inconfessato delle unificazioni nazionali è stato spesso quello di accrescere le dimensioni e la potenza militare dello stato in vista di future guerre. Tutti e quattro gli stati sorti dalle centralizzazioni ottocentesche hanno infatti abbandonato ben presto l’isolazionismo per lanciarsi nelle conquiste coloniali e nell’interventismo delle due guerre mondiali. Oggi, dopo gli orrori del ‘900, la guerra è diventata il larga misura un tabù, ma non per questo gli stati hanno abbandonato il fine militare per cui erano sorti.
Oggi, infatti, gli stati moderni hanno sostituito la guerra interna alla guerra esterna, rivolgendo i metodi militari usati per soggiogare le popolazioni conquistate ai ceti produttivi interni al paese. Nei nostri attuali sistemi fiscali le imposte sulle classi private industriose hanno completamente sostuito i tributi che un tempo venivano imposti alle popolazioni vinte in guerra. Non sono però cambiati i metodi autoritari e coercitivi che lo stato usa per procurarsi le risorse, basati sull’aggressione verbale, l’intimidazione e l’uso diretto della forza da parte di corpi militari in divisa. in questo modo, spiega Miglio, si formano all’interno di ogni stato due gruppi sociali sulla base della loro capacità di accedere a questa macchina da preda: pagatori di tasse e consumatori di tasse, sfruttati e sfruttatori. La formazione di immense sacche di parassitismo politico è dunque un processo intrinseco alla logica del funzionamento dello stato moderno. Miglio ritiene che questi soprusi a danno di intere fasce produttive della società non siano più accettabili, e che in ogni caso, senza cambiamenti radicali, tutti gli attuali stati sono destinati al collasso economico e finanziario a causa dell’insostenibile carico fiscale necessario a coprire le spese e i debiti sempre crescenti.
Occorre dunque cambiare il sistema, rifiutare la logica autoritaria dello stato moderno, e adottare un sistema basato più sull’obbligo contrattuale che sull’obbligo politico. Il federalismo è la risposta che Miglio dà a questa sua ricerca. Si tratta di però di una forma nuova di federalismo, che non tende a unire più parti in una federazione come il federalismo classico, ma a disaggregare in più parti un’unità politica, allo scopo di gestire e valorizzare al meglio le diversità, e di rispettare i diritti degli individui e delle comunità. Il neofederalismo di Miglio, fortemente antistalista, finisce per assumere, soprattutto nelle sue ultime elaborazioni, una coloritura libertaria, quasi anarco-capitalista. Miglio infatti accoglie la possibilità di secessione di minime unità territoriali, e prende addirittura in considerazione l’ipotesi estrema della secessione individuale, pur ammettendo che su questo tema mancano studi e teorizzazioni.
La vena libertaria di Miglio è particolarmente evidente nel suo saggio Disobeddienza Civile (1993), raccolto insieme al classico testo di H. D. Thoreau. Miglio esorta alla disobbedienza fiscale nei confronti dell’ISI, l’Imposta Straordinaria sugli Immobili, e scrive che “i popoli meglio ordinati sono quelli che si permettono ogni tanto di ribellarsi”. Come ricorda Alessandro Vitale nella prefazione, questo di Miglio è un saggio dirompente, che gli valse una dura condanna del mondo politico, il silenzio dei media e una denuncia dell’allora ministro della Giustizia Martelli, che gli procurò un interrogatorio in Procura a Milano per “istigazione alla disobbedienza civile e allo sciopero fiscale”. Miglio ebbe però la soddisfazione di sapere che poco tempo dopo la Corte Costituzionale della Baviera aveva dichiarato incostituzionale l’imposta sulla prima casa con argomenti simili a quelli che aveva usato in questo saggio.
Il libro in cui l’approdo libertario di Miglio viene esposto nella maniera più completa è Federalismo e secessione. Un dialogo (1997), resoconto di un dialogo serrato con il costituzionalista di sinistra Augusto Barbera, difensore dello stato sociale unitario. E’ qui che Miglio parla in maniera esplicita di contrapposizione tra pagatori di tasse e consumatori di tasse, di sfruttamento fiscale, di secessionismo radicale.
Nel libro Padania, Italia (1997) Miglio dialoga invece polemicamente con l’intellettuale di destra Marcello Veneziani, che difende lo stato sociale e l’identità nazionale.
Ne L’asino di Buridano (1999) lo studioso comasco ripercorre la nascita dello stato italiano e spiega come deve essere realizzato un autentico federalismo. Queste riforme rappresentano a suo avviso l’ultima occasione che hanno gli italiani per cambiare il loro destino.
Le prime proposte di riforma in senso federalista di Miglio erano invece contenute nel libro Come cambiare. Le mie riforme (1992).
I suoi discorsi parlamentari più importanti degli anni 1992-1993 sono raccolti nel libro Discorsi parlamentari (2012).
Le lezioni dei suoi celebri corsi di scienza della politica sono ora state raccolte in due volumi: Lezioni di politica 1. Storia delle dottrine politiche (2011), che riunisce materiali raccolti negli anni accademici che vanno dal 1974 al 1976.; Lezioni di politica 2. Scienza della politica (2011), che costituisce la trascrizione di un intero anno di corso (1981-82).
Sulla vita e il pensiero di Miglio esistono due monografie. La prima, Gianfranco Miglio. Storia di un giacobino nordista (1993) di Giorgio Ferrari, scritta nei primi anni del suo impegno politico; la seconda, più recente, è Gianfranco Miglio. scienziato Impolitico (2006) di Giovanni Di Capua.
Per quanto riguarda gli studi monografici del suo pensiero, il libro Il pensiero federalista di Gianfraco Miglio: una lezione da ricordare (2010) raccoglie gli atti di un convegno sul suo pensiero federalista, con interventi di Luigi Marco Bassani, Massimo Cacciari, Ettore A. Albertoni, Lorenzo Ornaghi e altri studiosi.
La Rivista di Politica n. 3/2011 ha dedicato un intero numero alla figura di Miglio, con interventi di Alessandro Vitale, Alessandro Campi, Stefano B. Galli e numerosi altri.
Dare un volto al potere. Gianfranco Miglio tra scienza e politica (2012) di Davide G. Bianchi analizza invece i rapporti tra lo studio scientifico e l’impegno politico di Miglio.
*In collaborazione con la LIBRERIA DEL PONTE – BOLOGNA
“Oggi, infatti, gli stati moderni hanno sostituito la guerra interna alla guerra esterna, rivolgendo i metodi militari usati per soggiogare le popolazioni conquistate ai ceti produttivi interni al paese”. Il quadro è ora cambiato: la Storia che stiamo subendo ha avuto un’involuzione “evolutiva”: assicurata la concentrazione di potere mediante l’oppressione interna, che viene mantenuta con un’azione sostanzialmente persecutoria e continuativa (per certi versi, un po’ sul modello dell’URSS), la natura dello Stato moderno, fondata sulla guerra esterna o di conquista, s’è ridestata, non utilizzando più i metodi militari ma quelli, meno conosciuti e “posseduti” ma più efficaci e meno devastanti all’apparenza, della finanza globalizzata. La guerra finanziaria attualmente in corso, la prima guerra finanziaria mondiale, anche se misconosciuta, ne è una temporanea conferma. In attesa di nuovi inevitabili sviluppi, forse più atroci e che tuttavia incideranno pesantemente sulla struttura stessa degli Stati nazionali moderni, poco elastica e incapace di reggere tali tensioni.
In fondo, l’implosione dell’URSS e le sue cause, nulla hanno insegnato.
Ottimo commento.
C’è del vero in quello che dici, Giuseppe.
Pare ormai che gli stati abbiano “pacificato” i propri territori, vincendo la guerra “interna” contro i ceti produttivi. Le rivolte e le ribellioni fiscali, infatti, sembrano ormai rare e difficili (ma non è detta l’ultima parola. Non sappiamo quali sorprese potrà riservarci il futuro!).
Le entrate fiscali però non bastano agli stati. Ne cercano altre attraverso il monopolio monetario. Controllando l’emissione della moneta possono sottrarre denaro ai sudditi riducendo il potere d’acquisto dei salari.
Così facendo, attraverso le continue emissioni di denaro nell’economia, provocano anche squilibri nel sistema economico.
Ecco l’origine delle guerre e delle crisi finanziarie.
certo che avere il prof. Miglio nel movimento lega nord e fare di tutto per farlo andar via è cosa che ancora oggi non capisco.Era forse gelosia ? Verso un uomo più colto e capace. Era forse altro? Ma adesso voi che l’avete denigrato diteci ,perché?Caro Bossi tu per primo dicci cosa pensavi all’epoca,cosa pensi oggi ,anche se ora serve a poco.Il problema è che un altro Miglio non c’è .Oneto anni fa sul prato di Pontida distribuiva una foto di Miglio con sotto stampato uno dei suoi pensieri più conosciuti,l’ho ancora appesa nel mio ufficio affinché tutti quelli che entrano la vedano e leggano. Il prof. non è più con noi, ma il suo pensiero VIVE. GRAZIE MIGLIO.
La lega deve molto al prof.Miglio…..penso il 50% ….
Miglio il Grande diceva anche!
Le Facoltà umanistiche,sono Le Facoltà dei Cascia Ball,compreso la mia.
Io l’ho accompagnato per due mesi da Como a Linate,e,viceversa.
Di Bossi non aveva nessuna stima.
Sig. EUGENIO, che ne sa Lei di cosa penso di Bossi, se e per quali motivi condividevo le sue idee, se lo votavo o meno, se ho cambiato parere … che ne sa? Sono invece convinta che solo gli stupidi non cambino mai idee, giuste o sbagliate che siano. E io stupida non credo proprio di essere, scusi l’ardire…
Signora Carla 40
il suo grande leader Bossi che Lei ha sempre votato e difeso per poi abbandonarlo quando è caduto in disgrazia, disse che Gianfranco Miglio non era che una semplice scorreggia nello spazio.
Adesso non è più di quel parere??
Flit, non fare il pignolo. Il Prof. Miglio fu comunque UN PRESIDE, sia pure di UNA FACOLTA’ peraltro IMPORTANTE. Per i suoi estimatori conta il SUO PENSIERO. Il resto e’ contorno.
Credo che questo sia uno degli esempi (perciò esemplare) di quel che si deve fare per costruire un idem sentire che è ancora lontano dal formarsi e concretizzarsi, esempio prontamente messo in vetrina da questo splendido e generoso giornale/rivista. Vorrei adesso vedere un numero interessante di commenti, non necessariamente da parte di studiosi.
Grazie di cuore a Guglielmo Piombini per l’articolo sugli scritti del Prof, MIGLIO. Andro’ a rileggermi i libri citati con rinnovato interesse. “LO STATO ACCENTRATO TENDE AD ACCRESCERE SEMPRE PIU’ LE SUE PREROGATIVE OCCUPANDO TUTTI GLI SPAZI DELLA SOCIETA’ “. Interessante anche il capitolo che riguarda i METODI dello STATO PREDATORE DI TASSE. Senza voler essere blasfema, sono considerazioni da VANGELO CIVILE! Ancora grazie.
La ringrazio, Carla, per le parole d’apprezzamento.
Ottima ricostruzione caro Guglielmo. Sono sempre piu’ convinto che si dovrebbe procedere finalmente ad una edizione commentata degli Opera Omnia di Miglio, per cui mi metto gia’ da ora a disposizione, con un comitato scientifico che dovrebbe comprendere naturalmente Bassani, Vitale, Oneto e gli allievi veramente fedeli a cotale Maestro. Sarebbero importante anche la Tua presenza, e quella di Carlo Lottieri. Ne parliamo al mio ritorno in Venetia.
Miglio fu Preside della Facoltà di Scienze Politiche della “Cattolica”, non (Rettore !) di tutto l’Ateneo !!!
e pensare kuanto bistrattato è stato dal Boss Radioelettra, ladro e ciarlatano_imbroglione… kostruttore, in Gemonio, di “similmaniero” fatto koi ontributi pubblici e l’abitità sua di prestidigitatore_manolesta…
vi rikordate kosa diceva di lui e kome lo konsiderasse “nullità teorika” a konfronto kon le sue strategie d’alta politika di kondukator…
ed i leghisti ossekuiosi del Kapò !? … i maroni, tosi salvini e kombrikkola, sono sempre lì a kontinuare la stessa vile politikeria e ciarlataneria padanista …
ora dikono di apprezzarlo … kosa passata… ne possiamo parlare, tanto non konta + un kazzo all’interno del partito …
Caro Paolo, la tua mi sembra una buona idea. Troppo onore, però, mettermi fra cotanto senno.