Così parlò il Presidente della repubblica: “Nel semestre di presidenza dell’Ue il governo italiano, partendo dall’accurato lavoro preparatorio del governo precedente, ha potuto operare validamente e con maggior sicurezza per un nuovo corso delle politiche finanziarie e di bilancio dei 28, oltre i limiti divenuti soffocanti e controproducenti dell’austerità”. Pare che Giorgio Napolitano sia prossimo a lasciare la presidenza della Repubblica. Non sono tra coloro che ne sentiranno la mancanza, né che va in estasi (o quanto meno finge di andarci) ogni volta che questo signore apre bocca.
Da qualche tempo le opposizioni criticano Napolitano per essere un po’ troppo “protettivo” nei confronti di Renzi e del suo governo. A me la cosa interessa poco, anche se ritengo che quelle critiche non siano prive di fondamento.
Vorrei invece soffermarmi brevemente su una delle caratteristiche di Napolitano, ossia il cambiare idea a 180 gradi senza neppure sentire l’esigenza di spiegare il perché. Durante la sua millenaria storia politica ciò è capitato anche in circostanze tragiche (vedi alla voce “Ungheria 1956”), ma come ignorare la ferma opposizione dell’allora parlamentare del PCI alle prime ipotesi di moneta unica europea (anni Settanta). E questo solo per citare un paio di esempi.
Adesso che a va di moda essere contro l’austerità (solo perché ci sono più socialisti al Parlamento europeo), Napolitano ne evidenzia i “limiti divenuti soffocanti e controproducenti”. A parte il fatto che di austerità avrebbe senso parlare nel caso in cui le politiche fiscali restrittive fossero fatte solo o in prevalenza mediante tagli di spesa pubblica (e questo non è il caso dell’Italia), Napolitano sembra dimenticare che le mazzate fiscali più grandi degli ultimi anni le ha date il governo guidato da Mario Monti.
Il quale fu frettolosamente nominato senatore a vita da Napolitano e poco dopo chiamato alla guida del governo, giusto dopo aver gestito la defenestrazione di Berlusconi. Questo non è successo 30 anni fa, bensì 3 anni fa.
Ma va bene così: la coerenza in Italia non è mai stata considerata una virtù. In politica soprattutto.
La politica per lo stato.
I cittadini?
Un dettaglio trascurabile.
Ecco la sintesi di questa presidenza.