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Giornalismo da “Lampione”: rileggere Collodi, critico coi servi di regime

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di PIETRO AGRIESTI

Se fosse in vita, Carlo Lorenzini, alias Collodi, non impiegherebbe molto a mettere nel mirino i giornalisti nostrani, sempre più servi della narrazione politica, anziché osservatori e critici della realtà fattuale.

L’autore di “Pinocchio”, infatti, fu uno dei fondatori de “Il Lampione”, un quotidiano satirico fondato a Firenze insieme a Paolo Lorenzini (il fratello), Pilade Tosi e Alessandro Ademollo. La testata fu pubblicata per alcuni mesi tra il 1848 e il 1849 e successivamente, con varie interruzioni, dal 1860 al 1877.

A “Il Lampione” – forte della sua vena sarcastica e pungente – il Collodi appese non pochi personaggi a lui antipatici, soprattutto perché poco inclini all’unificazione italiana. Pubblicò numerosi articoli, per lo più non firmati, oggi da considerarsi “politicamente molto scorretti”, tra i quali spiccano molti pezzi anticomunisti ed antifemministi e, soprattutto, diede alle stampe «la serie di ritratti intitolata “fisiologie” in cui già con matura incisività satirica tratteggiava caratteri e tipi contemporanei, come quelli contrapposti del “codino” e del “crociato” (cioè il falso volontario): in essi più che “mazziniano sfegatato” (come lo definì Martini), manifestava tendenze repubblicane e democratiche in “modo indiretto”», ma pur sempre palesando le sue idee risorgimentali.

Quando ridiede vita alla sua creatura editoriale, dopo un lungo periodo di silenzio, nel 1861, il Lorenzini pubblicò su “Il Lampione” la commedia “Gli estremi si toccano” con il titolo “La coscienza e l’impiego”, «amara satira politica contro l’eterno trasformismo», sin da quei tempi una peculiarità dell’italico cittadino.

Insomma, dal “repubblicanesimo quarantottesco” al successivo e più maturo “lealismo annessionistico”, il Lampione – “Il giornale per tutti”, così si definiva sotto la testata – funse da diario di bordo del pensiero politico del Collodi.

Se tutti sanno che “Pinocchio” ha dato la stura a Collodi per porre all’attenzione del lettore diverse questioni morali, “il Lampione” ne fu l’anticipatore.

Autoritarismo, ricchezza e povertà, il disgusto per l’ipocrisia del sistema giudiziario, l’egoismo, la corruzione la menzogna sono solo alcuni degli argomenti che la fiaba del burattino di legno ha portato all’attenzione degli italiani e del mondo. Ma il saggio e moralizzatore “Grillo parlante”, che lo stesso Lorenzini forse riteneva di rappresentare, era già apparso ben prima del 1881, sotto le mentite spoglie di quel “Lampione” che, ancora oggi, non s’è definitivamente spento.

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