Nel dibattito riguardante l’intervento dello Stato per continuare a tenere artificialmente in vita tanto Alitalia quanto l’ex Ilva a spese dei pagatori di tasse, si parla da qualche giorno di ritorno dell’Iri. Tra chi si dice favorevole, la precisazione canonica è che dovrebbe trattarsi di interventi esenti da ingerenze della politica nella gestione delle imprese; presupposto abbastanza inverosimile e che contraddice le stesse motivazioni per cui si stanno ipotizzando gli interventi stessi.
Poi capita anche di leggere affermazioni bizzarre. Per esempio quella di Giulio Sapelli, il quale, sostenendo che “non c’è bisogno di rifare l’Iri ma sono state dette molte menzogne sull’Istituto per la Ricostruzione Industriale, una campagna propagandistica con cui è stata liquidata quale fenomeno di corruzione e mala-gestione”, aggiunge che in Italia siamo “ordoliberisti”.
Il che secondo Sapelli è una sciagura che ci accomunerebbe ai tedeschi. I quali effettivamente lo sono stati e in parte lo sono ancora oggi, non apprezzando il deficit di bilancio come via alla prosperità, e non credendo che una banca centrale che fa andare fuori giri la stampante monetaria faccia un buon servizio ai cittadini.
Ora, su cosa Sapelli basi il suo convincimento che in Italia vi sia pratica di ordoliberismo francamente mi sfugge. Tutto il deficit che i governi italiani, di qualsiasi colore politico, non hanno fatto nell’ultimo quarto di secolo, lo si deve solo all’impossibilità di farlo, per vincoli esterni o di mercato. Non alla preferenza per il bilancio in pareggio.
Al contrario, se domani il Trattato Ue fosse modificato consentendo di fare deficit per 10 punti di Pil all’anno, i governi italiani andrebbero a mendicare alla Commissione europea la “flessibilità” per farne di più. Altro che ordoliberismo.
Ordostatalismo.