di GIORGIO CALABRESI
Gli italiani stringono la cinghia e gli 80 euro al mese arrivati a una fetta di loro per volontà di Matteo Renzi non sembrano aver cambiato nulla, anzi, mangiati dalle tasse e dall’aumento delle tariffe. A parità di budget (circa 461 euro) destinato al carrello della spesa, il 65% delle famiglie italiane, rileva l’Istat, hanno ridotto la qualità o la quantità del cibo, con gli acquisti di carne in calo 3,2%, una diminuzione significativa nei numeri e nelle evocazioni dei tempi di crisi. Spirale depressiva più che percepita da oltre 8 italiani su 10 (81%) che, rileva Coldiretti, non buttano più il cibo scaduto, con una percentuale che è aumentata del 18% dall’inizio del 2014, secondo quanto emerge dal rapporto 2014 di Waste watcher knowledge for Expo.
Sottolinea Coldiretti che «nel 2014 si è toccato il fondo con un crollo record del 2% della spesa alimentare nel primo bimestre del 2014 rispetto all’anno precedente. Nei due primi mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2013 sono infatti cresciute le famiglie che hanno detto addio alla pasta (-5%), all’extravergine (-4%), al pesce (-7%), alla verdura fresca (-4%)».
La Copagri guarda in particolare ai dati dei consumi del Mezzogiorno dove il 77% delle famiglie sono alle strette. «La riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, per quanto lieve, è senza dubbio alla base di questo negativo quadro – commenta la Copagri – e dopo un mese di applicazione delle prime misure per la riduzione della pressione fiscale, il cosiddetto bonus in busta paga di 80 euro, i risultati sono stati per niente o quasi incisivi. Nei prossimi mesi è evidente la necessità di rafforzare la diminuzione delle tasse e di indirizzarla verso una più ampia parte di popolazione» auspica la Copagri.
«Trasporti ed energia pesano più del cibo sul carrello della spesa; le bollette record di luce e gas e il pieno di benzina più caro d’Europa hanno costretto i consumatori a togliere soldi da beni primari come carne, pasta, pane e latte e destinarli altrove» fa notare la Cia-Confederazione italiana agricoltori che evidenzia il cambio di abitudini degli italiani, col ricorso sempre più frequente agli hard-discount (+17% sul 2012). Per risalire la china Confeuro propone «un piano di rilancio che metta al centro il comparto agricolo», «unico settore in grado di cominciare una nuova fase che non ripercorra gli errori passati e capace di impostare una crescita rispettosa dell’ambiente e di quei valori umani che dovranno essere alla base del prossimo futuro».
L’italia non è risanabile. Per assurdo pensiamo che esista un governo che finalmente ammetta che la causa della crisi ventennale è l’eccesso di spesa pubblica, spesa sprecona ed inutile il più delle volte, e decida di dimezzare la spesa e con essa la pressione fiscale. Teoricamente la diminuzione della pressione fiscale del 50% darebbe più potere d’acquisto alle famiglie, consentirebbe alle imprese di ridurre i prezzi, si genererebbe un volano per cui le bollette diminuirebbero ed anche il costo del lavoro con addirittura aumenti del netto in busta. Teoricamente sarebbe la ripartenza dell’economia, misure per tagliare drasticamente la burocrazia, la selva di leggi incomprensibili ed in contrasto tra loro, l’incertezza normativa, le lungaggini giudiziarie attirerebbero investimenti esteri. La ripartenza dell’economia assicurerebbe la diminuzione della disoccupazione e l’assunzione nel settore privati dei dipendenti pubblici licenziati per i tagli alla spesa.
Ebbene non è così: il taglio della pressione fiscale non genererebbe immediati consumi (che tra l’altro rischiano di aumentare il Pil di Stati esteri, visto che ormai viene tutto prodotto fuori dall’italia….), la gente prima pagherebbe i debiti, poi ricomincerebbe a risparmiare (e questi soldi sarebbero usati dalle banche non per sostenere l’economia con i prestiti ma per comperare titoli di Stato…) ed infine e solo infine, dopo parecchi mesi, vedendo una situazione stabile, ricomincerebbero a spendere. Il differenziale temporale tra il taglio della spesa pubblica e la ripartenza dell’economia (teorica visto come si comporteranno le banche e il fatto che ormai importiamo tutto) fa si che chi sarà colpito dal taglio della spesa (dipendenti pubblici, alcune categorie di pensionati, ecc) voterà (in italia si vota sempre…) qualche Cetto La qualunque che vanificherà ogni misura logica di risanamento.
Visto che l’italia non è risanabile e visto che l’economia italiana è statalizzata e sopravvive solo con lo spoglio sistematico delle risorse padane, l’unica soluzione è l’indipendenza. Subito e prima che il deserto economico distrugga quel poco di economia nostrana ancora in piedi.
Un atto dal contenuto e dalla forma semplicemente miserabili.
Roba da sudditi.