di EUGENIO CAPOZZI
Anni fa rimanevo allibito davanti agli “allerta meteo” decretati a ogni acquazzone o folata di vento dai Comuni, con conseguenti vacanze a scuola per tutti gli studenti. Deprecavo l’assurda pretesa della pubblica protezione da ogni rischio atmosferico come totale deresponsabilizzazione degli individui e ulteriore contributo alla analfabetizzazione delle giovani generazioni.
Quanto ero ingenuo! Non sapevo ancora che di lì a poco con la scusa della protezione della salute pubblica da un virus para-influenzale dipinto come la peste lo Stato avrebbe impedito alla gente di passeggiare per strada, di fare jogging, di andare al bar e al ristorante, di andare a Messa; avrebbe preteso di stabilire quali e quanti ospiti si potevano ricevere nella propria casa, con quante persone si potesse andare in auto; avrebbe privato i bambini dei giochi all’aperto, i ragazzi di scuola, sport, cultura; avrebbe impedito la libera circolazione dei cittadini sul territorio nazionale; avrebbe privato della dignità civile e del lavoro chi non avesse accettato di sottoporsi a terapie sperimentali prive di alcuna prova di efficacia nell’impedire la propagazione del virus suddetto; e altri simili deliri autoritari. E soprattutto ignoravo che abusi inauditi del genere sarebbero stati accettati, bene o male, con rassegnazione o addirittura con sollievo, da gran parte della popolazione.
Ora, alla luce di quella esperienza allucinante che ha fatto cadere ai miei occhi ogni residua fiducia nella affidabilità delle classi dirigenti e nella razionalità della società “civile”, non provo più alcuna sorpresa davanti all’ennesimo “allerta meteo” per una giornata di normalissima pioggia autunnale, e nemmeno davanti a come un giorno del genere è stato vissuto da una popolazione della mia città ormai chiaramente priva di ogni slancio vitale, ridotta a non vivere per rimanere (biologicamente) viva: non solo ragazzi in vacanza “metereologica” dalla scuola, ma neanche in giro a perdere sanamente il loro tempo migliore; strade deserte tanto da ricordare l’epoca funesta dei lockdown; università vuota di studenti; semivuote persino palestre e piscine.
Gli allerta meteo erano – all’epoca non lo sapevo – l’avanguardia del regime tecno-bio-securitario. Ora, dopo la sanitocrazia pandemica, l’idea del potere che deve assicurare una protezione totale della “nuda vita” ai suoi sudditi, in cambio della loro obbedienza alle sue folli, inutili “regole” e della loro docile disponibilità a sottomettersi a un controllo totale, si è pacificamente affermata, e viene considerata dai più come qualcosa di scontato.