de IL POLENTONE
Per giorni la stampa ha ripetuto che la Lega si sarebbe trasformata in Lega Italia e che Radio Padania sarebbe stata chiusa. L’altro giorno Salvini è andato in radio e ha chiarito che non è vera né l’una né l’altra notizia. Sollievo generale! Per contorno c’è stata una ripresa di indipendentismo e di secessionismo sia nelle trasmissioni che nelle prese di posizione soprattutto da parte dei Giovani Padani. Conforto e speranza!
Contro questo clima di ritorno all’indipendentismo (sincero ma forse anche un po’ furbesco) si erge come roccia fra i flutti uno dei conduttori di RPL, l’ultimo difensore del bossismo d’antan, il giapponese nell’atollo di Gemonio. Nella sua seguitissima trasmissione del sabato mattina Giuliano l’Aprostata ha con maschio vigore distribuito tre certezze: i padani non possono essere indipendentisti perché il 70% di loro ha parenti e interessi in Meridione; tutte o quasi le 
secessioni sono avvenute a seguito di violenze e di guerre; se vogliono l’indipendenza i padani devono essere pronti a sacrificare i propri averi e la propria vita. Soc! In poche battute Giuliano l’Aprostata ha liquidato autodeterminazione, referendum, Miglio e Gandhi, la volontà popolare e la verità storica di almeno 19 delle 25 “secessioni” europee del Novecento avvenute in maniera civile.
Ha evocato sangue e tragedie. Probabilmente al primo articolo dello Statuto leghista che parla chiaramente di indipendenza da ottenersi con metodi pacifici e democratici il nostro vorrebbe sostituire le “eterne parole” dell’eroe greco Marco Botzanis: «Un paese non ispezza le sue catene senza l’abnegazione ed il sangue di molti dei suoi figli». Non sarebbe neppure originale perché la massima patriottico-ematica era già stata inclusa nello Statuto dell’Esperia, la società segreta dei fratelli Bandiera, l’icona omofila, ambigua e sfigata del Risorgimento. Si preparino tutti gli aspiranti kamikaze padani…
non sa di cosa parla…