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Google osteggiata dall’antitrust, ma la concorrenza perfetta non esiste!

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google_labsdi GERARDO COCO

Contro l’Antitrust – L’Unione europea ha avviato un’inchiesta Antitrust su Google accusandola di avere il monopolio della ricerca online e di danneggiare i consumatori limitandone la libertà di scelta. L’accusa di abuso di posizione dominante prevede multe fino al 10% del fatturato, cioè miliardi di dollari. Spiegheremo perché l’Antitrust è una legge contro il progresso industriale e contro il consumatore.

Origine dell’Antitrust – La più antica legge per limitare monopoli e cartelli è lo Sherman Act del 1890 e una delle sue prime e famose applicazioni fu quella relativa alla fusione di due linee ferroviarie, la Great Northern e la Northern Pacific all’inizio del ‘900. Secondo il governo americano, la fusione, finalizzata ad economie di scala, riduzioni di prezzo e conseguenti aumenti di quote di mercato, avrebbe monopolizzato il commercio su rotaia riducendo la concorrenza al 26%. In tribunale, il giudice Oliver Wendell Holmes, Jr. respinse l’accusa del governo (The Holmes Dissent) sostenendo che se la legge fosse stata applicata a questo caso, avrebbe dovuto applicarsi anche a un’ipotetica partnership che avesse fatto conseguire a due droghieri il 74% del commercio di quartiere. Per Holmes il concetto di posizione dominante, vago e indeterminato, avrebbe reso illegale qualsiasi forma di associazione volontaria finalizzata a razionalizzare l’attività economica. Holmes liquidò la legge antitrust come distruttiva di uno dei principi fondanti della società: la libertà contrattuale. Sfortunatamente l’appena eletto presidente americano progressista Theodor Roosevelt che aveva basato la sua campagna elettorale sulla difesa del consumatore contro lo strapotere dei businessman, ordinò la Corte Suprema di sciogliere la nuova società ferroviaria. Ma la sentenza non beneficiò gli utenti: i prezzi del trasporti invece di scendere, salirono. Da quel momento si sviluppò il lobbying sistematico, ossia la pressione sui governi per eliminare, in ogni settore e legalmente, la concorrenza efficiente. L’incredibile ondata di condanne antitrust che ne seguì fu una delle piaghe della Grande Depressione.

Il fondamento ideologico dell’Antitrust – La  radice culturale dell’antitrust è la dottrina della «concorrenza pura e perfetta», quella forma di mercato ideale caratterizzata da un alto numero di venditori e compratori, dall’omogeneità dei prodotti, dall’impossibilità di influire sulla determinazione del prezzo e dall’indifferenza del compratori circa i venditori. Tale situazione è definita dagli economisti «equilibrio del mercato». Il più famoso economista postkeynesiano del ‘900, Paul Samuelson scrive: «Il modello di concorrenza perfetta è la pietra di paragone di un sistema economico efficiente. Senza le sue regole verrebbe meno quella mano invisibile che fa funzionare il libero mercato nella direzione di una migliore soddisfazione del consumatore». Ma, come osservò Frederick Hayek, la concorrenza pura perfetta è proprio l’opposto del libero mercato che è un processo dinamico in perenne disequilibrio. Nella concorrenza perfetta ogni prodotto si trasforma in commodity, cioè in prodotto indifferenziato, i consumatori vengono privati della scelta, e gli imprenditori diventano supervisori di costi con una remunerazione che non si distingue, nella qualità, da quella degli altri salariati. Il profitto, infatti, in condizioni di equilibrio, tende allo zero. Ma questa è proprio la situazione ideale auspicata dai detrattori del libero mercato che tollerano il profitto a patto di intervenire poi con qualche meccanismo per livellarlo. Questo meccanismo è proprio la concorrenza perfetta che, non esistendo nel mercato spontaneo, può solo essere imposta coercitivamente con l’Antitrust diventata l’espressione di una filosofia sociale e simbolo politico di estrema efficacia nell’alimentare la cultura antimercato e antiprofitto. Per l’organizzazione burocratica, gli imprenditori di successo sono un pericolo potenziale da prevenire, appunto, con questo tipo di «legislazione sociale» per ridistribuire quote di mercato considerate eccessive e promuovere l’uguaglianza fra gli operatori del mercato.

monti-gatesLa vera concorrenza è sempre monopolistica – La concorrenza perfetta nella realtà non può esistere in quanto ogni qualvolta un imprenditore lancia un prodotto di successo, acquisisce ipso facto il 100% del mercato diventando monopolista. Quando Matthew Boulton e James Watt si associarono per vendere la prima macchina a vapore acquisirono una posizione monopolistica. Henry Ford, quando lanciò il primo modello. King Camp Gillette, quando realizzò il primo rasoio di sicurezza. Thomas Law, quando inventò la prima fotocopiatrice che commercializzò attraverso la fusione tra  Xerox e Rank. Bill Gates, con Microsoft eliminò il monopolio di IBM.  Steve Jobs lo acquisì nei personal computer. Google nei motori di ricerca. La storia di tutti i prodotti e servizi industriali che hanno migliorato la qualità della vita è una storia di monopoli naturali, ossia di talenti imprenditoriali. Il monopolio naturale è un fenomeno transitorio perché i profitti settoriali attirano altri imprenditori che con nuove innovazioni espugnano il monopolio esistente. L’economista Joseph Schumpeter chiamò questo processo «distruzione creativa». E il mercato stesso a eliminare i monopoli e la regolazione dei governi è solo inutile e dannosa perché promuove il ristagno nei mercati. Inoltre la concorrenza non ha affatto bisogno di avere un elevato numero di concorrenti, anzi, l’atomizzazione delle imprese si rivela svantaggiosa quando lo sviluppo dei prodotti richiede investimenti colossali che possono essere recuperati solo con una grande quota di mercato. Quanto grande? Non è certo un comitato di burocrati a deciderlo, ma il consumatore, l’unica autorità autorizzata a stabilirle. Ciò che nei libri di testo è definito come «oligopolio» è concorrenza monopolistica, la forma autentica di concorrenza. Il famoso trio oligopolistico, GM, Ford, Chrysler, produceva auto differenziate per soddisfare esigenze differenziate a prezzi differenziati. Così come è oligopolistico il mercato dei corn flakes. Ma in ultima analisi è sempre il punto di vista del consumatore a prevalere, non quello di chi produce. Recentemente, Apple ha venduto in un solo giorno più smart whatches di quanto la concorrenza ne ha venduto in un anno. I consumatori hanno, per il momento, assegnato ad Apple il monopolio nel mercato dei dispositivi mobili ma saranno anche loro a revocarlo. Apple, come Google, non controlla assolutamente nulla. Sono i consumatori a scegliere di comprare Apple o servirsi di Google. Nessuno li forza a farlo. L’antitrust vorrebbe instillare la fede che è sono i governi a decidere quali e quante imprese devono soddisfare i consumatori.

Dalla parte di Google – In verità all’Antitrust non interessa affatto difendere i consumatori ma affermare il controllo politico e burocratico sull’economia. L’accusa che oggi muove a Google è la stessa che ieri muoveva a Microsoft: essere too big. Google controlla più del 90% del mercato del search advertising e tanto basta. Non è un caso che le aziende colpite siano sempre quelle più innovative e a più alto tasso di sviluppo e che l’azione antitrust si sia intensificata con lo sviluppo dell’economia digitale. Questo settore esprime, infatti, come mai nessun altro nella storia, la quintessenza della libertà di mercato detestata dai burocrati. Internet, Rete e Google sono il libero mercato: tutto ciò che rappresenta circolazione di idee, apertura, sperimentazione, creatività, sviluppo tecnologico, diminuzione dei prezzi, soddisfazione dei consumatori. Google è diventata una parte irrinunciabile della nostra vita e se la politica digitale europea volesse contrastarne veramente il monopolio, dovrebbe disfarsi dell’antitrust e spingere le imprese a combattere l’avversario con l’innovazione e non appellarsi a un tribunale per schivare il rischio d’impresa. Ma l’Europa fa l’esatto contrario: intensifica l’inquisizione per far fiorire più concorrenza perfetta, ossia tutte le possibili imitazioni di Google, più mediocrità e sempre meno soddisfazione per gli utenti, meno imprenditorialità e, in ultima analisi, meno sviluppo. L’antitrust è una delle peggiori leggi esistenti, arbitraria e immorale, un sistema demagogico che incoraggia il lobbismo di operatori inefficienti per distruggere quelli di valore. L’Antitrust è purtroppo un settore chiave dell’Europa regolatrice e non può non incentivare funzionari mediocri a guadagnare in fretta visibilità e prestigio facendosi paladini dei consumatori attraverso la jihad contro i talenti imprenditoriali. E per questo è tanto più ignobile.

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