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Homo radicalizatus! La nuova de-responsabilizzazione del politicamente corretto

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di PAOLO L. BERNARDINI

Negli ultimi giorni abbiamo assistito a due episodi di violenza collegati entrambi all’estremismo islamico. Nel Regno Unito, un MP di lunghissimo corso, uomo rispettato ed amato dal suo collegio, Sir David Amess, è stato pugnalato a Leigh-on-Sea, nell’Essex, nel suo collegio, mentre come di norma parlava con i suoi elettori, tradizione quasi sacra, ma pericolosa, in terra albionica. In Norvegia, pochi giorni prima, un uomo aveva ucciso con arco e frecce cinque persone, e ferito altre due. Ora, entrambi gli assassini avevano a che fare con l’Islam. Espen Andersen Brathen (37 anni), quello che ha agito in Norvegia, aveva annunciato in inglese e in un video postato nel 2017 su Facebook la sua conversione all’Islam. Mentre legato all’Islam è anche Ali Harbi Ali, il 25enne di origine somala che ha ucciso Sir David, pianificando con cura la cosa.

Ora, nella stampa nazionale e soprattutto internazionale si parla di loro come “radicalizzati”. Ecco la nuova locuzione: “E’ stato radicalizzato”. Nascerà la nuova categoria, lo “Homo radicalizatus”, dopo l’uomo di Neanderthal, lo “Homo Sapiens” di Linneo, lo “Homo Europaeus” e ora con Harari lo “Homo Deus”, immortale fruitore epicureo delle gioie di questo e di altri mondi, auspicabilmente, quando magari all’età di 558 anni si sarà stufato di quello, che pure è molto, che il nostro povero pianeta può offrire. Ma a questa categoria divina non appartenevano si vede il politico conservatore inglese – uomo che tutti rimpiangono, cattolico, anti-abortista, pro-Brexit, padre di cinque figli, devoto al suo collegio e alle sorti del suo paese – e neanche i cinque poveretti che ignari dei giochi del destino sono stati trafitti da una freccia di carbonio che li portati diretti all’altro mondo.

“Radicalizzato”, cosa vuol dire? Significa che qualcuno, o qualcosa, ha trasformato un individuo, prima “normale”, in un assassino? E questo vien detto per scusare il poveretto, entità terribili lo hanno “radicalizzato” e dunque non era più lo stesso di prima…? E questi mostri “radicalizzatori”, queste bestie che vanno in giro nel mondo virtuale e in quello reale a radicalizzare questo o quest’altro, non sono vittime essere stesse di una “proto-radicalizzazione” la cui colpa non si sa bene a chi ascrivere? Insomma, alla fine non deve pagare nessuno, per tanto sangue?

Ora, se mi mettessi ad andare in giro con la mia balestra per Moneglia, magari con su la maglietta con scritto “Radicalizzato!”; ad ammazzare poveretti, non mi scuserebbero forse nei tribunali? Poverino, è stato radicalizzato… Magari al Tribunale di Genova lo direbbero anche in genovese, “poviou figieu, u l’an radicalisou…”!

Esistevano gli “sradicati”, fa figo dirlo in francese, “déraciné”, che ora è parola di moda in quanto così si chiama un famoso videogioco; ma anche i “radicati”… ”E’ radicato nel suo paese, non si muove da lì”. Ma ora ci sono i temibili “radicalizzati”. Che hanno perso – o piuttosto non lo hanno mai avuto – il libero arbitrio. E quindi andranno “de-radicalizzati”, insomma curati. “Non è colpa loro”. Quindi in qualche modo quando leggiamo che un assassino a sangue freddo che tira con l’arco supertecnologico frecce mortali, e uccide cinque poveretti, è un “radicalizzato”, vien da pensare a scusarlo, in qualche modo. A me no, perché sinceramente, “radicalizzato” o meno, lo metterei sul patibolo. Probabilmente tanto contente non saranno neanche le cinque figlie di Amess e i parenti tutti dei novelli San Sebastiano trafitti in Norvegia, e sinceramente se mi vedessi un dardo mortale trapassarmi il petto, non sarei tanto sollevato dal fatto che a scagliarlo sia stato un “radicalizzato”.

Ma la sottile operazione di delegittimazione morale che la stampa, di tutto il mondo, ripeto, fa, usando il termine “radicalizzato”, pari all’azione di intaccamento della nozione e dell’esistenza del libero arbitrio che essa parallelamente compie, è quantomeno preoccupante.

Questa sottile variante del termine “plagio” è veramente inquietante, perché in qualche modo sottoscrive all’idea originaria del “plagio” stesso, che qualcuno possa “plagiare” un altro, fino a spingerlo ad uccidere. Abbiamo abbastanza anticorpi morali per evitare che qualcuno ci “radicalizzi”. Radicalizzare non è ipnotizzare.

Siamo davanti a due volgari assassini vigliacchi e così è.

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