La sezione Norme e Tributi del Sole 24Ore contiene spesso notizie che certificano (anche se ormai non ve n’è più bisogno) l’insaziabilità di uno Stato predone come quello italiano.
Per esempio, la corte di Cassazione ha recentemente stabilito che se un’impresa pone su una gru di sua proprietà un cartello riportante a caratteri cubitali il nome della ditta, deve pagare l’imposta sulla pubblicità.
Il tutto perché è soggetto passivo d’imposta “colui che appone a qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti obiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti il nome e l’attività di una impresa”.
Dato che il cartello risulta ben visibile a tutti coloro che passano nei pressi della gru, il balzello va quindi pagato, perché la norma (l’articolo 5 del Dlgs 507/1993) “intende assoggettare ad imposizione il messaggio pubblicitario attuato attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, in quanto espressivo di capacità contributiva, tutte le volte in cui l’uso del segno distintivo dell’impresa o del prodotto travalica la mera finalità distintiva che è quella di consentire al consumatore di riconoscere i prodotti o servizi offerti sul mercato dagli altri operatori”.
Ora, come si possa oggettivamente stabilire quando sia travalicata la “mera finalità distintiva” a me sfugge. Così come mi sfugge l’espressione automatica di capacità contributiva attribuita al cartello col nome della ditta apposto su una gru, soprattutto quando un cantiere è fermo perché il committente ha carenza di risorse per pagare i fornitori, proprietario della gru incluso.
Ma credo sia inutile stare a ragionare su qualcosa che di ragionevole non ha nulla. Quanto aveva ragione Lysander Spooner nel ritenere migliore il brigante di strada rispetto allo Stato…