di PIETRO AGRIESTI
Non abbiamo bisogno di nuove regolamentazioni su Facebook o Twitter, più “democratiche”, più rivolte al “bene comune” o “all’interesse generale”, che poi finisce che le regolamentazioni sono scritte insieme a Facebook, fungono da barriere contro la concorrenza a Facebook, e fanno di Facebook un veicolo di censura e di propaganda da parte dello Stato e della politica, al sostegno della loro prossima guerra, della loro prossima massiccia soppressione di diritti individuali, della loro prossima svolta autoritaria e della loro prossima serie di misure economicamente devastanti; abbiamo bisogno di libero mercato e di libertà per tutti, dovunque, in ogni contesto, senza se e senza ma. (VEDI QUI)
Libertà a 360° per i risparmiatori, gli investitori, gli imprenditori, i concorrenti, i lavoratori, i consumatori e quant’altri.
I social dovrebbero essere imprese private, prive di interferenze politiche, in un mercato libero e competitivo. Non devono essere una “piazza pubblica”, né essere “democratici”, né diventare “un diritto” e vedere la propria gestione, le proprie regole sulla moderazione e le proprie scelte espropriate e decise dalla collettività, dalla politica, dalla burocrazia, dall’Europa o dalle agenzie di sicurezza americane.
Per fortuna negli ultimi anni, dopo un primo momento in cui hanno goduto del vantaggio dei pionieri, il mercato si è fatto sempre più vivace e la concorrenza sta montando, nonostante l’opposizione di una politica dirigista che vorrebbe mantenere il settore in mano a pochi gradi attori immanicati.
È così semplice, è una questione di proprietà: ognuno a casa sua fa entrare e non entrare chi gli pare, e così pure nel suo negozio. Così Facebook nel suo negozio. Chi non gradisce (e sono sempre di più) cambia negozio.
È esattamente così. Ma non ci possono essere libera informazione, libera stampa, liberi social, liberi motori di ricerca, liberi servizi finanziari, etc.. finché il dirigismo non farà un passo indietro, e non ci sarà una situazione di libero mercato e libera concorrenza. Invece abbiamo politiche monetarie anti risparmio, tassazione da rapina, investimenti pubblici crescenti, incentivi e disincentivi statali, una infinita e sempre crescente regolamentazione, una spinta a uniformare sistemi fiscali, tasse e burocrazie a livello internazionale, governi sempre più dirigisti e corporativi, etc.. però oggi io vedo una reazione, soprattutto ancora fuori Italia, facilitata da nuove tecnologie e nuove iniziative imprenditoriali che le sfruttano, spesso mosse da questa consapevolezza: non si tratta solo di fare soldi, cosa buona e giusta, ma di difendere valori di libertà oggi sempre più minacciati anche in occidente. Speriamo che questa consapevolezza porti a riscoprire il senso e l’importanza della proprietà privata
In cosa consiste, dottor Agriesti, questa reazione? Bitcoin? La giudico utile, importante, produttiva, doverosa e fattibile; ma non può essere l’unica. Ci sono altre forme reattive che Lei potrebbe descriverci?
Alessandro, non sono dottore e non ne so più degli altri, ma sicuramente Bitcoin è un buon esempio.
Un altro è Substack. Da Wikipedia:
“Substack è una piattaforma online americana che fornisce infrastrutture di pubblicazione, pagamento, analisi e design per newsletter in abbonamento. Fondata nel 2017, Substack ha sede a San Francisco.
Substack è stata fondata nel 2017 da Chris Best, cofondatore di Kik Messenger, Jairaj Sethi, uno sviluppatore, e Hamish McKenzie, ex reporter tecnologico di PandoDaily.”
Questa è la piattaforma su cui sono atterrati numerosi indesiderati altrove e molti indipendenti, di cui diversi tradotti anche sul Miglio..
come Greenwald, quando si è licenziato da The Intercept in polemica perché non gli facevano scrivere quel che voleva dello scandalo Hunter Biden,
Bari Weiss che si è licenziata dal New York Times in polemica col clima troppo woke in redazione,
Matt Taibbi dopo aver a lungo lavorato a Rolling Stones
Caitlin Johnstone, Michael Shellenberger, etc..
è anche la piattaforma che ha ospitato gran parte delle voci e delle pubblicazioni dissidenti sul covid senza deplatformarle, demonetizzarle, etc.. da cui anche noi abbiamo spesso letto e tradotto:
Ad es. Alex Brerenson ex reporter del New York Times di cui ha parlato un recente articolo di Gabriele Barello sul Miglioverde.
Jordan Schachtel con The Dossier, di cui abbiamo tradotto diversi articoli sul Miglioverde.
Il Dr. Peter McCullough con Courageous Discourse,
El gato malo, con Bad Cattitude, da cui anche abbiamo preso un articolo.
Unmasked di Ian Miller, Rounding the earth, Dr Rollergator PhD, Unconditional Jessica, Eugyppius, e tantissime altre.
È una piattaforma che è stata criticata per questo atteggiamento e accusata di ospitare estremisti e disinformazione, ma ha risposto così:
https://on.substack.com/p/society-has-a-trust-problem-more
Sostenendo che rifiutano la censura se non in casi veramente estremi, perché la censura distruggere la fiducia. E di fatto hanno permesso e permettono libertà di espressione agli scettici del covid, della guerra in Ucraina, del politicamente corretto, etc..
Molti degli autori che Substack accetta, come Brerenson, sono stati bannati o demonetizzati o parzialmente nascosti su altri social o almeno non avrebbero potuto esprimersi così liberamente restando nei media dove lavoravano in precedenza, ma Substack gli ha dato voce e indipendenza e soprattutto la possibilità di monetizzare il proprio lavoro. Ovviamente questa per Substack non è solo una presa di posizione, ma un strategia di business, che vista la grande crescita si sta rivelando vincente. Il che vuol dire che il mercato premia chi non censura e questo da speranza.
Un altro esempio è Rumble.
Quando la pandemenza ha preso piede molti si sono scontrati col problema della censura. Non solo su Twitter, ma su facebook, e anche su YouTube. Ad es. anche un video di Tom Woods del Mises Institute, ne abbiamo parlato qui:
https://www.miglioverde.eu/arcipelago-google-youtube-cerca-di-silenziare-woods-e-il-mises-institute/
Ma sono nate risposte imprenditoriali come Odysee e Rumble a cui si sono rivolti molti dei censurati su YouTube.
Da Wikipedia:
“Rumble è una piattaforma di video online canadese con sede a Toronto. Fondata nel 2013 da Chris Pavlovski, un imprenditore canadese.’
Di recente la Francia ha chiesto a Rumble di censurare alcuni contenuti e Rumble si è rifiutata, ha lasciato la Francia e fatto causa:
https://mobile.twitter.com/ggreenwald/status/1587553105364877315.
Questi sono due piccoli esempi tra tanti di come di fronte alle censure e al collaborazionismo delle big tech, ci sia stata una reazione per creare progetti imprenditoriali alternativi, pensati appositamente per opporsi.
Ce ne sono molti altri, più o meno velleitari, ideologici, avanzati, etc.. molti falliranno, alcuni rientreranno nei ranghi: per es. social come Gab, Parler, Truth, Gettr, Mewe, o motori di ricerca come Freespoke, o tentativi di creare delle versioni decentrate e non censurabili di Twitter, come Mastodon, o altre piattaforme che stanno seguendo l’onda di Substack
https://www.miglioverde.eu/mastodon-uscire-dal-giardino-recintato-di-twitter/
Un terzo esempio è poi ovviamente quello che sta facendo Musk con Twitter e i Twitter Files. Musk essendo straricco bontà sua si è comprato Twitter, gli ha dato un nuovo indirizzo, e dato il là ai Twitter Files.
In tutti questi tentativi e un tanti altri simili io vedo una reazione positiva e la ricerca di soluzioni.