A seguito del colpo di stato comunista avvenuto nel 1948 a Praga, che mette fine alla Terza Repubblica ed instaurerà un regime comunista in Cecoslovacchia, Jules Monnerot scrive “Sociologia del comunismo” nel 1949.
Dice Monnerot: «L’Islam ci ha lasciato il modello di una società dove politica e sacro si confondono», infatti nell’Unione Sovietica, per la prima volta dal tempo dei grandi califfi, un solo uomo ha tutti i poteri: Stalin.
Dice di «considerare il marxismo come religione», definisce il comunismo «l’Islam del XX secolo».
Per Monnerot i grandi totalitarismi sono religioni secolari, perché mirano al paradiso in terra. Sostituiscono la salvezza con la felicità e l’aldilà col futuro, ma la struttura ed ruolo restano gli stessi. Basata sulla «scienza», «una filosofia vissuta collettivamente non resta filosofia, diventa religione». L’ideologia ha lo stesso ruolo funzionale della religione.
Lo stesso si può infatti dire per il fascismo ed il nazismo, figli diretti del marxismo, il più noto degli slogan fascisti coniato da Mussolini era infatti: “Credere, obbedire, combattere”, che fa il paio con “Fedeltà, dedizione e silenzio devono essere alla base di una grande nazione” di Adolf Hitler. Non è un caso l’alleanza tra islam e nazifascismo, e congruità tra islam e comunismo.
Tutti vogliono la stessa cosa: la cancellazione dell’individuo in funzione del popolo, del bene della singola persona per il bene comune.
Tutti loro mettono alla base concetti di credo, siano essi “scientifici” come la salute del pianeta, il surriscaldamento globale causato dall’uomo, piuttosto che “filosofici”, in cui l’uomo su questo pianeta è un cancro, si deve pentire, si deve assoggettare ad un bene superiore, più grande, che è la collettività ed in cambio avrà il paradiso.