Lo Stato sin dalla sua nascita si è posto il problema di FARE i cittadini e la società, e man mano si è impegnato a fare la lingua, la storia, la religione, la cultura, la famiglia, l’economia, la moneta, la sessualità, ecc.
Tutte queste cose si sono sviluppate prima e a prescindere dallo Stato contemporaneo, come istituzioni spontanee, rispondenti a delle esigenze che precedono gli Stati. Hanno avuto una loro naturale evoluzione, cambiando moltissimo secondo i tempi e i luoghi.
Tutte queste cose sono state poste dallo Stato sotto il suo dominio. E il suo impegno è stato quello di cambiarle secondo le sue esigenze. Ma le esigenze di uno Stato non sono quelle dell’insieme delle persone che vivono e usano queste cose. In genere quando ci si riferisce al libero mercato e alla pianificazione statale si pensa immediatamente all’economia. A questo proposito scrivevo tempo fa che
- “Il libero mercato risponde ai bisogni e ai desideri delle persone che ne fanno parte semplicemente perché ognuno è libero di esercitarli quotidianamente; il che è esattamente ciò che la pianificazione economica e l’intervento statale contrastano. In un’economia libera ogni persona è libera di scegliere se e cosa studiare, che lavoro fare, come spendere i propri soldi, come investire i propri risparmi, dove abitare, come organizzare la propria vita. Ogni persona è libera di lavorare o non lavorare, di assumere e di licenziare, di cambiare lavoro, di cercare di mettersi in proprio, di costituire una società, di consumare o risparmiare, di investire o meno, di donare tutto ciò che vuole a chi le pare, di prestare e di prendere a prestito, e così via. La libertà di tutti gli attori coinvolti fa sì che il sistema risponda ai bisogni e ai desideri delle persone che ne fanno parte, ma è ovviamente in contraddizione con la pianificazione e con l’esercizio del potere politico.”
Ecco queste osservazioni valgono anche fuori da ciò che ascriviamo al campo dell’economia e coinvolgono ogni altra area della nostra vita. Le esigenze statali sono quelle della pianificazione e del controllo, attraverso la politica, la burocrazia e la polizia, e sono in contrasto con la libertà individuale e con i suoi risultati.
Il problema del pianificatore è la soppressione del caos, dell’imprevedibile, del troppo complesso. La sua esigenza è la semplificazione: semplificare tutto perché rientri in uno schema burocratico. Il suo metodo è la violenza: martellare la realtà, le persone, la società, fino a che non prendono la forma desiderata.
Imporre il corso forzoso del denaro, creare una moneta unica, affidarla a una banca centrale, abolire altre forme e mezzi di pagamento, abolire il contante, sono esempi di questo metodo. Studiano la storia della moneta è proprio questo ciò che si vede: è una storia di come progressivamente lo Stato si sia impossessato del denaro e delle monete che inizialmente erano indipendenti.
Ora il denaro, le monete, le banche, i pagamenti elettronici, sono tutte cose che possono esistere e sono esistite di per sé, a prescindere dallo Stato. L’adozione di una moneta comune per esempio, o la riduzione dell’uso del contante, sono fenomeni che possono avvenire e già sono avvenuti spontaneamente. Nessuna di queste cose è di per sé un problema.
Lo stesso vale per esempio per le lingue: l’adozione di una lingua comune, la “morte” di una lingua, la diffusione di più lingue sullo stesso territorio, l’evoluzione della lingua secondo nuove mentalità, costumi, esigenze, etc.. sono fenomeni “naturali”. Ma l’imposizione di una lingua, o la sua cancellazione, da parte di uno Stato sono un’altra cosa.
Il pianificatore non può che vedere di malocchio e infine criminalizzare la libertà individuale, che ai suoi occhi alla fine si riduce alla libertà di discostarsi dal piano. Quando questi falliscono, non raggiungono gli obbiettivi o hanno risultati inaspettati, è alla libertà che il pianificatore da la colpa. È colpa delle persone che non hanno rispettato il piano, che si sono mosse in maniera indipendente, che hanno voluto seguire interessi, scopi, idee, desideri, bisogni personali, “privati”, come si usa dire per demonizzarli, come se “privati” non fossimo tutti.
Come sarebbe oggi il panorama economico, come sarebbe distribuita la ricchezza, quali mezzi di pagamento useremmo, quale lingua parleremmo, e così via, se tutto non fosse stato modificato con la violenza dallo Stato? Ci sarebbe più ordine o più caos? Come sarebbe la società se le persone fossero lasciate libere, ciascuna di portare avanti le proprie esigenze e preferenze individuali, in un contesto fondato semplicemente su rapporti pacifici e volontari?
La politica, la burocrazia, la polizia, la pianificazione e il controllo, la semplificazione e la violenza (la violenza è un grande mezzo di semplificazione della complessità), possono davvero essere i mezzi per migliorare il mondo? Quello che si costruisce attraverso lo Stato è davvero meglio di ciò che potrebbe essere altrimenti? Lo Stato è davvero indispensabile per la convivenza civile? E se fossero possibili altri modi per ottenere tutte quelle cose che in genere pensiamo possa darci solo lo Stato? E se fosse possibile avere sicurezza, difesa, leggi, tribunali, moneta, scuola, sanità, strade, mutuo soccorso, convivenza civile, benessere, difesa dell’ambiente, senza Stato? E meglio che attraverso lo Stato?
Io credo che nel panorama intellettuale italiano – particolarmente in Italia più che altrove – domini lo statalismo, con diversi orientamenti, tutti altrettanto statalisti. Credo che gli intellettuali italiani fondamentalmente manchino del senso critico, del coraggio, della consapevolezza sufficienti a farsi queste domande. Credo che lungi dal rispondere negativamente, non se le pongano proprio. E in questo credo che tradiscano il loro ruolo. Ma credo anche che ce ne dovremmo fregare degli intellettuali italiani con le loro miserie.
Non dobbiamo aspettare loro. Ciascuno di noi può essere curioso, studiare, riflettere, imparare, confrontarsi, a partire dalla propria esperienza e dai casi della propria vita. Ci sono libri, podcast, blog, eventi, forum, pagine su Facebook, filmati su YouTube, corsi online, luoghi d’incontro, meetup, biblioteche, e molto altro a nostra disposizione. Già li usiamo per imparare mille cose e seguire le nostre curiosità e i nostri interessi in mille modi. Chi segue la finanza, chi la tecnologia, chi la moda, chi i videogiochi, chi i casi di cronaca nera, chi studia una lingua, chi le criptovalute, chi la storia, chi la filosofia politica, chi storie d’imprese, chi la politica estera, chi i problemi ambientali, chi la geopolitica, chi lo sport, chi le arti marziali, chi la musica, chi impara modellismo, chi a fare le riparazioni in casa, chi a cucinare, chi a suonare.
C’è stato qualcuno che ha sostenuto che la storia finiva con la liberal democrazia, che non esistendo nulla di superiore, non si trattava ormai che diffondere questa forma economico politica, e stop. Ma ovviamente, anche se la fine della storia è uno slogan efficace, la storia non è finita. E se la storia va avanti, è giusto, e affatto strano, chiedersi “cosa c’è dopo?”
Ciascuno di noi già studia e impara per desiderio o per necessità, ciascuno di noi già dimostra in mille modi curiosità intellettuale e voglia di allargare i propri orizzonti, in un modo o in un altro, ciascuno di noi coltiva passioni e interessi.
Perciò tutto quello che dico è che vi suggerisco di provare a spaziare con la vostra immaginazione, curiosità, e voglia di esplorare il mondo, e di provare a pensare l’impensabile: un mondo diverso, che fa a meno dei dozzinali e violenti mezzi dello Stato, della politica e della burocrazia, un mondo dove Salvini, Di Maio e Zingaretti non esistono. E anche se vi hanno inculcato una serie di dogmi, scoprirete che oltrepassarli tutti, spingersi oltre questi limiti, può essere molto rinfrescante. Oltre “lo Stato siamo noi”, oltre “La Costituzione più bella del mondo”, oltre “l’Italia una e indivisibile”, oltre “la democrazia rappresentativa e parlamentare”, oltre “il rispetto delle istituzioni”, oltre “la legalità”, oltre “senza lo Stato esiste solo la giungla”, oltre “la politica serve il bene comune e l’interesse generale”.. chi lo sa cosa potreste scoprire e dove potreste arrivare?
La storia inevitabilmente darà ragione a chi avvertiva quanto fosse perniciosa la droga statalista per la morale,
l’economia e la moneta. La scoperta non sarà affatto indolore per tutti quelli che s’illudevano che lo Stato fosse in grado di correggere “gli errori” del libero mercato.