di GIANFRANCO MIGLIO*
Il mio distacco dal segretario si avviò, nel 1993, all'epoca in cui dovemmo tutti constatare la sua incapacità a dominare la vicenda del contributo finanziario riscosso dai Ferruzzi. Ancora una volta egli si impigliò in un groviglio di menzogne rocambolesche che non attenuarono, anzi accrebbero, lo sconcerto dei seguaci. Ma soprattutto si vide la sua inettitudine a padroneggiare serenamente, davanti ai magistrati, una situazione che non era poi gravissima. In un'intervista lo paragonai a un pugile «groggy», incapace, dopo un duro incontro, di ritrovare brio e scioltezza di movimento. Egli mi replicò che, proprio come un «boxeur», si ritirava dal «corpo a corpo» per poi attaccare a fondo. Ma questo «a fondo» non lo vide mai nessuno.
Si avvicinava intanto la data del «precongresso» di Assago.
Qualche giorno prima mi chiese di andarlo a trovare a casa sua. Lo trovai molto abbattuto, perché immaginava che gli avrebbero contestato il caso Patell
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