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Il debito pubblico, prima o poi, chiede il conto

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di LUDWIG VON MISES 

Malgrado le spiacevoli esperienze vissute in tempi passati con il debito, la gente è stata predisposta a prestare liberamente fede allo Stato modernizzato del XIX secolo. Si è in generale supposto che questo nuovo Stato avrebbe scrupolosamente onorato le obbligazioni volontariamente contratte.

Capitalisti e imprenditori sono stati pienamente consapevoli del fatto che nella società di mercato è possibile preservare la ricchezza acquisita solo riacquisendola ogni giorno in una difficile competizione con tutti, imprese già esistenti e nuovi venuti provenienti dal nulla. L’imprenditore invecchiato e stanco, non più predisposto a rischiare la ricchezza faticosamente guadagnata in nuovi tentativi di soddisfare i bisogni dei consumatori, e gli eredi dei profitti di altri, pigri e consapevoli della loro inettitudine, hanno preferito investire nel debito pubblico, perché desideravano essere affrancati dalle leggi del mercato.

Ora, il debito pubblico perpetuo e irredimibile presuppone la stabilità del potere d’acquisto. Sebbene lo Stato e la sua coercizione possano essere eterni, l’interesse pagato sul debito pubblico può essere eterno soltanto se basato su un’immutabile misura di valore. In questo modo, l’nvestitore che per ragioni di sicurezza si sottrae al mercato, all’imprenditorialità e all’investimento nella libera impresa e che preferisce acquistare titoli del debito pubblico, è messo di fronte al problema della mutabilità di tutte le cose umane. Scopre che nell’ambito di una società di mercato non c’è posto per una ricchezza indipendente dallo stesso mercato.

I suoi tentativi di trovare una fonte inesauribile di reddito falliscono. Non ci sono in questo mondo stabilità e sicurezza e nessuno sforzo umano è abbastanza potente da generarle. Nel sistema della società di mercato, non c’è altro mezzo per acquisire e preservare la ricchezza all’infuori del servizio ai consumatori coronato da successo. Lo Stato è ovviamente in condizione di imporre pagamenti ai governati e di prendere in prestito fondi. Ma anche il governo più spregiudicato è incapace di sottrarsi nel lungo termine alle leggi che determinano l’azione e la vita umana. Se il governo investe la somma presa a prestito nei modi che servono meglio i bisogni dei consumatori, e riesce in queste attività imprenditoriali svolte in concorrenza libera e uguale con i privati imprenditori, è nella stessa condizione di un qualsiasi uomo d’affari; può pagare gli interessi perché la sua gestione realizza degli avanzi.

Se però investe i fondi in modo svantaggioso e ne risulta un disavanzo, o se investe il denaro nelle spese correnti, i prestatori di capitale diminuiscono o scompaiono completamente e non rimane altra fonte per rimborsare l’interesse e il capitale.

L’imposizione fiscale è l’unico mezzo disponibile per far fronte al contratto di credito. Ricorrendo al prelievo fiscale per tali pagamenti, il governo rende i cittadini responsabili del denaro sperperato nel passato. Le imposte pagate non sono compensate da alcun servizio presente reso dall’apparato governativo. Il governo paga interessi sul capitale consumato e che non esiste più. Sulla tesoreria ricade il pesante carico delle maldestri politiche del passato. …..

Il credito a lungo termine, pubblico e semipubblico, è un elemento estraneo e che altera la struttura della società di mercato. La sua introduzione è stato un inutile tentativo di andare oltre i limiti dell’azione umana e di creare un ambito di sicurezza e di eternità, sottratto alla transitorietà e instabilità delle cose terrene. Che arrogante presunzione prendere e dare a prestito moneta per sempre, stipulare contratti per l’eternità e impegnarsi per tutti i tempi a venire! E poco importa che in modo formale i prestiti fossero o meno resi irredimibili; intenzionalmente e praticamente, erano di regola considerati tali.

Al culmine del liberalismo, alcune nazioni occidentali hanno in realtà estinto parte dei loro debiti a lunga scadenza attraverso un onesto rimborso. Ma nella maggior parte dei casi è avvenuto che nuovi debiti siano stati aggiunti ai vecchi.

La storia finanziaria dell’ultimo secolo mostra una continua ascesa dell’ammontare del debito pubblico. Nessuno crede che gli Stati vorranno eternamente portare sulle spalle il carico degli interessi. È ovvio che, presto o tardi, tutti questi debiti saranno liquidati in un modo o nell’altro, ma certamente non con il pagamento, conforme ai termini del contratto, dell’interesse e del capitale.

Una massa di sofisticati scrittori è già affaccendata a elaborare giustificazioni morali per il giorno di questa sistemazione finale.

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