di MATTEO CORSINI
Stefano Patuanelli, oggi capogruppo M5S al Senato e già ministro dello Sviluppo economico nel governo Conte II e ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali nel governo Draghi, va ripetendo da mesi che se il Pil in Italia è cresciuto più che altrove all’uscita dalla pandemia è grazie al secondo governo guidato dall’avvocato del popolo. E ovviamente se la crescita adesso è tornata a livelli anche inferiori all’1% è per via dell’austerità del governo in carica.
In difesa del Superbonus 110%, che ha notoriamente un effetto a scoppio ritardato sul debito pubblico e che avrà un costo lordo superiore a 150 miliardi, Patuanelli sostiene che “non esiste un «buco di bilancio»”. Il tutto per via della recente revisione al rialzo della stima del Pil degli anni precedenti da parte dell’Istat. E adesso le cose vanno peggiorando, “avendo il Governo Meloni scelto di applicare l’austerità più dura che si ricordi dai tempi del Governo Monti”.
Posto che parlare di austerità è fuori luogo, nella stessa edizione del Sole 24Ore che ospita l’intervento di Patuanelli si può leggere un articolo di Gianni Trovati sul nuovo programma di finanza pubblica, il cui seguente stralcio è eloquente:
- “Chi avesse visto nei numeri diffusi lunedì dall’Istat l’archiviazione dei colpi del Superbonus sui conti dello Stato si dovrà ricredere quando leggerà le cifre del Piano strutturale di bilancio. Nel nuovo programma di finanza pubblica, che ovviamente tornerà in Consiglio dei ministri domani nonostante le voci contrarie dei giorni scorsi, il quadro programmatico indicherà un debito pubblico in salita ancora più rapida del previsto nel suo rapporto con il Pil per altri tre anni. Il 2024 si dovrebbe chiudere con un passivo al 134,8% del Pil, solo due decimali più alto (invece dei cinque previsti dal Def di aprile) rispetto al 134,6% calcolato dall’Istat per il 2023, grazie alla corsa delle entrate. Ma presto le lancette del debito torneranno a salire in modo deciso, e dovrebbero portarsi al 137,1% nel 2025 e al 138,3% nel 2026. Poi il decollo termina, e dal 2028 ricomincia la discesa. Le cifre finite ieri sul tavolo del confronto a Palazzo Chigi fra il Governo, rappresentato dal ministro dell’Economia Giorgetti e dal sottosegretario Mantovano, e le parti sociali sono appunto figlie di Superbonus e affini. Che nei calcoli aggiornati dal ministero dell’Economia peseranno sul debito pubblico per circa 40 miliardi l’anno fino al 2027, quando inizierà il dimagrimento deciso di quell’eredità”.
Il doping fiscale finisce sempre per avere effetti negativi che, ancorché non immediati, sono prevedibili.
Non mi resta che concludere con Frederic Bastiat, che evidentemente Patuanelli non ha mai letto:
- “In economia un atto, un’abitudine, un’istituzione, una legge danno luogo non solo a un effetto, ma a una serie di effetti. Di questi effetti, solo il primo è immediato; si manifesta simultaneamente alla sua causa: si vede. Gli altri si svolgono successivamente: non si vedono; è bene per noi che siano previsti. Questo segna la differenza tra un cattivo e un buon economista: il primo tiene conto dell’effetto visibile; l’altro tiene conto sia degli effetti che si vedono, sia anche di quelli che è necessario prevedere. Questa differenza è enorme, perché succede quasi sempre che quando la conseguenza immediata è favorevole, le conseguenze ultime sono fatali, e viceversa. Ne consegue che il cattivo economista persegue un vantaggio piccolo immediato, al quale seguirà un grande male futuro, mentre il vero economista persegue un grande bene futuro, a rischio di sopportare un piccolo male presente. In effetti, è lo stesso nella scienza della salute, nelle arti e nella morale”.