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Il franco svizzero e le manipolazioni monetarie sempre più grandi

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francodi MATTEO CORSINI

“Era ormai inutile mantenere il tetto fissato al cambio del franco contro l’euro a 1,2… abbiamo concluso che è meglio uscire ora che tra 6 o 12 mesi quando il quadro potrebbe essere più difficile ovunque… la decisione presa non è dovuta al panico ma è stata valutata con attenzione, non era più sostenibile mantenere il tetto”. Con queste parole Thomas Jordan, presidente della Banca Nazionale Svizzera (BNS), ha commentato la decisione, assunta il 15 gennaio, di rimuovere il livello massimo contro euro a 1.20 introdotto nel settembre del 2011, tagliando contestualmente il tasso di riferimento da -0.25 per cento (la Svizzera aveva introdotto il tasso negativo lo scorso dicembre) a -0.75 per cento.

All’epoca il franco veniva da un periodo di rivalutazione nei confronti dell’euro essendo considerata una moneta rifugio in un periodo in cui stava peggiorando la crisi dei Paesi periferici dell’Area Euro. Quando il cambio contro euro arrivò a sfondare la parità, la BNS intervenne annunciando che non avrebbe più consentito al franco di essere scambiato oltre 1.20 contro euro.

In pratica effettuò una svalutazione del 20 per cento, che difese poi creando franchi dal nulla per comprare titoli denominati in euro, in particolar modo tedeschi e francesi, contribuendo a lasciare la Francia al di fuori della crisi dei debiti sovrani nonostante un trend dei conti pubblici peggiore di quello dell’Italia (che, però, aveva accumulato in passato una situazione ben peggiore).

Finché l’euro è rimasto stabile o si è rivalutato, la BNS ha avuto vita relativamente facile. Da quando, però, l’euro ha cominciato a perdere terreno, soprattutto a causa delle crescenti prospettive di implementazione del QE da parte della BCE a fronte di una FED statunitense un po’ meno espansiva di prima (da fine ottobre ha interrotto gli acquisti mensili nell’ambito del QE3, peraltro continuando a reinvestire cedole e capitali in scadenza), difendere il livello di 1.20 franchi contro euro è diventato sempre più oneroso.

La BNS ha iniziato ad accumulare minusvalenze sulle riserve in euro, e in prospettiva sarebbe stato ancora più costoso (e molto probabilmente fallimentare) tenere artificialmente debole il franco.

Il fatto che Jordan dichiari che la decisione “non è dovuta al panico” segnala che il panico in effetti c’è stato. E di sicuro il panico si è scatenato appena fatto l’annuncio, nonostante un taglio contestuale dei tassi di 50 punti base, all’assurdo livello di -0.75 per cento.

soldi in svizzeraLe cui conseguenze sono state di portare in territorio negativo i rendimenti dei titoli di Stato elvetici fino alla scadenza dei 10 anni, con il trentennale che rende meno dello 0.40 per cento. Nel frattempo il cambio contro euro, precipitato subito sotto 1, è risalito un po’, ma scambia attorno a 1, con una volatilità schizzata alle stelle. La Borsa è scesa in picchiata, con in maggiori ribassi tra le società più esposte alle esportazioni.

Ora, è indubbiamente vero che rimandare la decisione avrebbe peggiorato le cose, ma è altrettanto vero che neppure un mese fa la BNS aveva dichiarato che avrebbe continuato a difendere 1.20.

Non voglio certo mettermi a fare previsioni su quello che succederà fra un giorno o un anno, ma credo che alcune considerazioni possano essere fatte.

1) Il livello di distorsioni che le banche centrali immettono sulla formazione dei prezzi di mercato (a partire dai tassi di interesse e di cambio) sono enormi. Già lo era stata la decisione di svalutare del 20 per cento nel 2011. Portare i tassi di interesse in negativo (cosa ormai diffusa) è probabilmente ancor peggio di manipolare apertamente il cambio (perché poi la finalità è sempre quella di svalutare).

2) Mi piacerebbe poter affermare che la BNS ha perso contro il mercato, ma in realtà ha perso contro altre banche centrali più grosse di lei.

3) Come spesso accade, la decisione di smettere di mantenere il cambio artificialmente debole è stata criticata molto di più di quella di svalutare nel 2011. In realtà ogni manipolazione è redistributiva, danneggiando alcuni e avvantaggiando altri, quanto meno nel breve. A lungo andare a essere danneggiato è l’intero sistema economico quando la formazione dei prezzi è costantemente manipolata.

4) Tra gli operatori finanziari è in uso sostenere che non bisogna mai combattere le banche centrali. Io credo che sarebbe il caso di aggiungere che non bisogna neppure fidarsi di quello che dicono i banchieri centrali.

5) Last, but not least, un pensiero a tutto coloro che ritengono non solo utile, ma perfino necessario l’interventismo delle banche centrali perché il mercato deve essere guidato e corretto: spero che episodi come questo inducano costoro a riconsiderare una tale posizione. Ma confesso di essere realisticamente pessimista al riguardo.

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