di MATTEO CORSINI
Tassare e spendere è l’essenza dell’attività dei governi. Tutti quanti, tassando, violano il principio di non aggressione. Non tutti allo stesso modo, peraltro. Alcuni (sempre meno) governi tassano poco e spendono poco, altri (sempre di più) tassano molto e spendono molto. Tra questi ultimi, poi, i peggiori sono quelli che, oltre tutto, spendono anche male. Da questo punto di vista, l’Italia può vantare una leadership consolidata.
Quello che i tecnici della materia definiscono “spazio fiscale” (ossia la possibilità di spremere ancora il limone dei pagatori di tasse per aumentare la spesa a favore dei consumatori di tasse) è ormai da tempo esaurito in Italia. Di qui l’invocazione ripetuta come un mantra: ci vuole più Europa. Un’Europa che metta in comune il debito pubblico e abbia un suo budget sempre più grande. Secondo Franco Gallo, già presidente della Corte costituzionale, l’Europa dovrebbe “realizzare radicali riforme che offrano soluzioni definitive istituzionali”.
Il tutto mediante “il riconoscimento in capo all’Ue dell’autonoma competenza fiscale di cui oggi si discute. Si tratterebbe, in altri termini, di fornire finalmente l’Europa di una capacità tributaria separata dalle politiche di bilancio dei singoli Stati, dotandola di un suo budget e attribuendole il potere di istituire democraticamente tributi propri.”
Si badi bene: si tratterebbe di tributi non sostitutivi di quelli nazionali. In sostanza, il conto complessivo per i pagatori di tasse aumenterebbe. Probabilmente i proponenti pensano di poter beneficiare di un saldo positivo tra maggiori tasse e nuova spesa. La solita “grande illusione” di cui parlò Bastiat, riproposta su base comunitaria.
In questo, va detto che a sud delle Alpi ci sono veri e propri campioni di illusionismo. Purtroppo per loro, però, a nord delle Alpi non pare si lascino ipnotizzare.
Un altro classico riguarda la cosiddetta golden rule sugli investimenti pubblici, i quali dovrebbero essere esclusi dal calcolo del deficit, come se non si dovessero reperire i soldi per finanziarli. L’ennesimo rilancio viene da Pierluigi Ciocca, secondo il quale le nuove regole dovrebbero “imporre il pareggio della parte corrente del bilancio. Gli investimenti fissi delle Pa vanno invece sciolti da ogni vincolo.”
Ma sì, perché porre dei limiti alla moltiplicazione dei pani e dei pesci? Peccato che finora a moltiplicarsi sia stato solo il debito pubblico. Anche per questo a nord delle Alpi continuano a rimanere insensibili al keynesismo mediterraneo. Meno male.