di STEFANO TONELLI
Normalmente le persone non sono in grado di descrivere correttamente cosa sia la libertà. Se provate a chiedere a qualcuno una definizione di libertà la risposta che più spesso otterrete sarà “Poter fare ciò che si vuole”. Si tratta ovviamente di una definizione vaga, che sarebbe adeguata solo se si vivesse come eremiti senza mai entrare in contatto con nessun’altro. Nel momento in cui ci si rapporta con altri esseri umani è necessaria l’indicazione di un limite alle azioni che è possibile compiere. Se provate ad approfondire il punto chiedendo al vostro interlocutore quale sia, secondo lui, questo limite, la risposta che otterrete probabilmente sarà: La tua libertà finisce dove inizia la mia. Questa frase, attribuita a Martin Luter King è tanto conosciuta quanto inefficace nel descrivere il limite della libertà.
Nel momento in cui si definisce un limite è sempre necessario che questo sia netto e inequivocabile. Un limite vago e non precisamente definito genera confusione, interpretazione e arbitrio. Se dicessi, per esempio, che in autostrada è bene non correre troppo, dovrei anche definire quale sia il limite di velocità superato il quale si sta correndo troppo. In mancanza di tale indicazione ognuno potrebbe considerare adeguata qualsiasi velocità lui ritenga corretta a indicare tale limite, e la mia raccomandazione sarebbe totalmente inutile.
La tua libertà finisce dove inizia la mia. Ma dove inizia la mia? Be’ dove finisce la tua… In mancanza di definizione di un limite netto e individuabile ognuno potrebbe far iniziare la propria libertà dove gli pare, con il risultato di annientare, almeno dal suo punto di vista, la libertà di tutti gli altri.
A questo punto potremmo avere la sensazione di essere finiti in un labirinto, senza vie di uscita. In realtà la definizione del limite della libertà è piuttosto semplice e si ottiene aggiungendo solo una parola alla famosa frase citata, la quale diventa: La tua libertà finisce dove inizia la mia proprietà.
Con proprietà si deve intendere innanzitutto il nostro corpo comprese tutte le caratteristiche immateriali che lo accompagnano, quali, per esempio, la vita e la salute.
La proprietà inoltre comprende tutto ciò che abbiamo costruito o acquistato, insomma, il frutto del nostro lavoro.
Il lavoro impegna quella che per noi è la risorsa più scarsa, cioè il tempo. Il fatto che abbiamo impiegato il nostro tempo per produrre un bene o, più probabilmente che lo abbiamo utilizzato per acquisire il mezzo di scambio necessario per acquistare tale bene sul libero mercato, fa sì che quel bene ci appartenga completamente, che sia a nostra esclusiva disposizione e che si abbia la libertà di utilizzarlo come meglio preferiamo. Ogni bene che ci appartiene è in pratica un’estensione del nostro corpo, appartiene alla nostra vita, in quanto abbiamo utilizzato il nostro tempo, scarso e irripetibile, per poterne entrare in possesso. A nessuno è permesso aggredire ciò che ci appartiene e questo è il limite esatto e facilmente individuabile dalla libertà.
Gli esseri umani saranno liberi e vivranno in pace solo quando la libertà di ognuno, che sia questo una persona singola o un’organizzazione, finirà dove inizia la proprietà altrui.
La mia definizione di Libertà è: “la mia libertà finisce dove inizia la tua e la tua la faccio finire dove inizia la mia”. Questa definizione rappresenta una moltitudine di relazioni umane in cui ognuno, in base alla sua ragione, entra in conflitto o in conciliazione per definire lo spazio della libertà del poter fare individuale.
In questo spazio c’è la proprietà, il sentimento di giustizia dell’autodifesa, il libero mercato concorrenziale pacifico, la libertà di circolazione, la libertà di amare o di odiare qualcuno/a, la libertà di associazione e la libertà di morire quando si vuole.
Michele Albo