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Il motto degli antifascisti “pro-vax”? Credere, Obbedire, Combattere!

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di ALFREDO MOROSETTI

Combattere col mondo ha senso? Non so, ma non credo. L’uomo medio ha per 70 anni deriso, su incitamento dei suoi Master & Commander, vale a dire dei padroni del discorso, quelli che hanno forgiato la cultura dell’Italia antifascista, democratica, progressista, il motto mussoliniano: “Credere, obbedire, combattere”, sbeffeggiato in ogni modo.

Col ditino alzato i maestri del progresso democratico dicevano ai loro scolari, desiderosi di giustizia e libertà, che non si deve credere a nulla se non a quello che può essere dimostrato per evidenza di fatto o per relazione logica, purché sempre connessa a oggetti di cui empiricamente si potesse mostrare l’esistenza. Quanto all’obbedire il loro sguardo si faceva severo: nulla di più pericoloso moralmente.

Ci sarebbero stati nazismo o fascismo nel mondo se la gente non avesse obbedito passivamente alle autorità? Si doveva obbedire solo quando si era certi non tanto e non solo che l’ordine ricevuto era legale, ma piuttosto non infrangeva il dovere morale di rispettare i diritti di libertà propri e altrui. In questo senso, ci hanno detto che l’ordine di iscriversi al Partito fascista per potere accedere all’insegnamento non solo era un obbrobrio, ma hanno fatto bene le migliaia e migliaia di maestri elementari, professori di scuola media e universitari (si scherza) a rinunciare alla cattedra piuttosto che subire quella violenta compressione del loro diritto a pensarla come  la coscienza suggeriva loro.

Quanto al combattere, crasse risate. Dato per scontato che combattere in astratto non ha senso, bisogna dire, perché il verbo abbia senso, per che cosa si dovrebbe combattere.  Evidentemente per il regime, dunque il cittadino doveva sentirsi una sorta di miliziano che difende l’ordine e il governo da cui dipende, come fosse non un libero pensatore, ma un soldato arruolato nell’esercito del regime e passibile di essere accusato di tradimento qualora non combattesse per l’esercito nel quale lo avevano arruolato. Crasse risate in proposito, ovviamente da parte del sincero democratico che per 70 anni ha raccontato la sua favoletta perbenista ai bovini estasiati da tanta saggezza.

Bene adesso viene fuori che “credere” è una virtù, anzi credere nella scienza un dovere civico. Conosco professori universitari che si sono siringati perché lo ha detto la scienza e  loro stessi hanno affermato di credere nella scienza. Ora  dato per scontato che la “scienza” è un termine vago che contiene una quantità di concetti del più diverso genere e spesso contraddittori, se c’è però qualcosa in cui non si può credere per definizione è la scienza, se con essa intendiamo un sapere che almeno in linea di principio e con una certa approssimazione non troppo lasca può mostrare la congruenza fra determinate previsioni e gli effetti empirici che effettivamente seguono. Hanno detto alle masse: vi diamo un élisir salvifico, ma non sappiamo nulla di esso, né i suoi effetti sul lungo e sul breve periodo sul vostro corpo, né se manterrà le promesse con le quali ve lo proponiamo circa la sua capacità di proteggervi dal brutto male che circola insidioso. Non esiste farmaco che sia messo in commercio e venduto sul mercato che contenga una clausola contrattuale per cui il produttore/venditore è sollevato da eventuali controindicazioni gravi e sconosciute che potrebbero verificarsi in tempi ignoti.

Se ci sono possibili rischi di effetti indesiderati, questi sono segnalati e fatti accettare con un atto esplicito di consenso.Bene quelli che hanno sbeffeggiato il mussoliniano “credere” hanno creduto non solo a dichiarazioni senza alcun riscontro empirico, ma hanno accettato l’incredibile fatto che l’élisir fosse totalmente fuori commercio, ma monopolizzato dallo Stato che lo somministrava non come un medicamento ma come una sorta di marchio.

In altre parole lo imponeva sulla base del principio mussoliniano dello “obbedire”, quello che mai dovrebbe fare un uomo libero senza un convincimento personale della giustezza della cosa alla quale obbedisce, almeno secondo i dettati morali dell’antifascismo di regime.

In altre parole, gli intemerati antifascisti, quelli che hanno visto nella passiva obbedienza acritica di massa il seme di ogni regime totalitario, hanno obbedito perché le autorità, ascoltata la scienza, cioè i ciarlatani televisivi per i quali nessuno fatto ha mai corrisposto a una loro affermazione previsionale, hanno ordinato loro di inquadrarsi, bandiere alzate.

Infine “combattere”. Hanno persino combattuto, per la prima volta forse in vita loro, perché hanno finalmente scorto un nemico inerme ma odioso, quelli che, al contrario di loro, non hanno né creduto né obbedito. Gli si sono avventati contro come bufali impazziti, perché c’era da difendere la Patria della libertà e del bene, contro gli stregoni che non credevano alla scienza televisiva, ma solo, come San Tommaso, a quello che toccavano con mano.

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