Al termine della ultima riunione del Federal Open Market Committee, la banca centrale americana ha lasciato invariata la politica monetaria, confermando l’impostazione ultraespansiva che ha provocato uno scollamento ancora più evidente di prima del Covid-19 tra i prezzi delle attività finanziarie e la realtà dell’economia sottostante.
Come se la cosa non lo riguardasse, il presidente della Fed, Jerome Powell, ha dichiarato, tra le altre cose, che la disuguaglianza “è un problema crescente nel nostro Paese e nella nostra economia da quattro decenni”.
Si dà il caso che nei quattro decenni in questione, a parte una breve parentesi iniziale restrittiva con Paul Volcker, la Fed abbia avuto una politica monetaria quasi ininterrottamente espansiva. Con la scusa che i prezzi al consumo crescevano in misura moderata, la Fed ha favorito la formazione di bolle a ripetizione, oltre a redistribuire la ricchezza reale a favore dei detentori di asset, quindi aumentando la disuguaglianza a cui fa riferimento Powell.
Ciò nonostante, e pur ammettendo che il recente incremento dei prezzi dei prodotti alimentari “ha aggravato il peso su coloro che hanno perso il loro reddito”, la Fed ritiene opportuno continuare a tenere il gas a martello (copyright di Guido Meda, che però commenta corse motociclistiche).
Anche questa volta, quando le conseguenze dei provvedimenti assunti negli ultimi mesi si dispiegheranno per intero, suppongo si darà la colpa al mercato, invocando (e somministrando) una dose ancora maggiore di stimoli monetari. Salvo, poi, straparlare di disuguaglianza.