di MATTEO CORSINI
Negli articoli dei giornalisti che seguono per conto dei principali mezzi di informazione italiani gli accadimenti dell’America Latina traspare per lo più un atteggiamento benevolo nei confronti dei governi sinistrorsi. Meno “tenero” il giudizio sui governanti non sinistrorsi. La lettura dei fatti economici, poi, è improntata a favore di un mix di keynesismo e peronismo, nonostante i risultati non eccelsi (per usare un enorme eufemismo) raggiunti. A malapena viene criticato il chavismo, che da 25 anni, con Hugo Chavez prima e Nicolas Maduro poi, sta devastando il Venezuela.
Raccontando per i lettori del Sole 24 Ore lo scontro in atto tra Stato e narcos in Ecuador, Roberto Da Rin scrive che l’economia è in crisi “anche a causa di una dollarizzazione, in progress da 23 anni: il sucre, moneta nazionale, non esiste più ed è stata sostituita dal dollaro. Ne è scaturita una ovvia stabilità monetaria con l’aggravio di una perdita di sovranità di politica economica. Che ha generato un aggravamento delle condizioni di vita di milioni di ecuadoriani.” Si tratta di una posizione tenuta di recente anche con riferimento all’intenzione (poi ridimensionata) di procedere alla dollarizzazione anche da parte di Javier Milei in Argentina.
Posto che l’ideale sarebbe sperimentare una denazionalizzazione della moneta (
vedi qui,
vedi qui) e lasciare a individui e imprese decidere quale moneta usare per regolare gli scambi, la sostituzione del sucre con il dollaro avvenne perché il sucre era una moneta che nessuno ormai voleva. Più o meno la stessa cosa che vale per il peso argentino.
E’ evidente che chi riceveva sussidi grazie a sucre freschi di stampa ha dovuto poi affrontare la realtà, ma è illusorio pensare che la sovranità monetaria consenta di sostituire la produzione di ricchezza reale. E d’altra parte il fallimento di una moneta avviene proprio perché, troppo a lungo, si è alimentata quella illusione.
La sostituzione di una moneta fallita non è, quindi, la causa vera delle pessime condizioni di vita di una fetta più o meno consistente della popolazione. E’ semplicemente il punto in cui i nodi arrivano al pettine e non è più possibile continuare a cercare di anestetizzare i problemi (in realtà aggravandoli) stampando denaro.
Ma infatti Ecuador e Argentina possono adottare anche la sterlina oro, ma se non cambia l’andazzo sempre nel guano resteranno.
Già il liberista Menem aveva legato il peso al dollaro, ma dopo un avvio incoraggiante è finita in tragedia lo stesso.
God save Argentina.