Come è cominciato tutto questo? Come siamo arrivati fino qui? Ce ne parla il prof. Pierfrancesco Belli, Presidente della Commissione Rischi ed Etica Sanitaria di Incer Institute.
Perché il suo intervento sia più comprensibile riportiamo le linee guida imposte dal Ministero della Salute
- 1 terapia sintomatica di supporto.: paracetamolo, 2 vigile attesa, 3 appropriate idratazione e nutrizione; 4non modificare terapie croniche in atto per altre patologie 5 i soggetti in trattamento immunosoppressivo cronico proseguono il trattamento farmacologico in corso a meno di diversa indicazione da parte dello specialista curante; 6 non utilizzare routinariamente corticosteroidi;•l’uso dei corticosteroidi è raccomandato nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia; 7 non utilizzare eparina. L’uso di tale farmaco è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto; 8 non utilizzare antibiotici. Il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica, o, infine, quando l’infezione batterica è dimostrata da un esame microbiologico;9 non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata in nessuno degli studi clinici controllati fino ad ora condotti; 10 non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente. Non esistono, ad oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati)di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari(vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato.
A fine febbraio 2020, come ogni anno, eravamo in presenza delle forme influenzali /simil influenzali notoriamente caratterizzate, dal punto di vista sintomatologico, da tosse, febbre, raffreddore, che, come è noto, possono complicarsi per sovrainfezioni batteriche che si trattano con antibiotici.
Il 22 febbraio 2020, a seguito di una circolare ministeriale, è stata consegnata ai medici di medicina generale sul territorio una check list attraverso la quale, improvvisamente, dal giorno alla notte, è stato imposto di attribuire la stessa sintomatologia respiratoria unicamente al “Nuovo Coronavirus”. Infatti le check list sono state utilizzate per formulare il sospetto diagnostico di COVID 19 ,eludendo, con un colpo di spugna, tutte le possibili complicanze batteriche respiratorie che avrebbero potuto essere adeguatamente trattate con antibiotici.
In sostanza da un lato sono state eliminate le infezioni respiratorie di origine batterica e dall’altro l’influenza e simil influenza da quel momento dovevano cambiare nome. Ne è derivato che dopo l’agonica “ vigile attesa” (le parole vigile attesa sono specificate nella circolare. In parole povere vuol dire non fare nulla mentre la malattia avanza) in isolamento domiciliare, i pazienti che disgraziatamente vedevano aggravarsi le loro condizioni cliniche, una volta ricoverati in ospedale, venivano trattati con antivirali e ventilazione meccanica con esiti infausti previa conferma diagnostica di COVID 19 attraverso tampone.
Non è stata prevista una diagnosi differenziale. (per favore prendete nota di questa frase) La genesi doveva essere esclusivamente virale.
Chi in particolare ha pagato il prezzo di queste disposizioni è stata la popolazione anziana over 65, notoriamente portatrice di comorbilità che non sono state né considerate, nè trattate e neppure previste da Epicentro, l’Ente dell’Istituto Superiore di Sanità che gestisce l’epidemiologia contrariamente dagli anni precedenti.
Mentre non ci sono evidenze scientifiche a sostegno della teoria virale, considerato anche il fatto che il virus risultava sconosciuto ed ad oggi non è ancora nota la sorgente animale da cui si sarebbe diffuso all’uomo, sono invece presenti una infinità di pubblicazioni scientifiche che dimostrano come nelle pandemie influenzali del passato vi erano sovrainfezioni batteriche che hanno rappresentato la principale causa di morte. (le linee guida n 8)
Addirittura lo stesso dott. Anthony Fauci, già dal 2008, sosteneva che la prevenzione ed il trattamento dell’infezione secondaria batterica avrebbe dovuto essere parte integrante della pianificazione della pandemia contemplando lo stoccaggio di antibiotici nei piani pandemici nazionali. Lo stesso Fauci insiste sull’importanza delle autopsie per determinare le reali cause di morte. In assenza di autopsie non è possibile avere una corretta epidemiologia.
Premesso ciò nasce spontanea la domanda del perché il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità abbiano, per il COVID 19, eliminato nelle Linee Guida le comorbilità e le sovrainfezioni batteriche affidando la diagnosi al tampone ,eliminando il ruolo centrale del medico impedendogli di valutare le comorbilità e di curare le sovrainfezioni batteriche.
La risposta è nel progetto di utilizzare il pretesto della pandemia per toglierci diritti e libertà con la necessità di abbinare a questi fattori la distorsione dei delicati meccanismi di Governance Sanitaria. Ovverosia è stato creato ad hoc un anti-ciclo di cura in cui sono state manipolate le regole del Sistema di Classificazione delle malattie al fine di trattare tutti i pazienti come fossero affetti da polmonite virale seppur la causa di decesso dei pazienti fosse la polmonite batterica. I pazienti morivano nella Scheda di Dimissione Ospedaliera per polmonite, poi nel certificato di morte di ISTAT, gestito da OMS , figuravano morti per COVID 19.
Le indicazioni ministeriali hanno prodotto la violazione della legge Gelli Bianco Art 5. La violazione del comma 1 ha impedito ai medici di valutare la “specificità del caso concreto” e di eludere “ le buone pratiche clinico assistenziali”. Il comma 3 dello stesso articolo prevede che l’Istituto Superiore di Sanità abbia il compito di stilare Linee Guida tra l’altro anche “previa verifica della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni” che al contrario erano abbondantemente a disposizione a sostegno delle cause di morte da sovrainfezione batterica nelle precedenti pandemie: spagnola, asiatica.
Per contro risulta anche chiaro come fosse necessario disincentivare le autopsie che avrebbero evidenziato batteri a cui necessariamente attribuire le cause di morte.
D’altro canto era necessario nascondere le genesi batterica della causa di morte per attribuirla al virus per poter vendere vaccini e realizzare il “Great Reset” del World Economic Forum.
Dalle pubblicazioni scientifiche degli ultimi 12 anni si evince come le autopsie dei deceduti da “pandemie” siano l’elemento fondamentale per determinare una corretta epidemiologia e per guidare la stesura tecnica dei futuri piani di prevenzione e risposta alle pandemie.
Paradossalmente gli stessi documenti di OMS evidenziano l’inconsistenza della teoria virale in quanto lo stesso OMS afferma che il virus H1N1 sia stato il responsabile della pandemia della spagnola del 1918. Considerato che la letteratura scientifica internazionale in toto prende l’esperienza della spagnola come presupposto per la Preparazione e Risposta alle Pandemie influenzali, risulta molto grave l’ affermazione di OMS in quanto nel 1918 era impossibile con le tecnologie di laboratorio dell’ epoca identificare la causa virale poiché non era ancora stato inventato il microscopio elettronico e non era a disposizione il test di amplificazione genica realizzato dal dott. Mullis che nacque molti anni dopo. Mentre era altresì possibile identificare la causa batterica con il microscopio ottico , come riportato da infinite pubblicazioni scientifiche a partire dallo stesso Anthony Fauci nel 2008. Tant’è che le autopsie eseguite nel 1918 dimostravano i batteri come responsabili dei decessi. Infatti la storia della microbiologia ci insegna che già nel 1684 Antoni Van Leeuwenhoek scoprì l’ esistenza dei batteri e la loro morfologia.
Prof. Pierfrancesco Belli
Presidente della Commissione Rischi ed Etica Sanitaria di Incer Institute