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Il settore pubblico è strategico… per chi ci campa!

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di MATTEO CORSINI

E’ numeroso, in Italia, il partito trasversale degli investimenti pubblici. I suoi simpatizzanti e militanti non si stancano di ripeterci che gli investimenti pubblici dovrebbero aumentare, che le spese per investimenti pubblici non dovrebbero essere conteggiate nel deficit (c.d. “golden rule”), e che, se solo non fosse per i vincoli europei, le cose potrebbero andare (molto) meglio.

Personalmente non credo che gli investimenti pubblici siano una panacea, per almeno due motivi: in primo luogo, perché sono decisi da persone che non utilizzano soldi propri, bensì prelevati coercitivamente da altri mediante tassazione (presente o futura); in secondo luogo, perché non vi è motivo di credere che chi decide tali investimenti sia onnisciente.

Ciò premesso, in Italia la spesa pubblica è pur sempre quasi la metà del Pil, anche al netto degli interessi sul debito. Quindi mi generano perplessità affermazioni come quelle, per esempio di Franco Gallo, secondo il quale “pare incontestabile che non si può continuare a ragionare solo in termini di incentivi, anche fiscali, dimenticando che spetta comunque allo Stato accompagnare – anzi, anticipare – tali interventi con accorte strategie di crescita a lungo termine, che attualmente, almeno nel nostro Paese, mancano. A livello europeo, le condizioni imposte attraverso il fiscal compact non possono, dunque, consistere solo in una compressione indiscriminata del settore pubblico, ma dovrebbero accompagnarsi a maggiori stimoli a spendere nell’istruzione e nella ricerca scientifica e a rendere il settore pubblico più strategico e meritocratico.”

In altri termini, lo Stato dovrebbe investire e non lasciare che lo facciano i privati, magari utilizzando incentivi fiscali. E le regole europee dovrebbero, a loro volta, stimolare la spesa pubblica in istruzione e ricerca. Non sto a soffermarmi sulla totale inappropriatezza del (già di per se stesso inappropriato) termine “meritocrazia” riferito al settore pubblico. Piuttosto vorrei osservare che quando si propone di aumentare determinate voci di spesa sarebbe opportuno indicare dove tagliare, date le condizioni dell’Italia.

Invece questi sostenitori degli “investimenti pubblici” si lamentano quasi come se l’Italia spendesse poco e fosse costretta a trattenersi per via del “fiscal compact”. Ma quale “compressione indiscriminata del settore pubblico” ha fin qui prodotto il fiscal compact? Anche nell’istruzione, l’informata di assunzioni decise da Renzi come devono essere classificate?

Il settore pubblico è già fin troppo strategico… per chi ci campa.

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3 COMMENTS

  1. Questo gallo è un altro di quelli che crede che il benessere derivi dal debito pubblico e non dal risparmio privato.
    Vive su un altro pianeta.
    Naturalmente vorrei sapere con quali soldi campi, il gallo.

  2. Sostituire gli inesistenti consumi privati (inesistenti per l’elevata tassazione ed i bassi salari) con i consumi pubblici finanziati con la tassazione è una tipica operazione keynesiana che come dimostra la situazione italiana è fallimentare in particolar modo in un paese a mentalità levantina come l’Italia. Recentemente c’era stata un intercettazione di un imprenditore, che aveva ottenuto un appalto (e sappiamo come…) per il terzo valico che paventava l’azione del M5S volto a togliere il finanziamento terzo valico e Tav per dirottarlo alla manutenzione delle scuole. La manutenzione delle scuole, necessaria, porterebbe a dare lavoro a migliaia di artigiani che magari assumerebbero apprendisti o aiutanti per coadiuvarli. In un settore a fortissima concorrenza di albanesi e rumeni, una norma per affidare tali lavori solo ad italiani (per evitare l’esportazione dei soldi) porterebbe reali benefici all’economia, non si fa perché non ci sono appalti quindi mazzette, nessun potere a politici. Quindi si è optato per le inutili grandi opere che servono solo alle coop, con assunzioni di extracomunitari, gli effetti sull’economia sono nulli, come tutti possiamo vedere, anzi negativi a causa della tassazione per finanziarli. Immaginiamoci invece di avere regole come la Svizzera, dove campano benissimo ed il manifatturiero è la prima voce del PIl, la sanità è privata, la previdenza sociale è privata, molte funzioni residue pubbliche sono dei Cantoni, quindi la Regione Sicilia dovrebbe finalmente far pagare le tasse ai suoi cittadini, tagliare gli stipendi ai deputati regionali, tagliare l’esercito di forestali, dipendenti pubblici, falsi invalidi, ecc. Basterebbe copiare, fare un bel referendum “Volete voi che l’Italia assuma la Costituzione, il codice penale, il codice civile, il codice tributario della Svizzera? ed in breve tempo tutto cambierebbe
    L’Italia a mentalità levantina, con metà dello Stato che non lavora e campa alle spalle dell’altra metà (ormai stiamo andando ai due terzi che campano sul terzo…) non succederà mai, mai io sono ottimista, so che non morirò italiano.

  3. Affamare la bestia è assai difficile se non impossibile , almeno nel nostro paese !
    Troppi e troppo consolidati i privilegi che hanno portato allo stato attuale !
    Le cose continueranno con lo stesso andazzo (vivere di debiti) fino a che non
    deflagherà la bomba economica . Speriamo solo che dopo non sia scomparsa
    del tutto la voglia di sopravvivere e le generazioni future possano ricominciare
    da capo una vera lotta alla povertà sopravvenuta.
    Cordiali saluti da Aldo

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