di MATTEO CORSINI
Ho sostenuto più e più volte che i politici italiani prendano troppo spesso spunto dal peggio di quanto fanno i loro colleghi francesi. Da ultimo il Fratello d’Italia Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, ha pensato che uno dei problemi urgenti da risolvere sia la “salvaguardia nazionale e la difesa identitaria”, tramite una legge che, scimmiottando quanto fanno i francesi da decenni, impone l’uso della lingua italiana ovunque sia possibile. Per i trasgressori sono proposte sanzioni da 5 a 100mila euro.
Rampelli precisa che l’obbligo non ria rivolto a tutti, ma riguarda tutte le comunicazioni in un luogo pubblico, oltre ovviamente alle attività delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate dallo Stato. Secondo Rampelli, “se non ti fai capire o non vuoi farti capire dal popolo sei antidemocratico.”
Ora, che l’italiano non se la passi troppo bene lo si deduce anche dalla quantità di strafalcioni dispensati dagli stessi rappresentanti del popolo quando aprono bocca. Temo che se la candidabilità fosse subordinata al superamento di un esame di italiano da scuola media, molti degli attuali eletti non sarebbero tali. Ma dubito che si migliorino le sorti della lingua italiana proibendo l’uso di chief executive officer al posto di amministratore delegato.
Si può pensare che l’anglofilia sia spesso una dimostrazione di un malcelato e provinciale senso di inferiorità, ma ognuno dovrebbe essere libero di usare la lingua che preferisce. Minacciare l’irrogazione di sanzioni fino a 100mila euro per i trasgressori è assurdo. Quanto al farsi capire, purtroppo temo che il problema principale non sia la non conoscenza di qualche parola di inglese, quanto una più diffusa forma di analfabetismo che renderebbe ostica la comprensione anche di un messaggio in italiano.
Se poi uno si avventurasse a leggere una qualsiasi norma di legge, si renderbbe conto che a non farsi capire per primi sono proprio i legislatori, e non perché i testi siano infarciti di termini inglesi. Episodi come questo sembrano fatti apposta per ridare speranze a una opposizione ancora piuttosto malconcia dopo le elezioni politiche dello scorso settembre. Il punto di riferimento sembra essere Tafazzi.