di GERD HABERMAN
La Svizzera gode di una stabilità praticamente ineguagliata nel resto del mondo. Che cosa fa meglio degli altri? Qual è il suo vantaggio competitivo? E come riuscirà a mantenerlo? Il verdetto è univoco. Nel confronto internazionale, sia in termini di localizzazione e di libertà, sia del numero di premi Nobel e della qualità di scienziati, imprenditori, artisti e poeti, da tempo la Svizzera è sempre ai primi posti. Per la quarta volta consecutiva, il Forum economico mondiale ha dichiarato la Svizzera il paese più competitivo del mondo, davanti a Singapore, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi. Nelle categorie capacità innovativa ed efficienza del mercato del lavoro è in testa alla classifica. L’economia svizzera è apprezzata per la sua stretta collaborazione con la scienza. Gli enti pubblici del paese sono ritenuti tra i più efficienti e trasparenti. Anche se la Svizzera è un paese piccolo, sotto il profilo economico figura tra le potenze di medio calibro. Nello scenario internazionale, si colloca al 20° posto per PIL, è in 9a posizione nelle statistiche sull’export e in 5a per l’esportazione di servizi. E soprattutto: è uno tra i paesi più ricchi del mondo. Anche a fronte delle attuali sfide economico-politiche, il debito pubblico e la disoccupazione, la Svizzera esce a testa alta. Mentre paesi un tempo solidi sono sull’orlo dell’insolvibilità, negli ultimi dieci anni la Svizzera ha addirittura ridotto sensibilmente il suo indebitamento, dal 55 al 35 per cento circa sul prodotto interno lordo. E il tasso di disoccupazione, che in Europa si è attestato ai livelli più alti mai visti dalla nascita dell’unione monetaria nel 1999, qui ristagna intorno al 3 per cento. Quali sono i motivi di questo successo? Quali sono i segreti della Svizzera? Io vedo sette vantaggi competitivi.
1 – Microstato
La Svizzera non rientra tra le “economie di scala”, di cui tanto si parla in economia. Al contrario. Considerate le sue piccole dimensioni, ha più successo dei vicini più “grandi”. Non è certo un caso che, proprio in Svizzera, Jean-Jacques Rousseau (1712–1778) sia stato il primo dopo Aristotele a elaborare una teoria sulle dimensioni politiche ottimali: “Ogni entità statale ha un ordine di grandezza che non può essere superato, e dal quale spesso si allontana a furia di ampliarsi”. Quanto più è vasta la compagine sociale, tanto più tenderà a disgregarsi. In proporzione, uno stato piccolo è generalmente più forte di uno grande. Ciò vale anche qualora esso, come nel caso della Svizzera, sia caratterizzato da una grande eterogeneità. Rousseau fonda quest’affermazione sulle seguenti considerazioni: sulle lunghe distanze, l’amministrazione dello Stato risulta più faticosa, essa inoltre comporta maggiori oneri nella misura in cui si moltiplicano gli organi di governo. Ciascun organo deve essere pagato e il più oneroso è quello più alto: Vi sono poi i vertici di governo, che soffocano tutto il resto. Il governo ha meno slancio e rapidità nel far rispettare le leggi, combattere i soprusi e prevenire le ingiustizie. Inoltre le medesime leggi non possono essere applicate alle province, che operano in contesti geografici e culturali diversi.
2 – Vera democrazia
In virtù delle sue dimensioni relativamente ridotte e del suo estremo frazionamento, la Svizzera ha il vantaggio comparativo della democrazia diretta. La Svizzera non ha mai attraversato un’epoca di assolutismo statale. Non è mai stata, e non è tuttora, uno Stato burocratico alla stregua della Germania o della Francia. In nessun altro luogo al mondo i cittadini hanno tanta voce in capitolo, basti pensare all’elezione popolare dei giudici e al voto sull’indebitamento pubblico. Solo qui la democrazia non è una parola vuota, solo qui i cittadini possono ancora assumere incarichi che nei grandi Stati sono affidati a funzionari e costosi politici di professione. L’eguaglianza repubblicana è un valore assoluto. La “grandezza”, sia in politica (il grande individuo) sia in economia (la grande SA), è vista con sospetto. L’intensa partecipazione e la corresponsabilità politica hanno promosso la formazione politica dei cittadini, per cui risulta in certa misura giustificato il paradosso: un cittadino svizzero militante è politicamente meglio informato del deputato medio del Bundestag tedesco. “L’Etat – c’est nous”: un’affermazione che appartiene più ai cittadini svizzeri che alle vicine democrazie di rappresentanza. Di fatto, la Svizzera è più una “società cooperativa” che uno “Stato sovrano”. Da un lato il sistema della milizia sostituisce la casta dei politici di professione, dall’altro, in ambito militare, ha ostacolato il costituirsi di un ceto autoritario di ufficiali. La Svizzera non si è mai configurata come uno Stato burocratico e partitico sul modello tedesco. In Svizzera l’amministrazione dello Stato è rimasta in larga misura autonoma o, ancora di più, un vero “autogoverno”, nonostante gli oltre 30’000 funzionari pubblici federali.
3 – Decentralizzazione
Un altro vantaggio della Svizzera è la sua ampia decentralizzazione, che si potrebbe addirittura definire come “non centralizzazione” perché, fatta eccezione per l’episodio della Repubblica Elvetica (dal 1798 al 1803), non è mai stata centralizzata. Non ha una capitale né un capo di Stato o un capo di governo secondo il modello tedesco. Qui si può sperimentare come dalla concorrenza tra le forze politiche scaturisca un servizio ineccepibile al cittadino. Sia i cantoni sia i comuni dispongono di potere reale, a cominciare dalla sovranità fiscale. La Confederazione può disporre delle entrate tributarie solo in minima parte e prevede un diritto d’imposizione precario. A ciò si aggiungano gli ampi diritti dei cantoni e dei comuni, le cui forti competenze finora non hanno permesso al mercato interno svizzero di realizzarsi pienamente. La diversità viene concepita come opportunità, non come disparità indesiderata, da compensare con l'”armonizzazione”. La divisione verticale dei poteri in virtù dell’efficace organizzazione cantonale e comunale determina margini di libertà e scelta molto più ampi rispetto alla separazione orizzontale vigente nei grandi Stati o negli imperi (insidiata spesso da eccessiva partitocrazia e dalla burocrazia).
4 – Sussidiarità
L’estremo frazionamento territoriale della Svizzera determina anche un’interpretazione del principio di sussidiarietà che è del tutto inedita in Europa. Essa prevede l’applicazione coerente dei seguenti principi: più competenza possibile verso il basso, meglio privato che pubblico, meglio informale che formale. In nessun altro luogo, questa sintesi di globalizzazione e cosmopolitismo è così ben riuscita come in Svizzera. Per le sue dimensioni, la Svizzera nel confronto europeo è il paese più orientato all’esterno attraverso un continuo scambio economico, finanziario, culturale, scientifico, giuridico e sportivo, nonché più in stretto contatto con l’Europa e il mondo (basti pensare alla sua varietà etnica-culturale, coesa solo da una volontà politica comune). La limitatezza delle forze decisionali determina l’intensità della vita politica, la pertinenza delle decisioni – seppure non di tutte – e una vitalità che è sconosciuta negli Stati di grandi dimensioni, con le loro desolanti burocrazie su larga scala. In nessun altro luogo la teoria della “concorrenza come processo di scoperta” di Friedrich August von Hayek valorizza meglio la conoscenza diffusa individuale come in questa piccola nazione e nelle sue ancora più piccole sottounità. L’estrema frammentazione e la non centralizzazione, infatti, producono anche una certa flessibilità di fronte alle crisi, che manca alle grandi entità politiche ed economiche. La portata delle decisioni sbagliate è relativamente limitata.
5 – Principio di milizia
In Svizzera i partiti, la burocrazia e i gruppi d’interesse non sono sovrani, ma semplici servitori della volontà politica dei cittadini. Il regime burocratico centrale di Bruxelles dimostra, come si evince dai rapporti della Corte dei conti europea, quale sia il prezzo da pagare quando il controllo politico indipendente è assicurato da un sistema di milizia e dalla trasparenza dei presupposti: ha il sopravvento la professionalità burocratico-tecnica, unita a un lobbismo ben mascherato. I politici di professione e i funzionari continueranno a nutrire la comprensibile esigenza di ampliare il loro repertorio di opportunità, i budget forzatamente finanziati e le prospettive di carriera. Tuttavia, un piccolo Stato come la Svizzera è, come stiamo di nuovo constatando, politicamente più ricattabile di un grosso Stato. Questo è chiaramente uno svantaggio. Per assicurare la sua indipendenza, ha avuto bisogno di fortuna storica: l’hanno aiutata fattori geopolitici come la gestione dei passi centrali o il geloso desiderio di equilibrio dei grandi Stati concorrenti.
6 – Porto sicuro per capitali e cervelli
Da tempo la Svizzera funge da roccaforte dell’indipendenza spirituale, in quanto approdo sicuro nel mare in tempesta della politica e, come noto, dell’economia. Di conseguenza può costantemente incrementare il suo capitale intellettuale e monetario attingendo dall’esterno. Soprattutto in tempi di crisi, ha offerto un porto di approdo da Voltaire in poi, fino ai perseguitati liberali, democratici o socialisti del XIX e XX secolo. Ha difeso anche Lenin, un atto generoso all’insegna di un diritto all’asilo e all’accoglienza che dovrebbe essere svincolato da qualsiasi bandiera politica o ideologica. Ciò dipende anche dalla sua rigorosa neutralità, che pone la Svizzera nella vantaggiosa condizione di svolgere credibilmente, a livello internazionale, un ruolo di mediazione indipendente, estraneo al concerto delle potenze. In tempi più recenti, la massiccia immigrazione dalla Germania è segno che la sua stabilità e attrattività economica continuano a essere apprezzate e alimentate. Con il suo diritto del lavoro relativamente liberale è inoltre un modello di piena occupazione.
7 – Civismo
La Svizzera presenta, e anche questo è un vantaggio, uno spiccato civismo. In particolare, al contrario della Germania, non ha dovuto attraversare le soverchianti catastrofi di due guerre mondiali o l’inflazione. Ancora oggi, è un esempio di misura, equilibrio e ponderatezza, sensatezza economica, oggettività e realismo. In Svizzera non esiste solo il segreto professionale di avvocati, sacerdoti e medici, il segreto postale e telegrafico, ma anche il segreto bancario, che esprime l’attenzione per la sfera privata del cittadino anche in relazione alla sua proprietà. La legittimazione e l’identità della Svizzera non si basano sulla percezione di sé come nazione linguistica, culturale o religiosa, bensì sul riconoscimento da parte della maggioranza della popolazione di uno dei fondamenti politici dello
Stato: federalismo e democrazia del consenso, ordinamento economico liberale e indipendenza. Dunque, rispetto alla maggior parte dei paesi, la Svizzera offre maggiori garanzie sulla proprietà privata e l’autonomia, e prevede anche più opportunità di sperimentazione a livello comunale e cantonale. D’altra parte, solo in virtù di questa tradizione storico-politica e del pensiero equilibrato, la Confederazione svizzera può essere definita un’unità.
Conclusione
La Svizzera non ha motivi per dimenticare le sue origini di unione di Stati, costituita allo scopo di preservare l’autonomia delle città affiliate e i liberi consorzi contadini. “Si associavano per difendere la loro diversità”, scrisse il filosofo di Neuchâtel Denis de Rougemont, “il fondamento della loro solidarietà non era il potere collettivo, bensì l’autonomia del singolo”. Herbert Lüthy, lo storico di Basilea, descrisse la Svizzera come “antitesi”: un’antitesi al pensiero in termini di collettività, concentrazione del potere, monocultura e omologazione.
La Svizzera deve conservare questa “antitesi”. Rappresenta il canone dei valori liberali: scetticismo nei confronti del potere e dello Stato, proprietà, civismo e fiducia nella produttività attraverso la diversificazione. Nella competizione tra le nazioni, questo è un grande vantaggio. Il “modello svizzero” dell’autodeterminazione, dell’autoaiuto e dell’autoresponsabilità – ne è una prova il suo successo economico e politico – è anche una formula di benessere.
Tratto da: bollettino online del Credit Suisse
Ci vuole più Svizzera!
E’ solo a pochi chilometri da dove insegno io, la posso raggiungere a piedi, ma sempre un altro mondo. Voltaire viveva in Francia, in realtà, a Ferney, ma a pochi passi dalla Svizzera, pronto a scappare in caso l’Inquisizione o il governo gli avessero dato la caccia. Suggerisco la lettura del libro di Carlo Antoni, La lotta contro la ragione (1942), o meglio, il suo primo capitolo, dedicato alla Svizzera nel Settecento, che fa comprendere molte cose. Tanti cari auguri a tutti.
Bellissimo articolo, letto con un po’ di invidia e di speranza….