di ALESSANDRO FUSILLO
Gli accadimenti degli ultimi trenta mesi sono l’esito finale di una progressiva espansione dei compiti e dei poteri dello stato. Parlo di un’evoluzione che va avanti da più di un secolo, iniziata con l’intervento nella Prima guerra mondiale, proseguita con lo statalismo dei fascisti e continuata tale e quale con la costruzione dello stato sociale repubblicano.
L’Italia e l’Europa in generale non hanno mai considerato la libertà individuale e la proprietà privata come i primi e fondamentali diritti. Ne è testimonianza la nostra costituzione portatrice di una serie di istanze sociali che hanno preparato il terreno per l’occupazione di tutti gli ambiti della vita dall’organizzazione collettiva chiamata stato. Il problema, che è culturale alle sue origini, è ben lungi dall’essere risolto.
Qualunque cosa accada la richiesta diffusa della cittadinanza è sempre quella di un intervento del governo. Questa mentalità è la causa diretta e chiaramente individuabile degli eccessi degli ultimi trenta mesi che sono stati preparati da un incremento a livelli insostenibili della tassazione, dall’affermazione che lo stato è proprietario dei corpi dei cittadini insista nella infame legislazione della signora Lorenzin, da una regolamentazione sempre più diffusa e capillare che ha finito per soffocare qualsiasi attività umana.
Il timore di Albert J. Nock (che scrisse il libro “Il nostro nemico, lo stato”) che l’organizzazione politica avrebbe soppiantato ed eliminato quella spontanea sociale si è purtroppo verificato.
Mi permetto una sola osservazione: la cosiddetta evoluzione (che in realtà è un’involuzione politica) si è rafforzata a partire dal 1915 ma era già in atto dal 1861. Li chiamiamo liberali ma espropriavano, magari all’inizio con il pretesto anticlericale, inoltre praticavano il centralismo prefettizio. Tralasciamo poi la pratica politica del connubio e del trasformismo. Giocavano all’anticlericalismo ma si comportavano come… de’ pretis!