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Immigrazione e stato sociale: c’è un inferno che ci aspetta

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migrantidi GERARDO COCO

Innanzi tutto poniamoci la domanda: perché oggi c’è una fuga di profughi verso l’Europa? Risposta: perché è l’inevitabile, prevedibile e catastrofica conseguenza della politica estera degli Stati Uniti e dell’Europa nel Medio Oriente e Nord d’Africa degli ultimi decenni. E’ la conseguenza della loro continua intrusione in queste aree nel tentativo di esportare le loro “democrazie” col risultato di distruggere economicamente i paesi che la rifiutavano. L’ISIS, non è un asteroide arrivato dallo spazio, è il danno collaterale di queste politiche. L’ISIS“ (Islamic State of Iraq and Syria, un rebranding di Al Qaeda in Iraq) è diventata la più grande, più pericolosa organizzazione terroristica globale dei tempi moderni che ha creato il caos non solo in Iraq e Siria ma anche in Libia e Nigeria, non solo in Medio Oriente e Africa ma anche nell’Asia centrale e ora potrebbe essere il momento dell’Europa. Perché bisogna aver paura dell’ISIS? Perché è un organizzazione globale con una capacità di propaganda e di affiliazione eccezionale. La sola forza che, nella culla della civiltà, la Mesopotamia, poteva arginarla, era lo stato siriano guidato da Bashar al Assad. Ma i leader occidentali intervenivano contro la Siria convinti che la scelta giusta fosse tra Assad e la democrazia e non tra Assad e il regime islamico. Obama ancora oggi grida “Assad must go! e gli europei gli fanno eco. Ma l’abbattimento di questo regime avrebbe gli stessi effetti catastrofici di quello libico, imputabili interamente agli europei perché costituiva il muro che impediva a centinaia di migliaia di africani di emigrare illegalmente. La politica estera europea ha dato un contributo determinante nel trasformare la culla della civiltà nella sua bara.

Ora gli stessi autori di questo indicibile caos avrebbero la presunzione di porvi rimedio mentre continuano a promuovere la loro scellerata politica estera che porterà sempre più caos. Cercare di fronteggiare un esodo apocalittico con un piano di quote di accoglienza con sanzioni economiche a carico di chi non lo rispetta, dimostra la stessa incompetente capacità gestionale europea in economia: tanto per cominciare sta già accentuando le divisioni tra paesi europei, soprattutto dopo il nobile gesto della Germania di accaparrarsi la crème degli immigrati. E qui va ricordata la grave imprudenza della cancelliera Merkel nel definire l’accordo di Schengen assolutamente non negoziabile quando il primo ministro britannico Cameron ne propose con lungimiranza l’immediata revisione (EU freedom of movement non-negotiable, says Germany, The Guardian, 3. Nov. 2014)

Il 9 settembre Jean Claude Juncker di fronte alla Commissione UE ha fatto il discorso dell’Accoglienza diventato ormai vocabolo sacrale e ipnotico per convincere che dopo Schengen l’Europa è cambiata in meglio e nulla potrà farci tornare indietro perché abbiamo bisogno di talenti da tutto il mondo. Insomma, per lui l’immigrazione sarà il toccasana per l’economia. Ma insieme a tutti gli altri leader europei sembra ignorare che siamo solo alla prima ondata di immigrazione che negli anni a venire avrà un’escalation spaventosa. Chiunque oggi si abbandona al sogno di controllare, organizzare in maniera ordinata e razionale questo fenomeno, è fuori di testa. Dal New York Times del 6 Settembre: «Nonostante gli applausi di benvenuto in Germania, e le lacrime di sollievo degli immigranti sfiniti, non è chiaro però in che modo l’Europa potrà affrontare ondate successive di emigranti che, come i gruppi umanitari assicurano, marceranno per mesi o addirittura per anni verso l’Europa fino a quando guerre, povertà e altre cause non si esauriranno» (As Europe Grasps for Answers, More Migrants Flood Its Borders).

junkerOra, in che modo terrorismo, guerre e tirannie diventati epidemici dalla Nigeria al Medio Oriente, si esauriranno evitando all’Europa di essere la destinazione finale per milioni di profughi? In Libano, Turchia e Giordania ci sono 4 milioni di rifugiati dalla guerra civile in Siria che, visto il successo della prima ondata, stanno per muoversi in Europa. Dietro di loro pronti altri 2 milioni di Alauiti e 2 milioni di Cristiani. Anche gli iracheni, viste le cupe prospettive nel loro paese cominceranno l’esodo. Fra le migliaia di immigrati che stanno penetrando in Europa dalla Turchia ci sono poi quelli dal Pakistan, Bangladesh e Afghanistan. Quando gli Stati Uniti abbandoneranno quest’ultimo paese, quanti talebani prenderanno la via dell’Europa? In Africa c’è un miliardo di persone che raddoppierà nel 2050: in regimi di povertà e tirannie, ci resteranno o cercheranno di evaderne? Ciò che si prefigura non è difficile da immaginare: un inferno per l’Europa. Quali e quali conflitti in forma di tensioni etniche, di guerre civili scatenati dall’ISIS si trasferiranno in seno all’occidente? Se l’Europa non sigillerà i propri confini cosa fermerà lo stato islamico dal ripopolare il continente con i loro simili mentre la popolazione europea nativa si contrarrà sempre di più? Che volto assumerà l’Europa entro la prima metà del secolo?

Juncker nel suo discorso ha affermato che, in questo luogo di pace, come lui chiama l’Europa, avremmo i mezzi per aiutare coloro che scappano dal dolore e dall’oppressione e dobbiamo agire come dopo la seconda guerra mondiale quando 60 milioni di persone furono accolte in Europa che, oggi, nonostante le differenze e le divergenze, è il continente più stabile del mondo. Con l’accoglienza indiscriminata l’Europa diventerà il luogo più instabile. Il presidente della Commissione dimentica che, nel passato gli immigrati tanto in Europa come in America, non richiesero assistenza, aspettandosi che uno stato sociale si prendesse cura di loro. Le aspettative se le crearono da soli e, rimboccandosi le mani, contribuirono, a ricostruire le economie dei paesi ospitanti. Ma oggi gli immigrati che hanno diritto alla casa, alla previdenza, istruzione e sussidi, insomma allo stato sociale, diventeranno automaticamente parte di apparati parassitari già carichi di debiti e sulla via della depressione. Il costo dell’immigrazione esaurirà le finanze dei governi e abbasserà drammaticamente gli standard di vita di tutte le popolazioni in un’atmosfera di crescente insicurezza, emergenza e di permanente conflittualità sociale. Il pericolo concreto del terrorismo conseguente alla tragica intrusione, forzerà poi i governi a varare regole e controlli sempre più coercitivi e totalitari. La cronica incompetenza e impotenza da parte dell’Europa nel risolvere qualsiasi problema collettivo, avrebbe già dovuto ricordarci da tempo che, quando la Storia prende brusche svolte e accelera il suo ritmo, solo le singole nazioni hanno la capacità di agire.

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2 COMMENTS

  1. Ci sono due verità che nessuno vuole vedere:
    (1) questi “profughi” (soprattutto quelli africani) non sono culturalmente integrabili. Hanno un quoziente intellettivo medio di poco superiore al cretinismo psichiatrico e quindi resteranno (a differenza di russi, rumeni, ucrainic etc.) un problema a tempo indeterminato (basti vedere l’America, dove i negri continuano ad essere non-integrabili a distanza di 200 anni dalla loro “importazione”. E hanno un “tasso di riproduzione” piú vicino a quello dei conigli che a quello di esseri umani “normali” – con tutte le conseguenze del caso.
    (2) Riguardando – come consiglierei vivamente a tutti – “Africa addio” ci si rende conto di come tutto ciò fosse già scritto (con il mix di incapacità esistenziale-culturale delle popolazioni che avevano preteso e ottenuto un’indipendenza che non erano – antropologicamente – in grado di gestire e di interventi assistenziali a pioggia e ha prodotto e continua a produrre l’esplosione demografica del continentze). E si comprende come questi “profughi” siano solo e semplicemente invasori disperati, fermabili solo con i metodi “tradizionali”, cioè con la difesa armata dei confini. Senza se e senza ma, con tutte le conseguenze del caso.
    In alternativa dobbiamo rassegnarci ad un suicidio genetico-culturale imposto da un “élite” allattata dall’utopia sessantottina del buonismo cristiano. Come si diceva una volta: tertium non datur.

  2. Non è libertario, ma io ritengo che oltre a chiudere le frontiere strettamente , esista un’alternativa.
    Un neocolonialismo esteso a quei paesi che , ricchi di materie prime, si siano dimostrati incapaci di autogoverno.
    Non è l’idea di Obama , ovviamente.
    Non è l’idea ipocrita che nasconde scopi innominabili dell’occidente attuale , Nato compresa.
    Non è l’interesse americano verniciato di buone intenzioni ma sostanziato da atti incoerenti e autolesionisti, oltre che dannosi specie per gli “alleati”.
    No, si tratta di una forma di adozione contrattuale colonialista in cui un paese occidentale sviluppato , sotto controllo di organismi più seri di quel cesso che è ora l’Onu, prende in carico un paese dimenticato da dio e rovinato dalla politica locale e internazionale.
    Una vera e propria azione colonialista ed imperialista , costosa, impegnativa, con investimenti enormi, con perdita della sovranità locale per 50 o 60 anni da riacquisirsi in seguito gradatamente e a fronte di risultati chiari e vantaggiosi.

    In sostanza, visto che l’africa è un vero e proprio verminaio di miseria , malattie, violenza , per quanto ricco di materie prime, e vista l’incapacità di renderlo un posto vivibile e sicuro da parte dei locali politici e poteri, ci pensa qualcun altro investendo miliardi e sfruttando il suo investimento che consiste anche nel creare le condizioni per una vita decente , rispettando il più possibile tradizioni , religioni, usi locali.
    La francia si prende in carico un paese francofono dell’africa nera, ad esempio il Camerun prova a renderlo più civile, sicuro e ricco.
    Inghilterra, idem.
    Germania, che ora fa il fenomeno, investe 600 miliardi in una ex colonia .
    Ci si prova.

    All’italia , però, occorre impedire un’avventura del genere.
    C’è il pericolo che venga creata una colonia in perfetto stile mafioso.

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